La percezione del rischio come motore della prevenzione. Uno studio della percezione del rischio tra gli studenti di un Istituto Tecnico di Napoli
Sempre di più anche nella scuola si tende a parlare di “cultura della sicurezza”. Cultura intesa come convinzione, autonomia, responsabilità: presupposti ed obiettivi anche dell'ex d.lgs.vo 626/94, che individuava nella formazione di tutte le figure aziendali, dal datore di lavoro ai lavoratori, una condizione fondamentale per garantire la sicurezza.
Oggi, il decreto legislativo 81/08 prevede "Attività Promozionali", finanziate da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, finalizzate all'inserimento, in ogni attività scolastica, "di specifici percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro" (articolo 11 comma 1c, comma 4).
E’ in questa direzione che vanno anche le richieste alla scuola da parte del mondo del lavoro.
Il progetto “Sicurezza in Cattedra”, prende avvio dall'esperienza condotta dall’ITI-IPIA L. da Vinci di Firenze, e si configura nella realizzazione di un percorso didattico, con lo scopo sostanziale di formare gli allievi degli istituti tecnici nel campo della sicurezza negli ambienti di lavoro e di indagare sul modo in cui la percezione del rischio è influenzata da fattori di carattere socio-anagrafico, culturale, ambientale ecc.
I destinatari a cui si rivolge il progetto sono quelli degli istituti tecnici aeronautici, agrari, geometri, industriali, nautici e gli istituti professionali per l’agricoltura e ambiente, alberghieri, industria edile, industria ed artigianato, industria ed attività marinare.
La proposta del progetto “Sicurezza in Cattedra” che viene presentata ha ottenuto in vario modo (partecipazione diretta di esperti alle attività, sponsorizzazione, pubblicazione e diffusione materiali etc.) sostegno da organismi locali e nazionali che hanno compiti istituzionali in materia di sicurezza e salute negli ambienti di lavoro.
Si tratta di:
Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Toscana (ARPAT), Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi del Lavoro (ANMIL), Azienda Sanitaria di Firenze (ASF), Istituto Regionale Ricerca Educativa (IRRE) della Toscana e del Veneto, Mediateca Regionale Toscana, Regione Toscana, Società Nazionale Operatori della Prevenzione (SNOP).
Mi chiedevo se, a seguito di un aumento delle conoscenze e delle competenze, potesse derivare una modifica nei meccanismi di percezione del rischio e se questi a loro volta determinassero modifiche nei comportamenti.
Mary Duglas, antropologa britannica, sostiene come non vi siano prove che l’educazione formale abbia prodotto mutamenti nell’atteggiamento collettivo, per esempio, verso i pericoli del cibo, ed aggiunge che non è evidente che una norma giuridica possa modificare l’atteggiamento verso i pericoli.
Se queste affermazioni possono apparire sorprendenti per la maggioranza di noi, abituati anche nella scuola ad una prassi di educazione alla salute basata sull’informazione, non lo sono per gli antropologi che, utilizzando la “teoria della cultura”, ricordano come la legislazione e l’educazione non possano prescindere dall’apparato delle motivazioni e convinzioni. E motivazione e convinzione sono un prodotto culturale, intendendo per cultura una “precodificazione collettiva dell’esperienza”, un insieme, comune ad una collettività, di principi e di valori utilizzati da tutti, che giustificano il nostro comportamento. Una sorta di “pre-giudizio collettivo”, verrebbe da dire.
Dal momento che hanno partecipato al progetto prevalentemente istituti del settentrione, ho ritenuto interessante sfruttare l’uniformità territoriale dei risultati ricavati dal test di ingresso coniscitivo proposto agli studenti delle scuole aderenti al progetto, considerando i risultati come campione unico di controllo e comparando gli stessi con quelli ottenuti dalla somministrazione dello stesso test a studenti di un Istituto Tecnico di Napoli, per la precisione l’Istituto I.P.I.A. di Miano. I due gruppi sono stati messi a confronto con lo scopo di individuare eventuali differenze sociali, nozionistiche, e culturali per evidenziare effettivamente se una diversa cultura di appartenenza possa mai influire sulla percezione del rischio di ognuno di noi.
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Informazioni tesi
Autore: | Crescenzo Costagliola di fiore |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Medicina e Chirurgia |
Corso: | Scienze delle professioni Sanitarie della Prevenzione |
Relatore: | Stanislao Loria |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 140 |
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