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Il sistema scolastico ed educativo nel periodo fascista: dalla riforma Gentile alla Carta della scuola

L'opera di riforma scolastica portata avanti da Giuseppe Bottai può essere considerata "la più fascista delle riforme", nonostante Benito Mussolini abbia utilizzato quest'appellativo per descrivere la precedente riforma, quella di Giovanni Gentile. Lo stesso Bottai ironicamente affermò che "non poteva non essere la più fascista delle riforme una riforma che in quel tempo era l'unica che il fascismo avesse organicamente affrontato". Più che altro Mussolini definì la riforma Gentile come "la più fascista delle riforme" poichè la riteneva capace di attuare una scrupolosa selezione degli individui migliori destinati ad occupare i posti più importanti nella gerarchia sociale e politica.
La riforma del '23 assunse a proprio fondamento la concezione aristocratica, secondo cui le scuole secondarie e superiori dovessero essere riservate solo a pochi. Di fatto Gentile realizzò una scuola rigidamente suddivisa a livello secondario in un ramo classico-umanistico destinato ai futuri dirigenti ed in un ramo professionale per il popolo, con l'istituzione degli istituti tecnici.
Gentile in questa sua battaglia finalizzata a costruire una scuola più severa, selettiva, destinata in taluni casi solo alle èlite, non volle rendersi conto di come il fascismo successivamente si sarebbe servito della riforma per effettuare la sua visione antipopolare e antidemocratica, avviando una serie di modifiche che, al di là dello spirito della riforma, puntavano a fare della scuola un semplice strumento di riproduzione dell'adesione ideologica al regime.
Dunque, il problema che il fascismo si pose dopo il '23 fu appunto quello di assorbire la scuola nei suoi quadri politici ed ideologici, sperimentando una serie di politiche scolastiche che vanno dalla "fascistizzazione", con la cosiddetta 'politica dei ritocchi', alla "Carta della scuola".

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1 La scuola è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione CAPITOLO PRIMO LA SCUOLA IN EPOCA PRE-FASCISTA 1.1 La situazione sociale durante l’Unità d’Italia e la Legge Casati Nel 1860 l‟Italia iniziò il proprio cammino scolastico ereditando dagli Stati preunitari una popolazione con il 78% di analfabeti, in gran parte donne ed anziani residenti nel Centro e nel Meridione del Paese, dove si raggiungevano punte di analfabetismo pari al 90%. L‟impegno dello Stato volto ad estirpare la piaga dell‟analfabetismo non interessò solo il mondo dell‟infanzia ma anche quello degli adulti; questi ultimi infatti versavano in condizioni di grave analfabetismo, miseria e isolamento e a nulla erano valse le misure fino ad allora adottate per rendere formalmente obbligatoria l‟istruzione dei fanciulli. 1 La dimensione istituzionale dell‟analfabetismo coincideva con l‟arretratezza e i disagi della società di allora, che avevano un peso notevole sul fenomeno della scolarizzazione già rallentato, peraltro, da una politica scolastica non sempre favorevole alla crescita culturale del popolo e da una resistenza governata dalle esigenze precarie di sopravvivenza. La risoluzione dei problemi sociali era strettamente legata alla necessità di una istruzione pubblica, strumento che avrebbe permesso una maggiore e più consapevole partecipazione alla vita politica e sociale. Il primo provvedimento legislativo sulla scuola italiana fu il regio decreto del 13 novembre 1859 n. 3725 del Regno di Sardegna, conosciuto come “Legge Casati” dal nome del Ministro della Pubblica Istruzione dell‟epoca; entrato in vigore nel 1860 e successivamente esteso, dopo l‟unificazione, a tutta l‟Italia, la legge Casati, che seguì le “leggi Boncompagni” del 1848 2 e la “legge Lanza” del 1857 3 , riformò in modo 1 Cfr. A. MARCIANO, Alfabeto ed educazione: i libri di testo nell’Italia post-risorgimentale, Franco Angeli, Milano, 2004, p.69 ss. 2 Sulle “leggi Boncompagni” M.C. MORANDINI, Scuola e nazione: maestri e istruzione popolare nella costruzione dello stato unitario (1848-1861), Vita e Pensiero, Milano, 2003, p.64 ss. Il Regno Sabaudo emanò nel 1848 le prime leggi organiche di riforma degli studi superiori di indirizzo centralistico e laicistico, dette appunto “Leggi Boncompagni”. I provvedimenti prevedevano un controllo governativo

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dittatura
educazione
educazione fascista
fascismo
formazione
regime fascista
riforma scolastica
scuola

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