''Fratelli d'Italia'' di Alberto Arbasino
Lo scrittore e saggista Alberto Arbasino nasce a Voghera, in provincia di Pavia, il 22 Gennaio 1930. L’esordio come scrittore avviene nel 1957 : il suo editor è Italo Calvino. Arbasino è solito rivedere e riscrivere le sue opere, pertanto quasi tutte sono state ripubblicate in edizioni aggiornate ed inoltre, è uno degli scrittori italiani contemporanei più fertili e stimati all’estero. È stato uno dei protagonisti dell’avanguardia letteraria degli anni Sessanta e del Gruppo ‘63 che gli ha spalancato le porte grazie al libro Fratelli d’Italia, che per il Gruppo è la migliore risposta a quella parte critica che continua ad obiettare ai sostenitori del movimento di essere preparati sul piano teorico ma mediocri su quello creativo. Arbasino si trova a respirare quest’aura culturale e ad agire nel medesimo contesto nonostante il suo sviluppo di narratore e di critico si sia svolto e sia proseguito in modo autonomo e con caratteristiche proprie. Proprio perché la nostra letteratura, al contrario di quelle straniere, manca di una tradizione romanzesca ben radicata nella quale poter inserire con naturalezza un discorso completamente nuovo, diventa inevitabile che il romanzo sperimentale si costituisca con violenza e accanimento e come si trovi inoltre, nella situazione sfavorevole di “rivoluzione letteraria”, il che comporta poi un basso grado di leggibilità e una vera difficoltà di accostamento al testo. Che genere di romanzo sia Fratelli d’Italia non è facile a dirsi, non sopporta alcuna definizione e si presenta come il romanzo dove ogni cosa si racconta da sé, dove esiste un “io narrante” che non parla di sé, ma svia il discorso con calcolata casualità sul vero personaggio chiave del quale, d’altra parte, dà solo notizie indirette e apparentemente superficiali per lasciare lo spazio, a lui come agli altri personaggi, di raccontarsi da solo. Il nucleo principale della folla che popola il romanzo è costituito da cinque personaggi: un universitario svizzero a cui è affidato il compito della narrazione e del quale, non a caso si conosce solo il soprannome, l’Elefante; un italiano, intellettuale coltissimo e un pò snob, Antonio; un musicista tedesco, Klaus ; Jean-Claude, un francese irresistibilmente attratto dalla mondanità; Desideria, una principessina nevrotica e adorata; e infine Raimondo, altro intellettuale, ricchissimo, malato di cancro, portatore per tutto il romanzo di un incombente senso di morte. Lo scrittore parla sempre in termini piuttosto negativi della società borghese, torpida ed interessata, intesa ai propri guadagni minuti senza coscienza e consapevolezza del presente e della necessità del bene comune, pettegola e incapace di salti di qualità culturali. Citazioni dotte, preziosi aforismi, satira della borghesia: sono gli ingredienti fondamentali di una ricetta stilistica e propositiva sempre riformulata nell’ opera arbasiniana. Arbasino è sempre stato soprattutto un grande maestro nella riscrittura accurata, minuziosa, quasi maniacale, delle proprie opere: Ri-scrivere per lui significa rendere più adeguato al momento storico in cui scrive. La riscrittura produce un effetto parodico di straniamento sulla vicenda che emerge da quell’avventura letteraria che Arbasino produce come libro di viaggi. Fratelli d’Italia ha ben quattro edizioni: 1963, 1967, 1975 e 1993. In nessuna di esse egli rinuncia alla parodia, dell’epoca e di se stesso, una parodia della parodia che, a dispetto della serietà delle intenzioni, non cade in un tono troppo duro ma lascia spazio a un tono frivolo e scanzonato. La sostanza del romanzo era già tutta nella prima edizione ma la riscrittura ha portato il libro ad un livello sicuramente migliore. Lo scrittore lombardo delinea un’antropologia nazionale e discorre dei caratteri più vistosi dell’Italia più tradizionale a arcaica. Il trasparente disprezzo per le mitologie paesaggistiche e alimentari e i modelli di vita napoletani, con tante insofferenze anche inconsce, spesso si accoppia con quello per l’intero Sud, antropologicamente inteso, con tutti gli stereotipi e pregiudizi. Arbasino propende per la rottura e la discontinuità, per il conflitto e non per la mediazione, non valorizza il presente ma lo dissacra con una sottile ironia. Egli attira l’attenzione sarcastica in particolare sulla piccola borghesia adottando una forma di derisione perché tale classe sociale rappresenta l’avversario da combattere. Il tema del kitsch diventa struttura portante nel romanzo degli anni che si sono abbandonati al kitsch senza ritegno, infatti tra i personaggi che si muovono con estrema disinvoltura, quasi privi di ogni coscienza, si trovano le più severe censure al malcostume sociale politico e culturale del nostro Paese.
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Informazioni tesi
Autore: | Ilaria Sgaglione |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Alberto Granese |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 75 |
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