Il contributo delle strategie di autoregolazione cognitiva in presenza di disabilità intellettiva lieve
Negli ultimi decenni la definizione e la classificazione delle disabilità sono state al centro di un’importante riflessione che ha condotto ad una revisione radicale del concetto stesso di disabilità: essa non è più considerata una deviazione dalla normalità, quindi un problema a carico del singolo individuo, ma è concepita come una variazione del funzionamento umano che origina dall’interazione tra caratteristiche intrinseche dell’individuo e caratteristiche dell’ambiente fisico e sociale (Ustun, 2001 citato in Delle Fave, 2005 www.silsismi.unimi.it).
Anche la disabilità intellettiva è stata investita da questa ondata di rinnovamento concettuale. Il termine “disabilità intellettiva”, che ha soppiantato quello di “ritardo mentale”, sta attualmente ad indicare un costrutto completamente sovrapponibile al costrutto generale di disabilità; viene così data importanza a una prospettiva ecologica focalizzata sull’interazione persona-ambiente (Schalock et al, 2008) che ha condotto all’implementazione di interventi riabilitativi ed educativi incentrati sulla persona, miranti a garantire il raggiungimento di uno stato di benessere globale e a creare una relazione con l’ambiente circostante che sia percepita come soddisfacente dal beneficiario dell’intervento stesso.
Gli studi compiuti allo scopo di rintracciare gli indicatori che concorrono in modo significativo a determinare una buona “qualità della vita” per i disabili intellettivi, ci restituiscono dei dati che indicano chiaramente che anche per questa categoria di persone è fondamentale la percezione di avere il controllo della propria vita, di poter operare delle scelte, di essere in grado di partecipare alla vita sociale e di poter esprimere la propria affettività. Nonostante sia stato fatto molto negli ultimi decenni per garantire l’integrazione ai disabili intellettivi, sono ancora numerosi gli individui ai quali è di fatto negata la possibilità di scegliere in autonomia a proposito dei fatti riguardanti la loro vita anche per colpa di certe rappresentazioni sociali che li etichettano come soggetti da accudire in modo permanente.
A causa del deficit cognitivo spesso questi disabili manifestano una struttura interna caotica e una notevole dipendenza dagli altri. Il loro senso d’identità è debole e caratterizzato dal timore di agire, il che determina uno scarso senso di autoefficacia e un’autonomia molto limitata. La carenza di identità lascia bisogni insoddisfatti, che creano a loro volta tensioni emotive che sono originate e alimentate dalla presenza di continue frustrazioni (Mazzonetto e Dinelli, 2006).
Il presente lavoro prende le mosse da queste considerazioni e dalla convinzione che l’impegno dei professionisti dell’educazione si debba concentrare sul progettare e realizzare percorsi educativi centrati non tanto sulle singole abilità, che spesso vengono rapidamente dimenticate, quanto sulla più generale capacità di apprendere. Come sostenuto da Cornoldi (1995) utilizzando l’ approccio metacognitivo si intende superare il livello dell'addestramento a compiti specifici ed aiutare il soggetto a sviluppare e usare meta regole.
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Informazioni tesi
Autore: | Aurora Saletù |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Trieste |
Facoltà: | Scienze dell'Educazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Federico Mucelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 96 |
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