Art. 260 d. lgs. 152/2006: attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
L’articolo 260 del decreto legislativo numero 152 del 2006, ovvero del Testo Unico Ambientale, tratta il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
Al fine di entrare nel vivo dell’analisi di questo articolo, occorre prima fare un necessario quadro introduttivo riguardo l’ambito in cui si colloca tale reato; infatti, possiamo parlare di diritto penale dell’ambiente, il quale è un ramo introdotto in modo importante nell’ordinamento italiano solo in tempi recenti.
È emerso quanto il diritto ambientale sia saturo di contraddizioni ma soprattutto ricco di numerosissime, e non raramente contrastanti, fonti normative; ciò comporta una notevole difficoltà nell’applicare il dettato legislativo in caso di reati a danno dell’ambiente.
La legislazione italiana a riguardo fa derivare i propri dettati dalle normative comunitarie, in particolar modo sono le direttive della Comunità Europea a stabilire i princìpi generali, che poi verranno adottati dai vari Paesi membri. La Comunità, inoltre, contribuisce a definire il concetto di ambiente e le funzioni da assolvere, con riferimento anche alle funzioni spettanti agli Stati e alle loro diramazioni.
Nel caso specifico, le direttive più importanti sono state senza dubbio due. La prima è la direttiva 2004/35/CE, la quale svolge il compito di approcciare il tema della responsabilità derivante da danno ambientale, e comunque contribuisce a dare una prima ordinata sistemazione alle numerose legislazioni; purtroppo però essa da sola non è stata sufficiente a compiere l’arduo compito di porre un ordine nella materia, ed inoltre non ha apportato le innovazioni sperate.
L’altra direttiva, forse la più importante, è la numero 2008/99/CE; con essa ci si pone l’obiettivo prima di tutto di armonizzare tutte le legislazioni statali riguardo proprio il diritto dell’ambiente, quindi costituisce senz’altro un deciso input per tutti gli Stati membri al fine di sanzionare adeguatamente i crimini ambientali come ad esempio proprio il traffico illecito di rifiuti. Purtroppo, nonostante questa direttiva apporti importanti novità e faccia un po’ di chiarezza, anch’essa non basterà per raggiungere il difficile (quasi impossibile) obiettivo di attuare una legislazione chiara e uniforme che possa essere recepita da tutti gli ordinamenti interni della Comunità.
Si prende in esame oltretutto un fenomeno di assoluta importanza quando si parla di ambiente: le ecomafie. Questa parola indica l’attività di alcune organizzazioni dedite ad affari di natura criminale, e questo “movimento” ha preso piede soprattutto a partire dagli anni ottanta. Queste organizzazioni hanno una vera e propria struttura di impresa: talvolta sono imprese lecite all’apparenza, ma con traffici illegali nascosti.
Legambiente si occupa di analizzare fenomeni come questo, e fornisce anche dati interessanti che riguardano le gestioni dei rifiuti, ovviamente contro la legge, ed i traffici che li coinvolgono. Il principale problema che ci si pone è come sanzionare queste attività delittuose: infatti si è molto discusso se applicar la normativa che punisce le associazioni a delinquere e, in questo caso, se aggravarla o meno.
Il decreto legislativo 152/2006 ha come “precursore” il decreto Ronchi, il numero 22 del 1997; l’art. 53-bis di quest’ultimo tratta infatti l’attività di traffico illecito di rifiuti, ed esso viene accolto con grande entusiasmo, poiché è la prima normativa in assoluto che tratta l’argomento e sanziona questa attività criminale. L’art. 260 del Testo Unico Ambientale è in collegamento stretto con l’art. 53-bis citato, poiché tratta lo stesso reato ma in maniera più approfondita. Molti sono gli aspetti della norma da analizzare: essa infatti contiene termini che hanno suscitato dubbi e perplessità circa la loro interpretazione, come ad esempio “abusivamente”, “quantità ingente”, ecc.
Si può dire insomma che l’art. 53-bis prima, e l’art. 260 poi, prevedono e disciplinano per la prima volta un delitto di grande importanza e anche molto diffuso nelle organizzazioni criminali dell’ambiente.
I metodi per accertare l’esistenza o meno di codeste organizzazioni e di questi traffici illeciti sono vari: le intercettazioni telefoniche ed ambientali rappresentano uno strumento estremamente valido ed efficace per reati di questo genere, insieme alle videoriprese, alle perquisizioni e ai sequestri. Sono tutti metodi invasivi, soprattutto i primi due: ciò comporta aspri dibattiti in dottrina e in giurisprudenza, poiché si deve tracciare il confine tra necessità dell’uso di tali strumenti, e diritti dell’individuo alla privacy e alla libertà.
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Informazioni tesi
Autore: | Greta Fabiano |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Bergamo |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Operatore giuridico d'impresa |
Relatore: | Giovanni De Santis |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 88 |
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