Elisir dell'immortalità e naturalismo alchemico. Il Baopuzi neipian di Ge Hong e la medicina alchemica di Paracelso a confronto
Questo lavoro nasce da un'idea, maturata per anni nell'ottica degli studi comparativistici, secondo una linea seguita all'interno dell'Università Orientale di Napoli fin dalla sua fondazione: confrontare comparandoli “mondi” culturali e geografici distanti, in particolare l' Europa e l' Asia Orientale.
Chi scrive è stato sempre interessato alla filosofia delle grandi regioni culturali e delle grandi religioni asiatiche; la filosofia dell'India, la filosofia della Cina, il buddhismo storico, la corrente mahayana, il chan\zen e via discorrendo.
È stato proprio questo interesse a portarmi a scegliere l'Orientale di Napoli, dove, nel corso dei miei studi, sono stato più volte attirato da quelle che mi sembravano delle coincidenze, dal punto di vista filosofico tra le forme di pensiero di origine asiatica e la filosofia di matrice europea.
Il tema sul quale mi è sembrato di poter trovare delle conferme più solide da questo punto di vista era l'alchimia.
Sapevo, essendo a conoscenza, ad esempio degli studi psicologici di Carl G. Jung in collaborazione con Richard Wilhelm (i quali però, non interessano la presente ricerca, dato che si occupano dell'alchimia interna cinese) che c'erano già state delle intuizioni in tal senso. In seguito, documentandomi maggiormente sull'argomento-alchimia, mi sono reso conto che il tema dell'elisir, un liquido ottenuto tramite procedimenti alchemici, ingerendo il quale gli alchimisti, sia quelli della Cina antica che quelli della tradizione di questa disciplina che dal mondo ellenistico passò agli arabi e, tramite essi all'Europa medievale, sostenevano fosse possibile ottenere l'immortalità.
In seguito, approfondendo ulteriormente le mie ricerche, leggendo Science and Civilization in China, la nota enciclopedia a cura di esperti del calibro di Joseph Needham e Nathan Sivin, ed in un secondo tempo anche leggendo Evgenyi Torchinov, ho trovato che anche gli studi di questi sinologi, non soltanto suggerivano anche essi, in margine, un simile parallelo, ma anzi sembravano incoraggiarlo.
Per cui, ho intrapreso la scrittura della presente tesi su questo argomento, forte del fatto che le mie intenzioni sembravano in qualche modo suffragate anche da studi condotti in precedenza.
Il punto di partenza obbligatorio mi è quindi sembrato dover essere l'alchimia esterna cinese, o waidan. Essa dava alla fase operativa un'importanza simile a quella che le veniva data nell'alchimia europea, ed inoltre, sia in Cina che in Europa l'alchimia ebbe un processo di sviluppo storico simile nel fatto che le sue interpretazioni più mistico-spirituali si svilupparono soltanto in un secondo momento, partendo comunque dalla pratica operativa di tale disciplina, per cui, anche per evitare complicazioni, ho ritenuto che bisognasse limitare la comparazione alle due forme di alchimia operativa che si svilupparono in Cina ed in Europa.
La cosa che mi ha certamente colpito, nel corso dell'estensione della presente tesi è stata la scarsità di studi comparativi dedicati all'argomento.
Lo scopo della ricerca voleva essere quello di mettere in luce la possibilità, per quanto remota di un contatto e di uno scambio di idee reciproco, avvenuto nell'arco di secoli, tra i praticanti dell'alchimia in mondi distanti geograficamente, temporalmente e culturalmente. Oppure, la ricerca avrebbe raggiunto il suo scopo anche mettendo in luce l'impossibilità del passaggio e della circolazione di tali idee tra la Cina e l'Europa, sviluppando quindi in modo indipendente una disciplina alchemica simile, o dalla somiglianza solo apparente.
Gli stessi sinologi o specialisti dello studio dell'alchimia europea pur essendo coscienti che un parallelo del genere sia possibile da tracciare e da studiare seriamente, si limitano ad accennarlo en passant lasciandolo come un quesito da risolvere. Inoltre, lo stesso waidan ha avuto un lungo periodo di assenza di studi specifici, dagli anni 1930-1940 fino a tempi molto recenti in cui studi sull'argomento sono ripresi con una certa frequenza.
Lascio all'opinione del lettore ogni considerazione su questo tema.
Per intraprendere una comparazione del genere, il punto di partenza obbligato sembrava essere l'opera considerata unanimemente come capitale per l'alchimia esterna o waidan: il Baopuzi neipian, i “capitoli interni del maestro che abbraccia la semplicità”, attribuiti a Ge Hong, ritenuto il più grande esponente dell' alchimia esterna cinese, vissuto nel III secolo d. C.
Ho cercato di ovviare alla mia ignoranza del cinese cercando una traduzione completa dell'opera in una lingua europea.
È stato così che ho scoperto la traduzione in lingua russa di E. Torchinov; la quale rispetto a quella in inglese di James Ware del 1966 ha il vantaggio di essere aggiornata dal punto di vista sia filologico che interpretativo, eppure stranamente ignorata dagli studi sul Baopuzi.
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Informazioni tesi
Autore: | Patrizio Qualireto |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia teoretica, morale, politica ed estetica |
Relatore: | Chiara Ghidini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 122 |
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