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Un'analisi delle initial public offerings in Cina

Le initial public offerings (IPO) sono tra le operazioni finanziarie che più hanno riscosso e continuano a riscuotere interesse in letteratura. Il processo attraverso cui una società raccoglie capitali offrendo le sue azioni al pubblico di investitori, infatti, ha attirato l’attenzione degli studiosi di tutto il mondo per la sua importanza e criticità. Nella letteratura economica esiste un’ampia raccolta di studi e ricerche, che vagliano i motivi per cui un’impresa decide di quotarsi. Secondo la teoria del “pecking order” (Myers, 1984), esiste un ordine gerarchico nelle fonti di finanziamento, e la scelta del capitale di rischio è l’ultima da attuare. Secondo un differente approccio (Myers e Majluf, 1984), i manager, che dispongono di informazioni più precise sul reale stato di salute dell’impresa, tendono ad offrire azioni solo quando il mercato le sopravvaluta. Per Ibbotson e Ritter (1995), la decisione di quotarsi costituisce parte del ciclo di vita di un’impresa, che si rende necessario quando l’investimento da effettuare sarebbe troppo grande ed illiquido se le azioni non fossero quotate. Analisi passate hanno regolarmente evidenziato una caratteristica o più precisamente “anomalia” comune a quasi tutte le operazioni di quotazione, ovvero l’IPO underpricing. Tale fenomeno può essere riscontrato ogni qualvolta i prezzi di emissione risultino sistematicamente inferiori ai prezzi rilevati il primo giorno di quotazione. In altri termini, può essere definito come la differenza tra il prezzo di collocamento dei titoli e la quotazione registrata nel periodo immediatamente successivo all'offerta (ossia il primo giorno di contrattazione), al netto della variazione dell'indice di borsa in esame. L'IPO underpricing è un fenomeno comune alla maggior parte dei mercati azionari, sia in quelli “sviluppati” che in quelli “emergenti”, nonostante il suo livello vari da Paese a Paese. I primi studiosi a documentare questa “anomalia” del mercato furono Logue (1973) e Ibbotson (1975): essi riscontrarono un underpricing medio dell'11,4% per gli IPOs condotti negli anni '60 negli USA. Ritter (1984), invece, rilevò un underpricing medio del 18,8% per i circa 5000 IPOs condotti negli USA fra il 1960 ed il 1982. Da lì in poi, numerosi studi hanno cercato di indagare questo fenomeno, avanzando numerose ipotesi esplicative; ma tuttora l'underpricing rappresenta ancora uno dei grandi “puzzle” della finanza a cui gli studiosi del campo tentano di darvi risposta (Brealey e Myers, 1991). Ad ogni modo, una percezione comune è che l'underpricing di un'IPO sia in contraddizione con quanto suggerito dalla teoria economica, in base alla quale, in un mercato perfetto ed efficiente, le società non dovrebbero certo essere propense a "leave money on the table". Da questo punto di vista, un caso emblematico è quello della Cina, dove si sono osservati livelli di underpricing che variano dal 124% al 949% (Chi e Padgett, (2005); Su e Fleisher, (1999); Yu e Tse, (2006)). Valori ben al di sopra di quelli comunemente osservati nelle economie sviluppate dove gli abnormal returns rientrano in un range da 11% a 48% (Loughran e Rydqvist, (1994); Ljunqvist, (1997); Ritter e Welch, (2002)); ma ciò che sorprende è che non è possibile riscontrare similitudini neanche con gli underpricing registrati nelle altre economie emergenti (come India e Brasile) dove il valore varia da un minimo di 33% fino al 104% (Kim, et al. (1995); Yong, et al., (2003); Marisetty e Subrahmanyam, (2006)). L’obiettivo principale di questa tesi di laurea è quello di cercare di spiegare il motivo per cui l’IPO underpricing viene rilevato in Cina con valori che si discostano ampiamente da quelli osservati in ogni altro Paese del mondo e che lo rendono un fenomeno assolutamente unico nel panorama internazionale.

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5 Introduzione Le initial public offerings (IPO) sono tra le operazioni finanziarie che più hanno riscosso e continuano a riscuotere interesse in letteratura. Il processo attraverso cui una società raccoglie capitali offrendo le sue azioni al pubblico di investitori, infatti, ha attirato l‟attenzione degli studiosi di tutto il mondo per la sua importanza e criticità. Nella letteratura economica esiste un‟ampia raccolta di studi e ricerche, che vagliano i motivi per cui un‟impresa decide di quotarsi. Secondo la teoria del “pecking order” (Myers, 1984), esiste un ordine gerarchico nelle fonti di finanziamento, e la scelta del capitale di rischio è l‟ultima da attuare. Secondo un differente approccio (Myers e Majluf, 1984), i manager, che dispongono di informazioni più precise sul reale stato di salute dell‟impresa, tendono ad offrire azioni solo quando il mercato le sopravvaluta. Per Ibbotson e Ritter (1995), la decisione di quotarsi costituisce parte del ciclo di vita di un‟impresa, che si rende necessario quando l‟investimento da effettuare sarebbe troppo grande ed illiquido se le azioni non fossero quotate. Analisi passate hanno regolarmente evidenziato una caratteristica o più precisamente “anomalia” comune a quasi tutte le operazioni di quotazione, ovvero l‟IPO underpricing. Tale fenomeno può essere riscontrato ogni qualvolta i prezzi di emissione risultino sistematicamente inferiori ai prezzi rilevati il primo giorno di quotazione. In altri termini, può essere definito come la differenza tra il prezzo di collocamento dei titoli e la quotazione registrata nel periodo immediatamente successivo all'offerta (ossia il primo giorno di contrattazione), al netto della variazione dell'indice di borsa in esame. L'IPO underpricing è un fenomeno comune alla maggior parte dei mercati azionari, sia in quelli “sviluppati” che in quelli “emergenti”, nonostante il suo livello vari da Paese a Paese. I primi studiosi a documentare questa “anomalia” del mercato furono Logue (1973) e Ibbotson (1975): essi riscontrarono un underpricing medio dell'11,4% per gli IPOs condotti negli anni '60 negli USA. Ritter (1984), invece,

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