La velenosa tentazione dell'innocenza: la figura femminile nel cinema d'esordio di Jean Luc Godard
Godard e le donne: rapporto emblematico, contraddittorio, talvolta provocatorio, che portato sullo schermo ha dato luogo a processi di identificazione e di fascinazione, ma anche a censure e polemiche. Soprattutto, un rapporto vissuto e mostrato da un punto di vista totalmente innovativo.
Le protagoniste femminili, seppure cariche di un fascino moderno e conturbante, non sono specchietti per le allodole, pretesti puramente estetici, ma oggetti di un’analisi profondamente diversa da parte del regista: come l’urbanistica di Parigi, il linguaggio e il cinema americano, le donne si studiano, si osservano. Per contro, le attrici godardiane arricchiscono ogni opera con la bellezza, la freschezza e la straordinaria espressività dei loro volti, su cui la macchina da presa indugia in lunghe sequenze.
La scelta di una definizione approfondita dei personaggi femminili, frammentata in un collage di giornate ed episodi, non necessariamente significativi e spesso casuali delle loro vite, permette di mettere in luce sfaccettature e sfumature di figure complesse, impulsive, irrazionali, attraverso un’analisi che predilige l’approccio sociale a quello psicologico.
Nei suoi film, Godard racconta storie di donne legate a drammi, passion, desideri, personaggi che esprimono una forte componente romantica, che però si configura come un eterno e insanabile conflitto con i rapporti sentimentali. Tre aspetti sono particolarmente costanti in queste rappresentazioni: il primo è costituito dai mutevoli stati d’animo, che spesso sfociano in veri e propri turbamenti, e ne evidenziano la natura instabile. La camminata a vuoto è una delle espressioni dell’incertezza, dell’inquietudine e della confusione che le sovrasta; ricordiamo quella della protagonista di Á bout de souffle (Fino all'ultimo respiro, 1959), soffocata dalle pareti di stanze che ostacolano la ricerca di soluzioni, e quella di Marianne in Pierrot le fou (Il bandito delle undici, 1965) lungo la riva del mare, mentre, annoiata allo spasmo, si domanda cosa fare. In maniera analoga possiamo interpretare il “non so” paradigmatico delle figure godardiane.
Il secondo aspetto è il tentativo di realizzare la propria personalità e i propri scopi, che si rivela un gioco con le fitte trame della fatalità e del destino. La sconfitta è una prerogativa che segna molte delle loro storie.
Ultima costante dell’immaginario femminile è l’incarnazione dell’armonia delle forme, della grazia dei gesti e dei movimenti, della vitalità dei sorrisi e dei volti: ecco che in questi otto anni di esordio viene celebrata la stagione più cinica e ardente, quella della giovinezza, e i sentimenti di confusione, passione, violenza, sofferenza e morte che sanno generare in chi l’avvicina: “I film degli anni ’60 aderiscono ai movimenti di corse, fughe e slanci di giovani amanti negli spazi delle strade parigine e negli interni delle abitazioni” . Ed è in virtù di queste rappresentazioni che Godard si afferma come uno dei più interessanti interpreti della figura femminile degli anni ’60, capace di testimoniare l’affascinante complessità del suo animo.
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Informazioni tesi
Autore: | Simona Calò |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli studi di Genova |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Diego Scarponi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 208 |
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