Il fenomeno ''ITANGLESE''
Il presente elaborato ha come obiettivo l’analisi del rapporto tra inglese e italiano, con particolare attenzione per l’itanglese, ovvero la lingua italiana caratterizzata dall’uso frequente (e spesso inappropriato) di lemmi inglesi. La principale causa del fenomeno itanglese, è l’estremo incremento di anglicismi nel vocabolario italiano a partire dal boom economico del dopoguerra. Questo incremento è dovuto a motivi di differente natura. Per quanto riguarda il periodo storico, il rapporto tra la lingua italiana e inglese è mutato nel corso del tempo. Nel Medioevo il contatto fra le due lingue era dovuto principalmente agli scambi commerciali; successivamente, nel Cinquecento, i prestiti riguardavano perlopiù la realtà socio-politica ed erano presenti quasi esclusivamente nella lingua scritta. Tra il Seicento e il Settecento, la lingua inglese venne mediata dal francese che, in questo periodo storico, conobbe un grande prestigio in Italia. Il ruolo della Francia verrà rimpiazzato nell’Ottocento dall’Inghilterra e nel Novecento – fino ad oggi – dall’America. L’incremento delle parole angloamericane nel periodo post-bellico può essere visto come un forte distacco dal Fascismo che proibiva, attraverso leggi puriste, l’uso di forestierismi, persino quelli più diffusi nel parlato quotidiano come bar, sport, show, film, … inoltre, dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’influenza dell’America, la potenza vincitrice, divenne sempre più forte ed entrò nella vita degli italiani, insieme alle parole anglo-americane. Queste ultime erano sinonimo di benessere, ricchezza e spensieratezza, e vennero ben presto usate dai media, dai giornali e dalle imprese pubblicitarie per attirare l’attenzione dei cittadini sulle notizie e sui prodotti in commercio. Oggigiorno gli anglicismi vengono utilizzati in grande quantità anche dal Governo e dai politici, sia per dare l’impressione di un reale cambiamento, che per diffondere notizie a livello internazionale sui social network. Il settore di internet e dell’informatica in generale, infatti, è quello che abbonda maggiormente di anglicismi, per via di tecnicismi e neologismi dovuti al progressivo sviluppo tecnologico dell’Italia, sulla scia dell’America.
Il gran numero di parole di origine latina presenti in inglese e la somiglianza tra le due lingue, ne ha permesso l’influenza e l’interferenza, dando origine a calchi e prestiti di varia natura. L’influenza psicologica è dovuta al fascino che ha tutto ciò che è straniero ai nostri occhi, soprattutto ciò che è americano, perché richiama nella nostra mente un’idea di vittoria e di prestigio. Le parole inglesi riescono ad essere più suggestive: talvolta richiamano uno stile di vita più elegante e raffinato (cocktail al posto di ‘bibita’, shopping invece di ‘spesa’…), talvolta conferiscono maggiore efficienza alle parole (manager invece di ‘dirigente’, killer al posto di ‘assassino’, …). Inoltre, la proprietà sintetica dell’inglese permette una comunicazione breve e immediata, laddove un corrispettivo italiano comporterebbe la perdita di essenzialità. Spesso e (mal)volentieri, però, gli anglicismi vengono usati in modo snobistico da italiani che conoscono a malapena la lingua inglese, e che la usano a sproposito, credendosi ‘alla moda’. L’incremento costante degli anglicismi in Italia ha richiamato l’attenzione di linguisti e studiosi, che si sono schierati in due posizioni opposte. Da un lato, a favore – o meglio, non a sfavore – della consistente presenza di inglesismi vi sono i descrittivisti. Dall’altro lato, contro le parole alloglotte si schierano i protezionisti. I primi, vedono l’inglese come fonte di ricchezza e innovazione per l’italiano. I secondi, al contrario, credono che possa portare al deterioramento e all’imbarbarimento della lingua di Dante. Il problema, come suggeriscono Tullio de Mauro, Annamaria Testa, Michele Pellinazzi e altri, non sta negli anglicismi in senso stretto, ma nell’abuso della lingua inglese a sfavore della chiarezza e della semplicità comunicativa della lingua italiana. Non bisogna assumere un atteggiamento puristico nei confronti delle parole alloglotte, ovvero cercare di rimpiazzare qualsiasi termine inglese con un corrispettivo italiano; bisogna, piuttosto, usare i termini inglesi con cura, quando e se necessari, senza compromettere la comprensione del messaggio e senza cadere in un itanglese goffo e scorretto, dimostrando l’amore per la propria lingua e il rispetto per le altre.
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Informazioni tesi
Autore: | Arianna Di Nardo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi di Urbino |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue e letterature straniere |
Relatore: | Gloria Cocchi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 46 |
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