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La Baraonda di Gerolamo Rovetta: contesto storico-politico ed analisi delle strutture narrative

La Baraonda di Gerolamo Rovetta rappresenta un affresco della società postunitaria meneghina che l’autore dipinge attraverso l’utilizzo di strumenti quali l’ironia e il linguaggio comune, mettendo a nudo le speculazioni affaristiche, il decadimento morale e l’opportunismo della rampante classe borghese cittadina. Il presente studio si è posto l’obiettivo di osservare ed approfondire da un punto di vista storico-politico e narrativo quella che da buona parte della critica è considerata tra le opere migliori dell’autore, il quale fu egregio interprete dell’arte romanzesca e teatrale della Milano di fine XIX secolo. Tenendo presente il bagaglio culturale pregresso e le vicissitudini politiche che Italia dovette fronteggiare, si è preso, innanzitutto, in esame il contesto postunitario italiano e ambrosiano sia per quel che concerne lo sviluppo socio-economico ed urbanistico di fine secolo, sia per quel che concerne la produzione narrativa, delineata considerandone i suoi principali mutamenti, le rinnovate circostanze e i più diffusi influssi nazionali ed europei che gli scrittori di romanzi dovettero considerare. La ricerca è stata condotta sulla base di testi storici, saggi critici e di altri lavori di autori moderni e contemporanei che hanno scrupolosamente approfondito la storia e le strutture del romanzo prodotto sul finire dell’Ottocento nella «città più città d’Italia» (Verga), permettendo di comprendere e giudicare al meglio la cornice politico-culturale nazionale e cittadina in cui Rovetta si trovò ad operare. Dell’eclettico Rovetta, scrittore di origini bresciane naturalizzato milanese, si è cercato di fornire un quadro esaustivo che prende avvio da una dettagliata biografia del personaggio, arricchita con alcuni singolari aneddoti estratti dagli studi di Enrico Bevilacqua e affiancata ad una panoramica generale sulla produzione romanzesca e teatrale. Si è poi scavato nella mente critica dell’autore attraverso l’analisi di alcuni dei suoi numerosi articoli sapientemente riuniti nel 1912 da Paolo Arcari. Si è ritenuto, infine, di effettuare una disamina dei motivi che posero l’autore della Baraonda al centro di quella cerchia di artisti e personaggi di spicco che solevano radunarsi al caffè Cova o alla trattoria Canetta e che contribuirono a rendere Milano fulcro centrale del nord Italia, intorno al quale ruotava tutto ciò che riguardasse la cultura ed il pensiero intellettualedell’epoca. Le opere di Gerolamo Rovetta, così come gli altri suoi scritti, circolarono e vennero apprezzate e discusse soprattutto in ambito borghese a cavallo tra i due secoli,e non solo a Milano. La pressoché totale assenza del nome di Rovetta nella storiografia letteraria italiana stona alquanto, infatti, con la vastità e la diversità della produzionedell’autore, capace di mettere in atto una impressionante attività critica che lo rese personaggio stimato e controverso nel panorama artistico milanese. Perché proprio La Baraonda? Per quanto sia generalmente riconosciuto che Romanticismo (1901) rappresenti il manifesto dell’arte scrittoria rovettiana a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, e senza nulla voler togliere ad altri apprezzatissimi componimenti, probabilmente in nessuno di essi si riscontrano l’originalità di ispirazione, la varietà di situazioni create e lo svolgimento imprevedibile di alcuni caratteri che è possibile apprezzare, invece, nella Baraonda. L’escalation affaristica del cavalier Cantasirena consente al lettore di penetrare nel profondo della realtà alto borghese della Milano di fine Ottocento, collusa con la politica, condizionata dal malaffare e dagli intrighi di palazzo, che l’autore riesce a raccontare meticolosamente attraverso l’utilizzodi un linguaggio semplice, scorrevole, capace di arrivare agevolmente ai più. Ad una ampia introduzione all’opera è seguito un approfondimento narratologico che ha preso in esame tutti i principali aspetti inerenti le caratteristiche strutturali e le scelte compositive volute dall’autore. Un attento focus è stato riservato ai personaggi, concepiti da Rovetta come delle vere e proprie macchiette dipinte con arguzia ed ironia, le cui vicende si svolgono su uno sfondo cupo, corrotto come la realtà che li circonda, in cui predominanti sono i temi del falso amor patrio e dell’avidità di denaro. La penuria produttiva intorno all’opera di Rovetta è stata colta come spunto significativo per realizzare il presente lavoro, che vuole fungere non come punto d’approdo, ma di partenza per la riscoperta di un autore ingiustamente accantonato dal canone letterario moderno e contemporaneo, ma che in verità molto ha avuto da dire riguardo alla Milano che fu e a chi la viveva, nell’epoca in cui la città conobbe uno dei suoi periodi di maggiore sviluppo.

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33 II Gerolamo Rovetta «E’ destino comune agli uomini di genio, Aristide, l’Alighieri, Camoens, Fulton, Fara-Bon, che le loro grandi idealità, le loro grandi scoperte, le loro grandi invenzioni, debbano imporsi e trionfare soltanto dopo la loro morte». (G. Rovetta, La Baraonda, Treves, Milano, 1894, p. 38) 2.1 Cenni biografici e panoramica sulle opere Gerolamo Rovetta (Brescia, 30 Novembre 1851 – Milano, 8 Maggio 1910) 17 fu scrittore, commediografo e romanziere della belle èpoque milanese. Apparteneva ad una famiglia di commercianti e patrioti dell’alta borghesia lombarda. Edmondo De Amicis racconta 18 come, ai tempi della Repubblica Cisalpina, che tra il 1797 ed il 1802 17 Il luogo di nascita è stato spesso oggetto di controversie e di congetture nel corso della storia. In realtà lo stesso autore, per quel che riguarda le sue origini, dichiarava in un’intervista: «Mi si crede veronese, ma io sono nato a Brescia e ci tengo al mio bel Duomo vecchio, alla mia torre del Pegol, al mio bel castello». Cfr. Sacchetti, Gerolamo Rovetta. Le idee, le azioni e gli scritti di uno scapolo illustre, in «Varietas», Milano, vol. III, 1906, n. 22, p. 138. Le medesime controversie sono state aperte riguardo alla data, che però fu sicuramente il 3 Marzo 1851, come conferma il registro battesimale di Sant’Agata in Brescia, che reca la seguente attestazione: “natus die tertia huius mensis”. Ma tale indicazione cronologica fu erroneamente posticipata da diversi critici, studiosi ed amici che con l’autore ebbero a che fare o che studiarono le sue carte. Cfr. Francesco Pagliccia, Ritratto d’autore: Gerolamo Rovetta, 1954, In «Studi Medievali e moderni», anno 2003, n.1. pag. 307. 18 Cfr. Edmondo De Amicis, Lettera ad un Americano, in «Natura ed Arte», Milano, 15 Aprile 1902, p. 651 ss.

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Informazioni tesi

  Autore: Giuseppe Marino
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Lettere
  Corso: Filologia moderna
  Relatore: Martino Marazzi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 163

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