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L'Orientalismo nella costruzione dell'identità e dell'alterità nell'arte coloniale italiana

Edward Said ha descritto l’Oriente come l’Altro verso il quale europei (prima) ed americani (dopo) si sono interfacciati in modi differenti, ma sempre contando su una «flessibile superiorità di posizione». Si può dire che l’Occidente abbia creato l’Oriente, che l’abbia trasformato in un’idea, e che queste idee si siano moltiplicate dando vita ad una famiglia di idee, che hanno condizionato e gerarchizzato ogni successiva relazione tra i due. L’Orientalismo è una forma di conoscenza asimmetrica, basata su un rapporto impari tra soggetto e oggetto del sapere. Ciò che ho voluto dimostrare è come l’insieme, apparentemente dissonante, di queste rappresentazioni, sia disciplinato da questa relazione asimmetrica, per la quale l’Occidentale è sempre colui che rappresenta l’Altro, e l’Orientale quello che viene messo in mostra.
Partendo dall’Orientalismo, mi sono chiesta se questo concetto, così come impostato da Said, potesse applicarsi al contesto italiano. Mi sono chiesta, insomma, se anche la nostra nazione abbia giustificato le sue differenze con l’Altro attraverso una serie di «meccanismi di enunciazione» e raffigurazione, e che ruolo abbiano assunto gli artisti del tempo nel processo costitutivo di Identità e Alterità. Artisti come Giuseppe Biasi, Enrico Prampolini e Osvaldo Barbieri hanno condiviso un retroterra ideologico e culturale. La tela, scrisse Gilles Deleuze, non è una superficie bianca; è già tutta ingombra di cliché, anche se non li si vede. L’Altro è uno specchio in cui proiettiamo ciò che sappiamo di lui, e al tempo stesso in cui capiamo qualcosa di più di noi stessi. L’Africa e l’Oriente sono allora la risposta ad un’esigenza epistemologica ed esistenziale: solo trasfigurando l’Alterità, l’Identità ha potuto salvaguardare se stessa.

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1 INTRODUZIONE Quando sentiamo nominare l’Oriente, ci viene spontaneo pensare a quelle Wunderkammern del mondo esotico che sono l’Egitto, l’India, i paesi arabi. Sin dai suoi primi contatti con l’Europa, esso ha assunto le sembianze di uno specchio in cui riflettere «desideri, rimozioni, investimenti e proiezioni 1 » dell’Occidente: luogo di avventura, di passioni sfrenate, di pericoli ed insidie, di inesauribili ricchezze. Edward Said ha descritto l’Oriente come l’Altro verso il quale europei (prima) ed americani (dopo) si sono interfacciati in modi differenti, ma sempre contando su una «flessibile superiorità di posizione 2 ». Si può dire che l’Occidente abbia creato l’Oriente, che l’abbia trasformato in un’idea, e che queste idee si siano moltiplicate dando vita ad una famiglia di idee 3 , che hanno condizionato e gerarchizzato ogni successiva relazione tra i due. L’Orientalismo è una forma di conoscenza asimmetrica, basata su un rapporto impari tra soggetto e oggetto del sapere. Partendo dall’orientalismo, mi sono chiesta se questo concetto, così come impostato da Said, potesse applicarsi al contesto italiano. Mi sono chiesta, insomma, se anche la nostra nazione abbia giustificato le sue differenze con l’Altro attraverso una serie di «meccanismi di enunciazione 4 » e raffigurazione, e che ruolo abbiano assunto gli artisti del tempo nel processo costitutivo di Identità e Alterità. Nel primo capitolo mi sono soffermata su Orientalismo (1978), esito ultimo della maturazione intellettuale di un outsider che si muove attraversando molteplici realtà: Edward Said, «inglese, americano e arabo […] rifugiato e aristocratico, sovversivo e conservatore, letterato e propagandista, europeo e mediterraneo 5 ». Orientalismo è la denuncia di una tradizione eurocentrica che, attraversando discipline e periodi differenti, ha dato origine ad un’insanabile differenza tra Occidente ed Oriente e ne ha fatto il punto di forza per una strategia di colonizzazione e dominio. La circoscrizione dei discorsi orientalistici alle 1 E. W. SAID, Orientalismo. L’immagine europea dell’Oriente. Trad. it. Milano: Feltrinelli editore, 2016, p. 17. 2 Ibidem. 3 Idem, p. 48. 4 J.C.G. MARTÍN, Il luogo del sapere e i saperi dei luoghi. Considerazioni per la produzione di vita sostenibile ai tempi della globalizzazione neoliberista. In: AA.VV., Capitale, Natura e Lavoro. L’esperienza di “Nuestra America”, a cura di Luciano Vasapollo, Trad. it. Milano: Editoriale Jaka Book Spa, 2008, p. 124. 5 AA.VV., Edward Said. Il mio diritto al ritorno. Intervista con Ari Shavit. Trad. it. Roma: Nottetempo, 2007, p. 10.

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Saiu
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2017-18
  Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM)
  Facoltà: Arti, Turismo e Mercati
  Corso: Arti, Patrimoni e Mercati
  Relatore: Boccali Renato
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 206

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Parole chiave

africa
orientalismo
colonialismo
decolonizzazione
studi post coloniali
edward said
postcolonial studies
arte coloniale
subalternal studies
identità alterità

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