L'operaio nella letteratura "paternalista" inglese del XIX secolo e la ricezione italiana della morale selfhelpista
Il lavoro si propone di analizzare un eterogeneo corpus di opere rivolte alle working classes inglesi nel corso dell'Ottocento allo scopo di promuovere presso di esse i valori della borghesia vittoriana; inoltre, si confronterà questa letteratura paternalista con un genere letterario che riscosse una discreta fortuna nell'Italia degli anni '60 (variamente definito come letteratura selfhelpista, lavorista, per il popolo), domandandosi sino a che punto i casi italiani e inglesi siano assimilabili sotto la comune matrice del self help o della morale economica borghese.
L'obiettivo è seguirne lo sviluppo individuando l'origine e l'esaurirsi di questo fenomeno editoriale, le motivazioni religiose e politiche che mossero questi scrittori, le influenze e i legami col mondo industriale e politico, l'etica del lavoro, il modello ideale del lavoratore e delle relazioni sociali che emergono da queste opere e, in parte, si collegano all'ideologia industrialista dei primi imprenditori (esemplare per l'Italia il caso di Alessandro Rossi).
Gli archetipi di questa letteratura vengono rintracciati nel progetto pedagogico intrapreso dalla scrittrice evangelica Hannah More nell'Inghilterra di fine Settecento, percorsa dalle inquietudini causate dalla rivoluzione francese e dalla percezione di un distacco tra la religione e le masse. Un successivo importante sviluppo è individuato negli scritti di Harriet Martineau editi dalla Society for the Diffusion of Useful Knowledge che suggeriscono un punto di svolta nella transizione al capitalismo industriale moderno, secondo l'interpretazione di Polanyi. La figura di Samuel Smiles domina il panorama di questa editoria nella seconda metà del secolo col suo Self-Help e la sua morale basata sul risparmio, l'iniziativa individuale, il distacco da una religione fino ad allora usata per legittimare il rispetto delle gerarchie sociali esistenti.
Smiles rappresenta anche il punto d'incontro tra Inghilterra e Italia, dove si era sviluppata autonomamente una letteratura destinata ai ceti popolari grazie al pionieristico lavoro di Cesare Cantù e alle fortunate traduzioni dei testi di Benjamin Franklin. Strafforello, Lessona, Alfani, Revel, Scarabelli e lo stesso Cantù saranno alcuni tra i nomi, più o meno noti, che negli anni posteriori all'Unità si accinsero a “fare gli Italiani” facendone anche dei buoni lavoratori, in contrasto con la morale cattolica o adattando a essa il selfhelpismo smilesiano ritenuto funzionale allo sviluppo industriale del paese. Riguardo a questi scrittori si accenna anche a possibili influenze francesi (come de Gérando) e si ipotizza che il Self-Help e altri libri fossero l'elaborazione ideologica delle pratiche sociali in vigore in molte industrie, basate sul nesso tra paternalismo e deferenza che doveva continuare a legare le classi sociali anche in presenza dei cambiamenti indotti dall'industrializzazione e dall'urbanesimo.
In conclusione si identificano nella morale cattolica ancora predominante e nelle diffuse resistenze al nuovo modello industriale elementi peculiari al caso italiano, che pure condivide con la letteratura paternalista inglese una tendenza alla progressiva emarginazione delle tematiche religiose a vantaggio di quelle economiche; l'esaurirsi di entrambe queste letterature è rintracciato negli anni '70 col progressivo slittamento verso posizioni conservatrici alimentate dalla paura del socialismo.
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Informazioni tesi
Autore: | Roberto Destefanis |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Storia |
Relatore: | Gian Carlo Jocteau |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 206 |
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