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I corpi spezzati

Un delitto contro la moralità pubblica e il buon costume: così veniva considerato lo stupro fino al 1996 in Italia, quando la legge 66 del 15 febbraio abrogò il Capo I del Titolo IX del libro secondo del Codice Penale, ovvero Dei delitti contro la libertà sessuale. Un reato che raramente veniva portato in tribunale e punito. L’opinione pubblica non era a conoscenza di ciò che la vittima, già ferita nel corpo e nell’anima dall’abuso, doveva subire durante i processi. Finché nel 1978 un gruppo di donne non chiese e ottenne il permesso di filmare integralmente un processo per stupro.
Processo per stupro venne trasmesso il 26 aprile del 1979 in seconda serata e tutta Italia rimase incollata allo schermo ad assistere alla trasformazione da vittima ad accusata di Fiorella, appena diciottenne.
Da allora, la legislazione italiana è cambiata: sempre nel 1996 l’articolo 609 del codice penale viene implementato dalla legge 66 del 15 febbraio con l’articolo 609 octies, che definisce e sanziona lo stupro di gruppo.
Ciò che non sembra cambiare, tuttavia, è la considerazione che l’opinione pubblica e i legali hanno della vittima. Molte testate hanno giudicato esplicitamente le vittime, andando a nutrire quella “cultura dello stupro” di stampo patriarcale che ancora oggi, nel nostro Paese, annovera numerosi seguaci. Senza dimenticare gli stratagemmi della difesa degli stupratori, che, durante gli incidenti probatori, analizzano e sminuzzano l’abbigliamento indossato dalla vittima, le sue abitudini sessuali, il tasso alcolemico, per dimostrare al giudice che il proprio assistito è stato provocato ed è in realtà “un padre di famiglia” o “un giovane promettente, tanto bello da non aver bisogno di stuprare”.
Ma esistono le eccezioni: ed è dalle eccezioni, sulla scia dell’avvocato Tina Lagostena Bassi, che nasce la speranza di ottenere un processo più equo, capace di tutelare la vittima e non il suo carnefice.

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~ 5 ~ 1.1. Il primo processo mediatico per stupro 7 Figura 1 L'avvocato Tina Lagostena Bassi e la sua assistita, Fiorella Era il 26 aprile del 1979. La Rai trasmise in seconda serata Processo per stupro, il primo documentario mai realizzato all’interno di un tribunale, quello di Latina, in cui venivano filmate integralmente la prima udienza, tenutasi nel maggio 1978, la seconda del giugno 1978 nel corso del processo a quattro uomini accusati di aver violentato una ragazza di diciotto anni. L’idea era nata l’anno precedente durante un convegno internazionale femminista contro la violenza sulle donne, in cui era emerso che, nelle udienze per violenza sessuale, alla fine la responsabilità veniva addossata interamente alla vittima. Fu così che Loredana Rotondo, assieme ad altre cinque giovani programmiste e registe, chiese l’autorizzazione di riprendere il processo a Rocco Vallone, Cesare Novelli, Claudio Vagnoni e Roberto Palumbo (inizialmente latitante), 7 Rotondo, Loredana; Daopulo, Ron; De Martiis, Paola; Miscuglio, Annabella; Carini, Anna; Dordi, Loredana. Processo per stupro, 1979

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Gotelli
  Tipo: Tesi di Master
Master in Master di Primo livello in Giornalismo
Anno: 2019
Docente/Relatore: Massimo Gagliardi
Istituito da: Università degli Studi di Bologna
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 59

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Parole chiave

giornalismo
cronaca
femminismo
stupro
cronaca nera
gender studies
corpi spezzati
narrazione dello stupro
linguaggio di genere

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