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L'immigrazione in Francia: la crisi nelle banlieues del modello d'integrazione repubblicano e i tentativi di riforma di Sarkozy

Tra la fine di ottobre e la metà di novembre del 2005 un'ondata di sommosse scuote oltre cento città della Francia. Scoppiate nel dipartimento della Seine-Saint-Denis a causa della morte di due adolescenti inseguiti dalla polizia, si diffondono rapidamente in tutto il paese, bruciando per tre settimane le banlieues francesi.
Nel trattare le émeutes, le sommosse urbane in Francia del novembre 2005, sono state messe in evidenza dai media soprattutto le questioni del multiculturalismo e del ruolo dell'islam come chiavi interpretative degli eventi.
In realtà la nostra analisi va a ravvisare in tali avvenimenti una questione molto più complessa, che investe dimensioni sociali (origini popolari), spaziali (città degradate e stigmatizzate con un alto livello di segregazione), etno-razziali (giovani figli di immigrati dall'Africa, direttamente toccati dalle discriminazioni e dal razzismo), e che mette in luce la decomposizione del modello d’integrazione/assimilazione repubblicano. Tale modello, infatti, è messo in crisi dalla disoccupazione giovanile, dalla precarizzazione delle famiglie popolari, dalla segregazione urbana e scolastica e dalle discriminazioni etno-razziali: esso è fondato su una comunità di cittadini formalmente eguali, ma nella realtà sottoposti a trattamenti diseguali.
La società francese si è strutturata su uno Stato centralizzato, con servizi pubblici poderosi, un riferimento forte alla laicità, un'immigrazione di vecchia data legata a una storia coloniale e a una decolonizzazione dolorose, per tradizione estremamente reticente a rispondere alle rivendicazioni che hanno base etnica o culturale. La coesione sociale in Francia si poggia su una concezione di cittadinanza che unisce formalmente tutti gli individui attorno a una nazione, una lingua, uno Stato, un insieme di diritti, indipendentemente dalle loro differenze sociali, religiose, etno-razziali o territoriali. L'idea fondatrice è che essendo o diventando francesi si accetta di appartenere a questa “comunità nazionale di cittadini”, rimettendo dunque alla sfera intima e privata, relegata in secondo piano, le altre dimensioni della propria identità.
Il modello repubblicano francese si ritrova oggi a confrontarsi con contesti storici ed economici che lo rendono meno efficace.
La politica migratoria attuale, dunque, manca di assi chiari e fatica a definire la posta in gioco dell’immigrazione. In certi momenti, l’immigrazione è percepita come un problema, in altri come una soluzione. Questo scoglio non può essere superato se i poteri pubblici non finiscono di considerare l’immigrazione solo sotto il prisma utilitarista di una forza lavoro al servizio dell’interesse economico nazionale. E questo assume una valenza maggiore se si tiene conto del “pillage des cerveaux” dai paesi in via di sviluppo che il nuovo approccio tende a favorire, smentendo il tanto sbandierato “codeveloppement”.
Che l’immigrazione pone dei problemi è evidente. Tuttavia, rappresenta una realtà incontrovertibile, che permarrà ancora a lungo, finché non si rimargineranno gli scarti di ricchezza e sviluppo fra le diverse regioni del mondo. Ma è anche necessaria, in quanto contribuisce alla crescita economica degli stati d’accoglienza che oggi, economicamente e demograficamente, hanno bisogno degli immigrati. Essa è, dunque, inevitabile, ma anche indispensabile. Per questo motivo, sarà di importanza fondamentale come lo Stato francese, ed ancor di più l’Europa nel suo complesso, accoglierà tale sfida.

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INTRODUZIONE Tra la fine di ottobre e la metà di novembre 2005 un'ondata di sommosse ha scosso oltre cento città della Francia. Scoppiate nel dipartimento della Seine-Saint-Denis a causa della morte di due adolescenti che erano inseguiti dalla polizia, si sono rapidamente diffuse in tutto il paese. Nel trattare le sommosse urbane in Francia del novembre 2005, la gran parte dei media stranieri ha evidenziato soprattutto le questioni del multiculturalismo e del ruolo dell'islam come chiavi interpretative degli eventi. La difficoltà della società francese ad integrare popolazioni prevalentemente musulmane provenienti dall'immigrazione è messa insidiosamente sotto accusa. La sfida che il multiculturalismo pone alla Francia rinvierebbe dunque a una dimensione religiosa, quella dell'islam, che troverebbe difficilmente una sua collocazione in una società caratterizzata da una cultura politica laica. In realtà risulterebbe più attinente intravedere in tali avvenimenti una rivolta delle categorie più sfavorite, segnate da una profonda disperazione sociale, di fronte a un “modello repubblicano francese” dal respiro ormai corto, che si mostrerebbe incapace di riconoscere altre identità, di venire a patti con esse e di garantire un alto livello d'integrazione. Sono tutti elementi di cui tener conto in modo da non cadere nell‟errore di ridurre le sommosse di novembre, e più estesamente le tensioni sociali che hanno rivelato, alla sola questione religiosa o multiculturale. È precisamente il suo intrecciarsi con una dimensione sociale che conferisce a tale fenomeno la sua complessità. Sono investiti, infatti, elementi sociali, spaziali ed etno-razziali. Tale analisi a più livelli permette di mostrare che le sommosse non si sono sviluppate soltanto sulla base di differenze sociali e di età, ma che esse hanno posto al centro della contestazione la precarizzazione della frangia proveniente dall'immigrazione, una stratificazione interna che rinvia a posizioni diseguali di fronte alle risorse scolastiche, alle condizioni di vita e al lavoro. Tanto più che, nel contesto francese, la differenziazione del sistema scolastico si riverbera anche sul piano del reclutamento e della performance dei diplomi nel mercato del lavoro, opponendo grandes écoles e università selettive da un lato, e università di massa dall'altro. 7

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Parole chiave

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