Storia critica del rapporto Antonello da Messina - Piero della Francesca (da Roberto Longhi ai giorni nostri)
Antonello da Messina fu il principale pittore siciliano del '400. Egli raggiunse il difficile equilibrio di fondere la luce,l'atmosfera e l'attenzione al dettaglio della pittura fiamminga con la monumentalità e la spazialità razionale della scuola italiana. A metà del Quattrocento divenne interprete di un fermento creativo mediterraneo ed europeo incentrato sull’incontro-scontro tra la civiltà fiamminga e quella italiana. Questo moltiplicarsi di esperienze – da Napoli alla Spagna, dalla Provenza alle Fiandre, da Urbino a Venezia – fecero di Antonello un protagonista dal respiro internazionale.«La sua posizione in Sicilia è quella di un Masaccio a Firenze».Con questa frase Roberto Longhi celebrava il talento di Antonello da Messina. Una fama salda e indiscussa,resa ancora più forte perché avvolta in un mistero che ha reso Antonello oggetto di mille leggende. Della sua vita sappiamo pochissimo. Teorie e ipotesi per ricostruire il vero volto di un "pittore viaggiatore"che si è saputo guadagnare, con i suoi intensi ritratti, le sue madonne dai lineamenti meridionali o le sue crocifissioni ambientate in aperti paesaggi marini, una posizione di primo piano nella storia dell' arte del Rinascimento. L’opera di Antonello dipende direttamente dalla grande lezione prospettico - luminosa di Piero della Francesca. Longhi è stato il più influente storico dell’arte italiana nel corso del Novecento. Nel 1914 pubblicò un saggio, “Piero dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana”. Nella fortunata formula “sintesi prospettica di forma – colore”, che risente dell’esperienza formalista e futurista del suo autore, si condensa il tentativo di rifondare le gerarchie dell’arte passata e recente. Piero della Francesca è collocato al centro di una tendenza stilistica di grande avvenire. Tramite Antonello essa sarebbe approdata nella Venezia di Giovanni Bellini, irradiandosi poi in Europa.Nel 1953 Longhi in un breve folgorante saggio“Frammento siciliano”ci suggeriva qualcosa d’altro su Antonello:ci diceva che per capirlo si deve pensare a una meteora. Nella Messina di quegli anni non c’era nessun presupposto che potesse far presentire il nascere e crescere di un artista con quella profondità di coscienza. In quegli anni a Messina i carretti portavano ancora alle famiglie nobili i «retablos del gotico fiorito». Antonello appare quindi sulla scena senza che nulla facesse minimamente presagire una presenza di quell’importanza e di quelle dimensioni. Una grandezza assolutamente gratuita, tanto gratuita,da essere «una grandezza che spaura».Roberto Longhi aveva posto le basi per una linea interpretativa,rilevando la forte componente pierfranceschiana della pittura di Antonello che «educato in ambiente fiammingo», sarebbe diventato rapidamente l’adepto dello «stile prospettico» dopo la precoce scoperta, forse a Roma come indicava il Vasari,delle invenzioni del maestro di Borgo. Storici come Bologna, Marabottini e Sricchia Santoro hanno proceduto su questi binari rispetto alle dinamiche dei rapporti tra Antonello e la Provenza, assemblando da un lato l’idea longhiana di un Antonello dotato di un bagaglio culturale fiammingo,ma precocemente convertito alla lezione di Piero e divenuto quindi uno dei principali attori della cultura mediterranea, che include la Provenza degli anni 1440-1450, dall’altro i dati fondamentali per comprendere la genesi del suo stile. Lucco non avalla questa ipotesi, negandola del tutto. Oggetto della presente tesi è quindi il dibattito critico riguardo all’influenza di Piero della Francesca su Antonello da Messina.Partendo dai saggi di Longhi, “Piero dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana” e “Frammento siciliano”, passando per le mostre dedicate ad Antonello dal dopoguerra ad oggi, analizzando il metodo di studio della storia dell’arte proposto da critici quali Longhi, Bologna, Marabottini, fino ad arrivare alle conclusioni su questo dibattito, incentrato soprattutto sulle posizioni dei critici longhiani e di quelli antilonghiani. La visione dei critici longhiani, come Bologna, contestata aspramente in occasione dell’ultima mostra su Antonello da Messina, riappare invece valida in occasione dell’ultima mostra su Piero della Francesca, che viene riconosciuto ancora una volta come ispiratore dell’artista siciliano. Dal 13 febbraio al 26 giugno 2016 si è tenuta ai Musei San Domenico di Forlì, una mostra su Piero della Francesca. Indagine su un mito, un intrigante percorso espositivo che indagava sull’attività di uno dei più grandi pittori italiani del Quattrocento e sull’influenza che lo stesso ebbe poi nei secoli successivi. Se ancora nel 2016 risulta valida l’idea che Piero della Francesca sia ritenuto ispiratore di Antonello da Messina, anche se quest’ultimo non può essere definito totalmente pierfranceschiano, ci si chiede quindi: perché rinnegare completamente l’idea longhiana di un Antonello continuatore di Piero ed aderente al sintetismo forma-colore?
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Informazioni tesi
Autore: | Paola Bottone |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli |
Facoltà: | Conservazione dei Beni Culturali |
Corso: | Conservazione dei Beni Culturali |
Relatore: | Carmela Vargas |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 120 |
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