La potestà legislativa regionale nel settore delle comunicazioni elettroniche
L’Italia è stata tra i primi paesi dell’Unione Europea ad aver recepito le quattro direttive Ce, del 2002, con le quali è stato introdotto il Codice delle comunicazioni elettroniche.Con l’emanazione del Codice delle comunicazioni elettroniche è stato adottato un nuovo quadro normativo nazionale che, oltre a recepire il pacchetto legislativo comunitario per il settore delle comunicazioni elettroniche, supera l’impostazione del vecchio Codice postale, in cui l’interesse collettivo veniva tutelato attraverso la riserva allo Stato delle attività di telecomunicazioni, esercitate in regime di concessione esclusiva da aziende pubbliche o da amministrazioni statali. In linea con il dettato comunitario, il Codice delle comunicazioni elettroniche tiene conto degli sviluppi tecnologici del settore e del processo di convergenza che ha interessato le tecnologie dell’informazione, dei media e delle telecomunicazioni nel corso degli ultimi anni, nonché del crescente grado di concorrenza riscontrabile nei vari mercati del settore.Proprio l’evoluzione tecnologica ha fornito lo strumento base per poter realizzare il passaggio da un sistema di monopolio delle telecomunicazioni, necessario per far fronte alla scarsezza economica e tecnologica che caratterizzava il settore nella sua fase iniziale, ad un sistema incentrato (o quanto meno tendente) al libero mercato. Mentre, la convergenza, la quale si sviluppa su tre aspetti fondamentali, quali sono la telefonia di terza generazione (UMTS), la banda larga e il digitale terrestre, ha prodotto due effetti: da un lato ha permesso la neutralità delle reti nelle quali passano varie forme di messaggi, d’altro lato, invece, accade che i vari messaggi confluiscono nella stessa rete. Di conseguenza, nasce una contrapposizione tra chi detiene la rete (l’operatore di rete) e chi trasmette il messaggio (cioè il fornitore di servizi e contenuti). Questo è un effetto importantissimo dal punto di vista dell’evoluzione normativa di tutto il quadro, in quanto il conseguente arricchimento della trasmissione dei dati sulle reti porta ad una scissione tra i due tipi di operatori (operatori di rete e fornitori di servizi).Per ciò che attiene, invece, al “diritto di accesso” delle reti, l’inquadramento costituzionale, sulle varie forme di comunicazione, porta ad una lettura del combinato disposto degli artt. 15 e 21 Cost. Questo complessivo fenomeno della convergenza porta ad un’altra conseguenza, determinante sul piano giuridico, che consistente nella progressiva contaminazione tra i principi del diritto delle telecomunicazioni, imperniato oggi sulla concorrenza e sulla libertà di mercato che nasce dalle direttive comunitarie, con i principi del diritto radiotelevisivo il quale incentrato sui contenuti e sul pluralismo, si ispira ad una logica di servizio pubblico, a cui deve rispondere anche il privato (la c.d. convergenza normativa). Il problema che la convergenza crea è la nascita di un diritto della “comunicazione convergente”, che in parte riprende i principi di mercato fondati sulla concorrenza propri delle telecomunicazioni, in parte deve riprendere le norme che tutelano il pluralismo rispetto ai contenuti nel settore radiotelevisivo. La difficoltà consiste nel trovare il punto di equilibrio tra concorrenza nei mercati e delle reti e pluralismo nei contenuti e nei messaggi. L’evoluzione tecnologica, che spinge sulla convergenza, spinge anche verso questa combinazione di principi diversi, che devono trovare per l’appunto un equilibrio.Tale Codice, pertanto, per la sua complessità, pone una serie di problematiche per ciò che concerne il sistema di ripartizione delle competenze legislative da attribuirsi ora allo Stato ora alle Regioni, alla luce delle recenti riforme costituzionali.Un sistema che risente di tensioni opposte che da una parte spingono verso la necessità di una disciplina uniforme, che possa garantire efficacemente una certa omogeneità su tutto il territorio nazionale, e dall’altra verso la necessità di garantire l’autonomia regionale e le relative funzioni spettanti alle Regioni stesse. Interprete di queste esigenze contrapposte risulta essere la sentenza della Corte Costituzionale n. 336/2005, nella quale le Regioni Toscana e Marche sostengono che alcune norme del Codice, in realtà, sono contrarie a quanto la Costituzione sancisce agli artt. 117 e 118 in materia di ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni.Le stesse asseriscono che, il Codice, nelle norme impugnate, dispone di una disciplina eccessivamente dettagliata ed autoapplicativa che non consentirebbe alcuno spazio per l’intervento legislativo delle Regioni.
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Informazioni tesi
Autore: | Luisa Russo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi del Salento |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Scienze giuridiche |
Relatore: | Vincenzo Tondi della Mura |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 113 |
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