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Storie di donne islamiche: tra religione e violenza

Nel 2000 partecipai, come giurata, al Giffoni Film Festival e mi fu assegnata come ospite una ragazza iraniana. Mi colpì subito: aveva solo tredici anni e portava il velo islamico. Ma lei era diversa dalle sue amiche: era meno rigida, non dava un ruolo rilevante al velo che indossava e, se le cadeva, non lo rimetteva al suo posto. Inoltre, non l’ho mai vista pregare e, quando camminava, invece di guardarsi i piedi, volgeva lo sguardo davanti a sé; in generale, si comportava come le ragazze occidentali.
Con l’attentato dell’11 Settembre 2001, il mondo ha scoperto una realtà poco conosciuta. Una realtà in cui le donne, per una reinterpretazione, ad opera degli uomini, del loro libro sacro Il Corano, sono costrette a vivere in modo indecoroso: maltrattate e viste come un fastidio ma, al tempo stesso, anche come una proprietà.
Ho iniziato questo mio lavoro documentandomi sull’argomento: ho letto numerosi libri (tutti riportati in bibliografia): libri autobiografici e non, in cui queste donne di religione musulmana parlano della loro vita, di quello che hanno subito da parte delle loro famiglie e dei loro mariti.
Ho letto storie di donne che sono state vendute dai loro padri, che hanno subito attentati contro la propria persona perché rimaste incinte prima del matrimonio. Mi sono, poi, ulteriormente documentata leggendo appunto il libro sacro per i musulmani, ossia Il Corano: in particolare, mi sono soffermata su tutti i versetti riguardanti le donne. Poi, ho letto anche i detti del profeta Maometto (che i musulmani chiamano Mohammed), che sono stati raccolti dalle persone che lo accompagnavano e attraverso articoli che ho trovato in rete.
La mia tesi ha un taglio prettamente filosofico (anche se, per l’argomento trattato, la filosofia si lega, in vari punti, con altri vari ambiti come quello storico o quello sociologico).
Nel primo capitolo, ho esposto i problemi che la donna musulmana deve affrontare: dall’imposizione del velo al significato che il Corano gli dà. Ho parlato del matrimonio che non viene visto come un sacramento, ma come un contratto, con tanto di pagamento e ho affrontato l’argomento del divorzio e della poligamia che favorisce l’uomo. Ho trattato anche la Shari’a: vero problema, che esiste nel fondamentalismo islamico.
Nel secondo capitolo, centrale nel mio lavoro, ho preso in esame la vita di due donne: Suad e Samia Shariff. Donne nate in famiglie musulmane e che hanno dovuto combattere fin dall’infanzia proprio contro le loro famiglie per poter essere rispettate. E che, per avere una vita dignitosa, hanno combattuto anche rischiando tanto in prima persona, come appunto racconto.
Nel terzo ed ultimo capitolo, ho confrontato la vita della donna che vive nel mondo occidentale con quella della donna del mondo orientale. Ho cercato di descrivere i loro problemi e le loro contraddizioni, tenendo sempre presente la tremenda vita di Suad e Samia Shariff. E ho concluso la mia tesi, spiegando che i pregiudizi del mondo occidentale nei confronti delle donne musulmane sono ovviamente sbagliati.
E’ giusto precisare, infine, che il mondo musulmano è variegato e che la condizione della donna musulmana varia da paese a paese.
Esistono, infatti, molte donne che portano orgogliose il velo e che hanno deciso di indossarlo senza che nessuno glielo abbia imposto. La realtà non sarebbe una gabbia se Il Corano venisse interpretato nel modo giusto: quella del velo è solo una scelta religiosa come tutte le altre. Ovviamente ci sono estremismi, ma questa è una cosa comune a tutte le religioni e alle sette che nascono non interpretando nel modo corretto il messaggio divino.
Io ho letto Il Corano senza pregiudizi proprio per capire se il problema potesse essere attribuito ad esso, ma mi sono resa conto che il vero colpevole è l’uomo: sono, appunto, gli uomini ad interpretarlo a loro piacimento per poter esercitare una sorta di subdolo potere sulle loro donne.
Ma questi problemi sono comuni anche alle donne occidentali: molte di esse, difatti, vengono viste con tanti pregiudizi sebbene siano indiscutibilmente più libere delle donne musulmane. Purtroppo, tutto il mondo continua ad avere dei pregiudizi nei confronti delle donne, per quanto si parli sempre più di parità con l’uomo: certe realtà continuano ad esistere e forse, purtroppo, ci saranno fin quando l’uomo guarderà la donna da quel “gradino più in alto” su cui, troppo spesso ed ancora oggi, ritiene di ergersi.

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4 INTRODUZIONE Nessuno è di fronte alla donna più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell’uomo mal sicuro della propria virilità. (cit. Il secondo sesso di Simone de Beauvoir) Quando nel 2000 partecipai alla XXX edizione del Giffoni Film Festival, mi fu assegnata una ragazza di origini iraniane come ospite. La prima cosa che mi colpì di lei fu che portava l’hijab che la copriva i capelli. Aveva solo tredici anni e, all’esterno del luogo abitativo, portava il velo. Lei era nata in una famiglia mista: madre cattolica e padre musulmano. Assieme a lei arrivarono altre due ragazze ma, nel loro caso, erano soltanto di religione musulmana. Lei era diversa dalle sue amiche e questo era evidente nei piccoli gesti: se le cadeva il velo non lo rimetteva sempre a posto; non l’ho mai vista pregare e camminava a testa alta per strada invece di guardare i suoi piedi. Inoltre, non si faceva problemi a parlare con i ragazzi. Per me

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