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Street Art: itinerari controversi

La Street Art è una forma di comunicazione sempre più presente nell’ambiente sociale.
E’ un’espressione nata autonomamente alla fine degli anni settanta nei sobborghi newyorkesi. Dei ragazzi iniziarono a firmare i muri dei loro quartieri, la voglia di affermazione guidava questa loro iniziativa. Sceglievano uno pseudonimo e lo affiancavano ad un numero, il più delle volte coincidente con quello della strada dove abitavano; pian piano uscirono dai loro quartieri per conquistarne altri. Dalle tag sui muri ai graffiti nelle metropolitane: in breve tempo si sviluppò un movimento che divenne inarrestabile.
La volontà di questi ragazzi coincise con una feroce critica alle istituzioni, attraverso l’espressione della consapevolezza di potersi riappropriare degli spazi pubblici.
La questione venne affrontata con toni accesi da entrambe le parti: le istituzioni dovevano reprimere questi gesti di disordine pubblico, i ragazzi dovevano difendere i loro diritti.
Gradualmente questo tipo di linguaggio divenne artisticamente più complesso, probabilmente per la necessità di meglio esprimere il loro pensiero, ma anche perché i ragazzi si organizzarono in gruppi (crew) e da qui ne nacque una specie di rivalità. Quest’antagonismo portò alla formazione di diversi stili e presumibilmente si andò anche sempre più perdendo la motivazione iniziale. I ragazzi che si avvicinarono al fenomeno quando già si era esaurito lo stimolo iniziale, con ogni probabilità ne recepirono solamente i tratti principali. La Street Art si propaga in seguito anche per pura imitazione; dall’America arriva in Europa attraverso immagini e racconti, ma non è un movimento organizzato su delle basi rigide e coerenti. Ognuno ne capta l’essenza secondo le proprie esigenze e le proprie idee.
La questione controversa sulla definizione di Street Art si basa proprio sulla sottile differenza tra arte e vandalismo. Sottile a livello burocratico, perché sul piano concettuale e visivo la controversia si risolve abbastanza intuitivamente.
Si tratta di una problematica che non riesce a risolversi in maniera esaustiva, soprattutto perché devono entrare in relazione due ordini di grandezza differenti. La burocrazia deve razionalizzare e regolare, l’arte deve manifestare le proprie idee ed esprimere i propri sentimenti.
Motivo per cui, nel corso della storia, l’arte è entrata in collisione con la politica in diverse occasioni, ma in questo caso risulta essere un attacco che genera caos e confusione, anche tra la società alla quale è diretta, ovvero quella abituata a non vivere la città, ma ad attraversarla velocemente a capo chino. Le città sono ricoperte di immagini, parole e colori, che si impongono e arrivano fin dove la pubblicità si può permettere di pagare. Le critiche più frequenti rivolte alla Street Art sono l’arroganza di imporsi senza essere richiesta e l’illegalità di imbrattare gli spazi pubblici e privati.
L’approccio nei confronti della Street Art sta tuttavia mutando. Si possono riscontrare atteggiamenti di apertura e collaborazione da parte delle istituzioni, comprese quelle artistiche. Proprio musei e gallerie, infatti, l’hanno tirata fuori dall’esclusiva percezione di vandalismo nella quale versava. Di fronte al riconoscimento artistico, la burocrazia ha cercato di meglio comprendere questa forma espressiva, per non essere accusata di ignoranza e ipocrisia. Ma, forse inevitabilmente, questa comprensione si è risolta comunque in tentativi di repressione. Si è cercato di formalizzare la Street Art incanalandola in forme di legalità, che però le risultano strette.
Sicuramente sono utili gli interventi e gli incontri tra le parti, per meglio comprendersi. Difficilmente, però, la Street Art si accontenterà e rinuncerà ad uscire dalla superficie dei muri con permesso messi a disposizione dalle amministrazioni comunali.
Due casi studio presi in esame per la realizzazione di quest’elaborato sono stati: il laboratorio di “Aerosol & Spray art” in Salaborsa e la riqualificazione della stazione di Casteldebole a Borgo Panigale, quartiere di Bologna.
Il tema della responsabilità è emerso anche dall’intervista fatta allo street artist Clet Abraham, incontro indispensabile per meglio comprendere l’atteggiamento delle istituzioni.
Pensieri diversi, pareri contrastanti, invece, nei testi che trattano la materia, sia sul piano semantico che concettuale e quindi artistico.
D’altra parte la Street Art è, non solo un fenomeno in divenire, ma è anche intrinsecamente effimero, motivi per cui alcuni passaggi storici o importanti strumenti di verifica sulla percezione delle persone non sono ad oggi disponibili.

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5 Introduzione E’ difficile immaginare un mondo senza arte, eppure molte persone rimangono senza argomenti alla domanda “a cosa serve l’arte?”. Se si riuscissero a definire quali funzioni l’arte compie in seno alla società potrebbe essere più chiaro anche il ruolo dell’artista all’interno di una collettività. Principalmente l’arte è comunicazione: nessun artista dipinge un quadro che non intende far vedere, nessuno scrittore scrive un romanzo a suo personale uso e consumo; per agire come forma di comunicazione, deve avere qualcosa da dire. La Street Art è una forma di comunicazione sempre più presente nell’ambiente sociale. E’ un’espressione nata autonomamente nei sobborghi newyorkesi alla fine degli anni settanta. Alcuni ragazzi iniziarono a firmare i muri dei loro quartieri, scegliendo uno pseudonimo e affiancandolo ad un numero, il più delle volte coincidente con quello della strada dove abitavano. La voglia di affermazione guidava questa loro iniziativa; pian piano uscirono dai loro quartieri per conquistarne altri. Dalle tag sui muri ai graffiti nelle metropolitane: in breve tempo si sviluppò un movimento che divenne inarrestabile. Le autorità non riuscirono ad arginarlo, pur applicando sanzioni, organizzando ronde e ripulendo tutto; anzi il fenomeno sembrava trarre vitalità da questi impedimenti (Mininno, 2008). La volontà di questi ragazzi coincise con una feroce critica alle istituzioni, attraverso l’espressione della consapevolezza di potersi riappropriare degli spazi pubblici. La questione venne affrontata con toni accesi da entrambe le parti: le istituzioni dovevano reprimere questi gesti di disordine pubblico, i ragazzi dovevano difendere i loro diritti. I giovani vivevano la pericolosità delle loro azioni e il rischio delle multe alle quali andavano incontro, con coraggiosa tenacia. E’ emerso, infatti, dall’analisi di testi e articoli, che nella fase iniziale, coincidente con l’emergere dei graffiti, il fenomeno aveva alla base soprattutto ideali da affermare; nacque dall’esigenza di rivendicare la propria presenza all’interno della città (Lucchetti, 1999). In seguito, questi giovani si organizzarono in gruppi (crew) e gradualmente

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