Transessualità e problematiche relative a bambini e adolescenti con DIG
La persona transessuale secondo il DSM-IV soffre del Disturbo dell’Identità di Genere (DIG). Tale espressione si riferisce a una disarmonia presente nell’individuo tra identità di genere e sesso genetico di nascita, al quale sono associati significati culturali e sociali. La persona transessuale intraprende dunque un percorso di trattamenti per conformare l'aspetto fenotipico alla propria identità di genere. La sofferenza della persona transessuale però è dovuta non tanto alla propria condizione intrinseca, ma alle violenze che esercita sull’individuo una società fortemente binaria. La stessa espressione “disturbo d’identità di genere”, conduce a una visione che considera plausibile e naturale la presenza di due polarità sessuali, con la tendenza a stigmatizzare qualunque espressività identitaria si discosti da tale modello. In anni recenti molti medici sono arrivati a considerare questa condizione non più come patologica, ma come una variazione naturale alla concezione comune binaria maschio/femmina. Per comprendere la condizione transessuale è necessario analizzare il concetto di identità sessuale. Le componenti dell’identità sessuale sono:sesso biologico, identità di genere, orientamento sessuale, identità di ruolo, ruolo di genere. Le componenti “sesso biologico”, “identità di genere” e “orientamento sessuale” sono indipendenti l’una dall’altra e possono combinarsi in modalità differenti, dando forma anche a identità sessuali che esulano e si allontanano dalle due polarità maschio-femmina (con identità di genere coerente al sesso biologico e orientamento eterosessuale). Ancora forte però è il richiamo al modello binario, a causa di un incessante lavoro secolare da parte di agenti quali chiesa, istituzioni, e governi. La violenza esercitata dalla società binaria ha riguardato non solo la costruzione sociale del genere con le sue implicazioni, ma anche la costruzione chirurgica del genere, che avviene ancora oggi sui neonati intersessuali. Se nelle società Occidentali il dimorfismo sessuale è stato ritenuto cosa certa, materiale storico e transculturale ha fornito molti esempi che rivelano i vari modi in cui sono stati concepiti genere e sessualità in altre culture. Tra i casi di variabilità di genere in altre culture, ad esempio, si possono annoverare i berdaches presso i nativi americani e le hijras nella società induista.
La letteratura scientifica è concorde nel definire tra primo e secondo-terzo anno di vita del bambino l’instaurarsi dell’identità di genere nucleare. Il bambino con un problema di identità di genere dunque, già dall’età di due-tre anni comincerà a vivere un disagio rispetto la percezione di sé. La situazione si aggrava nell’adolescenza, fase in cui i cambiamenti puberali trasmettono al mondo un’immagine di sè in contrasto con il proprio sentire. Di Ceglie spiega che i problemi d’identità di genere non possono essere considerati né scorretti né cattivi, come spesso famiglia e società tendono a fare. Intervenire nel modo corretto significa salvaguardare il benessere psicofisico di questi bambini e adolescenti. Fondamentale l’atteggiamento della scuola che dovrebbe promuovere una corretta informazione sul tema delle minoranze sessuali e mostrarsi capace di sostenere quei ragazzi con possibile disagio inerente all’identità sessuale. In particolare la scuola italiana invece, non è in grado di fornire a questi ragazzi alcun sostegno. Anche l'atteggiamento degli insegnanti è di fondamentale importanza per prevenire bullismo e discriminazione. Il bullismo omo/transfobico si caratterizza per la presenza diffusa di omofobia e transfobia nella cultura italiana. All’omo/transfobia di derivazione sociale, culturale e istituzionale, si accompagnano inoltre omofobia e transfobia interiorizzate. Nella letteratura scientifica sono molti gli studi che hanno rilevato conseguenze serie tra gli adolescenti vittime di omo/transfobia. Da qui si comprende l’importanza di promuovere strategie d’intervento.
In Italia il percorso di transizione è regolato dal protocollo ONIG (Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere). Numerose sono le critiche rispetto al modello ONIG, che molti vorrebbero vedere sostituito da quello WPATH. Il trattamento ormonale favorisce i presupposti per il benessere psico-fisico delle persone che vivono una intensa disforia di genere. Affrontare una transizione significa scontrarsi con un ambiente sociale tendenzialmente stigmatizzante, a causa di una transfobia più o meno diffusa nella società Occidentale. Nonostante ciò molte sono le persone transessuali che sono riuscite ad affermarsi positivamente. Queste storie costituiscono dei modelli di ruolo positivi e danno speranza a quegli adolescenti che si trovano di fronte a una transizione di genere.
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Informazioni tesi
Autore: | Nicole Sabatini |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi Roma Tre |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Matteo Villanova |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 109 |
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