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La "violenza di ritorno": una teoria di Maurice Bloch

Questa tesi di laurea nasce come tentativo di esplorare ed illustrare il lavoro dell’antropologo inglese Maurice Bloch sul tema del rituale, focalizzando in particolar modo l’attenzione su alcune strutture irriducibili presenti nella maggior parte dei processi religiosi, analizzandole e argomentandole attraverso numerosi esempi che sottolineano l’importanza dell’elemento trascendentale nella vita quotidiana di ogni individuo.
Per comprendere al meglio il lavoro di Bloch, si è rivelato necessario, tuttavia, partire dalle teorie riguardanti i riti di passaggio formulate da uno dei più noti studiosi di antropologia di tutto il Novecento, Arnold Van Gennep (1873-1957), il quale fu il primo a proporre un’acuta analisi strutturale del rito. Il primo capitolo della tesi, si prefigge come obiettivo, quello di offrire una sintetica ma fedele visione del pensiero del famosissimo antropologo francese, autore nel 1909 de Les rites de passage, secondo il quale, ad ognuna delle tappe della vita di ciascun individuo, corrisponde una serie di cerimonie che hanno il fine di far transitare la persona da una situazione precisa ad un’altra ben definita, garantendo un passaggio privo di pericoli e di traumi. Questo percorso determina la divisione del rituale in tre parti ben distinte e separate, la cui prima tappa comprende i riti di separazione dall’ambiente precedente (riti preliminari), la seconda, i riti eseguiti durante il periodo di margine (riti liminari), e la terza i riti di aggregazione al nuovo ambiente (riti postliminari).
L’analisi strutturale offerta da Van Gennep ripercorre le varie tappe della vita, applicando la sopracitata divisione ad ogni cambiamento di status della persona che prende il via con il periodo di gestazione della donna, fino alla morte dell’individuo e ai conseguenti riti funebri.
Le teorie di Van Gennep furono riprese successivamente da molti altri studiosi e in particolar modo dall’antropologo scozzese Victor Turner (1920-1983), il quale si concentrò maggiormente sull’importanza della fase di margine; questo periodo assume particolare rilievo poiché proprio durante questa fase si verifica, secondo lo studioso, una sospensione delle strutture preesistenti alla quale segue la costruzione delle strutture successive.
Il primo capitolo della tesi, tuttavia, non vuole essere un lavoro di ricostruzione che della storia dei riti di passaggio dal 1909 fino ai giorni nostri, quanto una sintesi molto generale delle teorie alle quali lo stesso Bloch si ispira, per formulare a sua volta alcune interessanti tesi che verranno affrontate nel capitolo successivo.
Il secondo capitolo si apre infatti con un parallelismo tra Van Gennep e Bloch, il quale parte proprio dalla tripartizione dei riti di passaggio teorizzata da Van Gennep, per sviluppare alcune teorie sui rituali presentate nel suo libro del 1992, Prey into Hunter. The Politics of Religious Experience, tradotto in italiano nel 2005 con il titolo Da preda a cacciatore, la politica dell’esperienza religiosa. E’ in larga misura facendo riferimento a questo saggio di Bloch che è costruito il presente lavoro.

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Capitolo 1: I riti di passaggio secondo Arnold Van Gennep 1.1. La “grammatica” dei riti di passaggio Secondo Arnold Van Gennep (1873 – 1957), antropologo francese titolare della cattedra di Etnografia all'Università di Neuchatel, in Svizzera, in tutte le società, sia quelle primitive che contemporanee, si possono effettuare due grandi distinzioni, una a base sessuale, tra uomini e donne e una a base religiosa tra “mondo sacro” e “mondo profano”. Lo stesso Van Gennep ha poi identificato altri livelli di divisione, che riguardano tutto ciò che precede la vita, la vita stessa e ciò che verrà dopo la morte (cfr. Remotti 1985: XVI-XVII). Secondo il succitato antropologo, la vita di ogni individuo facente parte di una società è scandita da una serie di passaggi che determinano di volta in volta la sua posizione sociale; dalla nascita alla morte, si assiste quindi, al verificarsi di una serie di circostanze temporanee attraverso le quali la persona non fa altro che passare da una condizione ad un’altra (Remotti 1985: XVII). Ogni società ha bisogno di regolamentare queste tappe tramite atti specifici, volti a salvaguardare la coesione e la continuità sociale da danni o disagi. Per tale motivo, ad ognuna delle tappe della vita di ogni individuo corrisponde una serie di cerimonie che hanno tutte il fine di far transitare, senza che vi siano pericoli, la persona da una situazione determinata ad un’altra, anch’essa ben determinata (Van Gennep 1909: 5). I riti di passaggio quindi, non sono altro che tutta una serie di meccanismi cerimoniali che accompagnano, controllano e disciplinano tutti i cambiamenti degli individui e dei gruppi (Remotti 1985: XVIII). Per comprendere l’analisi strutturale dei riti di passaggio svolta da Van Gennep, occorre prima di tutto soffermarsi sulla nozione di “margine” coniata appunto dallo stesso antropologo. Il margine o limen è la zona di confine più o meno chiara che funge da anticamera del passaggio a nuove aggregazioni socioculturali, è una zona di transito neutra, indefinita, attraverso la quale avviene il passaggio vero e proprio. Grazie al margine vengono eliminati dal passaggio tutti i bruschi cambiamenti che potrebbero provocare gravi turbamenti nell’individuo, poiché le modifiche vengono così introdotte con cautela, attraverso la gradualità tipica del rituale (Remotti 1985: XIX). La struttura dei riti di passaggio teorizzata da Van Gennep riproduce quella di un passaggio materiale e ideale allo stesso tempo, la cui prima tappa comprende i riti separazione dall’ambiente precedente, (riti preliminari) i riti eseguiti durante il periodo di margine, (riti liminari) e i riti di aggregazione al nuovo ambiente (riti postliminari) (Van Gennep 1909: 10).

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antropologia
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religione
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