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Fenomenologia della morte, tanatofobia e necrofilia nella società contemporanea

Fenomenologia della morte è una tesi che tratta l’argomento morte sotto vari aspetti, partendo da quello psicologico. Verranno analizzati gli atteggiamenti dell’uomo di fronte alla consapevolezza della propria mortalità, questione che è fonte di rimozione. Sempre in ambito psicologico si procederà elencando le varie componenti del cordoglio, un aspetto del lutto che agisce nella sola sfera psichica ed emotiva di chi ha subito una perdita. Spesso la sofferenza arrecata da essa deve essere fronteggiata in solitudine o comunque assieme ad un numero ristretto di persone, generalmente le più prossime al defunto, con le quali il cordoglio viene condiviso privatamente. L’esternazione della sofferenza – nel rispetto della società – è inopportuna ed il cordoglio è un fenomeno strettamente privato, per tale motivo superarlo è più difficile, rispetto a molto tempo fa. Nelle culture rurali, infatti, i famigliari del defunto venivano assistiti dalla comunità, che anni addietro era molto più solidale. Proseguendo con l’aspetto antropologico della morte verrà affrontato il tema del lutto, ovvero l’esternazione del cordoglio mediante norme e tabuizzazioni. Quelle che verranno elencate si riferiranno ai secoli passati, soprattutto alle culture rurali e molte di esse sono attualmente scomparse, così come la partecipazione della comunità all’evento funebre, a meno che non si tratti della morte di una celebrità. È interessante notare come nella lingua italiana non vi sia un termine specifico per designare una persona in lutto. Per questo motivo, a fini pratici, si adopererà il termine luttuato, nonostante esso abbia perso il suo uso anni fa. In ambito religioso verrà esposto il concetto di buona morte e di malamorte, presente nei secoli passati fin dall’antichità. Come vedremo questa concezione del “morire bene” subirà un ribaltamento totale nel Medioevo cattolico e dal desiderare una morte rapida ed indolore, inaspettata e nel fiore dell’età si passerà a prediligerne una lenta ed agonica, col fine di disporre del tempo necessario per redimersi dai propri peccati. La morte ha sempre determinato il rischio di impurità per chi si fosse trovato ad avere a che fare con i defunti. Un tempo venivano considerate impure le persone in lutto e chi lavora con i cadaveri (ad esempio i becchini), viene tuttora denigrato poiché essi vengono associati alla sporcizia. Le patologie legate alle morte hanno importanza fondamentale in questa tesi, in particolare la tanatofobia e la necrofilia. Esse indicano rispettivamente la fobia della morte e l’attrazione sessuale per i cadaveri e per questo lavoro di ricerca è stato scelto il seguente sottotitolo: tanatofobia e necrofilia nella società contemporanea. Queste due patologie rappresentano metaforicamente due atteggiamenti opposti della società nei confronti della morte. Essa costituisce un tabù quando avviene per cause naturali o per malattia, mentre il lutto e la sofferenza rimangono confinati nel privato. Per contro diviene un fenomeno mediatico se causata da un fatto violento. Il sottotitolo, provocatoriamente, vuole mettere in luce gli aspetti di una società contradditoria che occulta ma allo stesso tempo spettacolarizza la morte. La tesi riguarderà a tal proposito anche i mass media e l’argomento verrà introdotto da un articolo essenziale: La pornografia della morte di Geoffrey Gorer, in cui lo scrittore confronta la società vittoriana con quella a lui contemporanea (l’articolo è del 1955 ma le tematiche affrontate sono molto attuali). Secondo Gorer la società in cui vive considera tabù la morte naturale in egual misura del sesso nell’epoca vittoriana. La morte violenta, invece, diviene un’estetica vera e propria e la tendenza a simularla ha dato luogo a media come il fumetto, i videogiochi e il cinema a tema horror. Dopo aver discorso sui media, la morte verrà analizzata in ambito artistico e cinematografico. Arte e cinema, che trattano da sempre temi universali, non possono escludere la contemplazione della morte. Questo tema è stato affrontato da artisti contemporanei e da registi, che come vedremo ne hanno considerato i molteplici aspetti in maniera differente.

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4 Capitolo primo L’uomo e la morte 1.1 La coscienza della morte La specie umana, come sostiene Voltaire, «…è la sola che sa di dover morire, ed essa lo sa solo attraverso l’esperienza 2 ». Questa esperienza ci è fornita dalla morte altrui poiché si tratta di un evento che non possiamo sperimentare in prima persona. L’essere umano vive come se non dovesse mai morire: è conscio dell’esistenza della morte ma nel profondo nega che tale avvenimento possa riferirsi anche a sé stesso. Questo processo psichico è stato denominato negazione da Freud. Con la morte altrui si innesca un sentimento di apprensione, si fa esperienza dell’avvenimento e ci si rende conto che si è tutti soggetti al morire. Questo morire non viene però interpretato come un “io muoio” ma come un “si muore”. In pratica siamo coscienti di dover morire tutti prima o poi ma l’evento è riferito ad un anonimo “si” e non ad un “io” che ci riguarda in prima persona. Inoltre si tende sempre a considerare la morte come un qualcosa di naturale, che prima o poi avverrà ma che per il momento non ci minaccia personalmente. Questa ipotesi sarebbe troppo dolorosa per il nostro Ego ed è quasi impossibile da concepire consciamente in quanto la morte è assenza completa dell’Io. Dal momento in cui moriamo non cessiamo infatti di esistere, ma diveniamo assenti in quanto corpi morti. Anche per questo, quindi, è impossibile sperimentare la morte, che è qualcosa che va oltre la nostra esperienza e si tramuta in assenza. Qualcosa di ignoto e che assoggetta l’essere umano, il quale cerca di reprimere questo pensiero tenendosi sempre occupato in qualcos’altro. Questo nostro distacco dalla morte è esemplificato molto bene ne La morte di Ivan Il’ič, racconto scritto da Lev Tolstoj nel 1886. Nel primo capitolo alcuni magistrati vengono a conoscenza della morte di un collega, Ivan Il’ič Golovin. La notizia fa scalpore per pochi minuti e non tanto per il dispiacere arrecato dalla perdita, bensì per la curiosità dei colleghi che si domandano chi occuperà il suo posto. Poco dopo tornano tutti alle loro mansioni, grati di essere in buona salute e ben lontani dal morire. L’unico giudice che resta colpito dalla notizia più degli altri è Petr Ivanovic, che aveva studiato giurisprudenza con Ivan. Egli vuole fare le sue condoglianze alla vedova e recarsi alla funzione. Nota fin da subito che la famiglia è circondata da un clima di insofferenza e la vedova gli chiede di poter conferire in privato. Credendo che il suo intento sia quello di parlargli del marito defunto Petr accetta – di malavoglia – solo per senso del dovere. In realtà l’intento della vedova è un altro: essa non esita infatti a domandargli come poter aumentare la quota della pensione di reversibilità. Venuto a conoscenza dalla donna che l’amico aveva sofferto fino alla fine per dei dolori strazianti (probabilmente si trattava di cancro ma l’autore lo lascia solo intendere), Petr prova un senso di disagio che riesce infine a scacciare pensando che in fondo non è accaduto a lui. Durante l’intera funzione non riesce mai a posare il suo sguardo sul cadavere ed è uno dei primi ad uscire dalla camera mortuaria. Dopo essersi congedato cerca di lasciarsi tutto alle spalle, recandosi a casa di un amico per giocare a carte. La parte successiva del racconto è tutta incentrata sul defunto. Vengono descritti gli studi che Ivan ha compiuto, il suo pessimo rapporto con la moglie, il suo lavoro ed il diffondersi della malattia. Il giudice, dopo un periodo di crisi economica, ottiene un posto di lavoro ben retribuito a San Pietroburgo e decide di acquistare un nuovo appartamento, arredandolo come più gli piace, tanto Voltaire, Dizionario filosofico, 1764.

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Parole chiave

morte
mass-media
lutto
arte contemporanea
cronaca nera
funebre
sciacallaggio mediatico
tabù morte
arte macabra
estetica macabra

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