L'interazione comunicativa tra madre e figli gemelli. Uno studio descrittivo.
Questo lavoro nasce da un profondo interesse verso le nascite gemellari e tutto ciò che riguarda il vivere in “coppia”. Esso è strutturato in due parti: una prima parte ripercorre i metodi utilizzati per studiare i gemelli da diversi autori tra cui Galton (1875), Gesell (1929), Gedda (1951) e Zazzo (1987), in cui si è evidenziato come le prime indagini sui gemelli sono iniziate intorno alla metà del secolo scorso nel campo della genetica, modificando man mano il ruolo che i gemelli hanno svolto per la scienza. Un altro aspetto interessante che riguarda lo studio dei gemelli monozigoti, è che nonostante la loro identicità fisica, non risultano tali da un punto di vista psicologico. E’ questo che Renè Zazzo (1987) intendeva dire quando parlava della situazione paradossale che caratterizza i gemelli. Di non minore importanza sono i ruoli assunti di volta in volta nelle dinamiche relazionali dai gemelli, ruoli che Von Bracken (1936) definisce “ministero degli esteri” e “ministero degli interni”, mentre Gedda (1951) parla di ruolo guida che un gemello assume rispetto al co-gemello, nonché di sottomissione-dominanza.
E’ comune il pensiero che vede i gemelli uniti da un rapporto particolare che non è paragonabile a quello tra due fratelli. Si dice che essi siano telepatici ed estremamente empatici. Nonostante ciò, come qualsiasi relazione di coppia, anche questa è caratterizzata da ambivalenza, che è maggiormente evidente nella relazione con la madre, laddove i gemelli sono “costretti” a dividere il momento dell’allattamento, della comunicazione, dove i genitori spesso si rivolgono ai loro figli chiamandoli i “gemelli” e non con i nomi propri. Se questo mette in risalto il fatto che per i genitori essi siano una sola entità, per i gemelli, soprattutto se monozigoti, contribuisce ad alimentare il senso di confusione dovuto all’identità fisica. Ed è per questo che per i bambini gemelli, lo sviluppo del Sé ed il riconoscimento della propria identità, come dimostrano gli esperimenti di Zazzo (1997) di riconoscimento allo specchio, avvengono più lentamente rispetto ai mononati perché essi, oltre a costruirsi in quanto soggetti unici, devono differenziare dapprima la loro immagine da quella del co-gemello. Anche da un punto di vista cognitivo, sono state riscontrate delle differenze tra i mononati ed i gemelli.
Il fulcro principale di questo lavoro riguarda in particolare il linguaggio dei gemelli. Si passa dunque da un excursus teorico all’analisi pratica del linguaggio di due gemelle eterozigote. La parte teorica passa in rassegna brevemente lo sviluppo del linguaggio nei bambini attraversando, a grandi linee, i contributi teorici di Piaget (1972) sul linguaggio egocentrico e quelli di Lurija (1959) sul linguaggio simprassico; mentre è stata dedicata una maggior attenzione alla visione di Zazzo sul linguaggio segreto dei gemelli, ovvero la criptofasia. Inoltre la tesi tratta di diverse ricerche che hanno dimostrato come il linguaggio dei gemelli, comparato con quello dei singoli nati, sia caratterizzato dall’uso di frasi grammaticalmente più semplici, dalla difficoltà ad usare il pronome “io”, da un maggior uso del pronome ”noi” e da un’assenza o minima presenza del linguaggio egocentrico dovuto alla vita di coppia che caratterizza i gemelli. E’ interessante notare come i gemelli, nonostante presentino un ritardo del linguaggio, secondo lo studio della Savic’ (1977), manifestino non solo una maggiore velocità dell’eloquio rispetto ai mononati, ma siano anche in anticipo riguardo alla capacità di gestire i turni nella comunicazione, che per loro si manifesta intorno al primo anno di vita, mentre per i mononati appare intorno ai due/tre anni. Questa “precocità” probabilmente è dovuta alla vita di coppia che i gemelli conducono sin dal momento del concepimento.
La seconda parte della tesi riguarda, invece, un’indagine sullo sviluppo del linguaggio dei gemelli che è stato affrontata sul piano applicativo seguendo una coppia di gemelle eterozigote di 16 mesi di età. Il metodo utilizzato è stato quello dell’osservazione non partecipante e le osservazioni, che non si sono svolte in un contesto abituale, bensì in una Casa Famiglia di Sorrento hanno avuto una durata temporale di tre mesi. L’attenzione è stata rivolta non solo alla comunicazione verbale ed a quella non verbale, ma anche all’analisi di eventuali differenze comportamentali e verbali che la madre ha introdotto nei confronti delle due gemelle. Per l’analisi delle funzioni comunicative materne e la codifica dei risultati, ci si è avvalsi della griglia di analisi delle funzioni comunicative materne (FCM) ideata da Longobardi (2001).
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Informazioni tesi
Autore: | Rossella Visciano |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Lucia Donsì |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 148 |
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