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Evoluzione della teoria della guerra giusta e guerre illegittime dell'era post-bipolare

In questa tesi la guerra viene indagata inizialmente in una visione filosofica e storica attraverso un percorso temporale che ne ripercorre i diversi significati, come veniva vista e come veniva fatta, e che tipo di strumento politico rappresentasse, e quali sono state e sono le sue inevitabili conseguenze.
L’analisi continua e interseca un altro dei momenti storici salienti, l’Europa del sistema Westfaliano, quando la guerra veniva minacciata come strumento di politica all’interno del sistema del balance of power, e veniva messa in atto con meno facilità rispetto al passato. Con la crisi del sistema degli stati e della sovranità domestica degli stessi, viene creandosi un sistema internazionale, che viene sempre di più a imporsi e che sarà la base da cui partirà il dibattito in termini di giustizia penale internazionale sulla criminalizzazione della guerra.
Si chiamano così in causa lo Statuto dell’Onu, e le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, La Corte penale Internazionale e i Tribunali speciali dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a comporre il quadro giuridico entro cui gli stati devono o dovrebbero muoversi da cinquant’anni a questa parte quando si parla di relazioni con gli altri stati e soprattutto di conflitti e metodi di risoluzione degli stessi. Proprio in relazione a queste regole del nuovo ordine internazionale vengono analizzati i principali conflitti dell’era post bi-polare, che hanno coinvolto il mondo occidentale (ovvero USA e vari stati dell’Europa centrale e occidentale in diverse coalizioni di volta in volta più agguerrite, e la Nato quale aggregante degli stessi), e porzioni di Medio Oriente (Iraq e Afghanistan) e Europa orientale (Ex Iugoslavia).
Nell’ambito delle guerre globali, ovvero guerre dove è veramente difficile capire chi è contro chi, essendo il nostro nuovo mondo legato in imprescindibili sistemi di scambio globalizzati, (per dirla con C. Galli “la globalizzazione è un mondo in guerra”), e per effetto delle stesse organizzazioni internazionali, guerre del tutti contro tutti, del bene contro il male, dell’antiterrorismo contro gli stati canaglia, della civiltà contro la barbarie, si seguono da vicino quatto grandi conflitti (prima guerra del Golfo, conflitto nei Balcani, guerra in Afghanistan del 2001 e guerra in Iraq del 2003) che hanno sconvolto e distrutto interi stati e città e implicato la morte di migliaia di soldati europei e americani così come migliaia di soldati e civili iracheni, afghani, e iugoslavi.
I conflitti di cui ho parlato sono stati scelti per essere messi in relazione con quello che è il sistema giuridico internazionale penale, e viene posto l’accento su come questo sistema di regole, Patti, Dichiarazioni, e Statuti venga di volta in volta strumentalizzato dalla controparte più forte o che semplicemente è rappresentata negli organi di funzionamento delle organizzazioni internazionali da cui questi provengono(ad es. nel caso del Consiglio di sicurezza dell’Onu, dove i cinque stati uscenti vincitori dalla seconda guerra mondiale detengono il potere di veto ).
Strumentalizzazione e propaganda per la necessità di procacciare risorse sempre più scarse per un sistema di produzione insostenibile, o interventi militari giustificati da motivi umanitari, e minacce terroristiche e in nome della libertà e della democrazia? A questa domanda e ad altri interrogativi ad essa correlati questa tesi tenta di rispondere, con il supporto di autorevoli commentatori, osservatori, ricercatori e giornalisti che spesso sono intervenuti sull’argomento in questi vent’anni di guerra globale e sistemica.

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INTRODUZIONE “PolØmos è padre di tutte le cose”, diceva Eraclito, “la guerra compare in tutte le cose ed è ineliminabile”; la guerra, che fin dal principio fu posta dagli uomini in cielo, gli dèi la amano, e ad essi gli uomini fanno sacrifici propiziatori e dopo la vittoria immolano i prigionieri e lasciano una parte del bottino. Venne così legata al mondo morale delle cose lecite e sante e il guerriero valoroso parve 1 il migliore degli uomini”. Ben riassumono queste poche righe l'atteggiamento che da sempre l'uomo ha avuto nei confronti della guerra dove, fatta eccezione del mondo cinese, che guardava ai guerrieri come ai briganti, e del buddismo, si trattava ovunque di bellicissimo sentimento universale. Naturalmente oggetto di studio lungo l'avvicendarsi dei secoli, ci si rende subito conto come sia difficile comprenderne pienamente il senso, sia partendo da un punto di vista storiografico dove se ne descrive la storia la modalità e l'intreccio con l'evoluzione della società e della politica, sia da un punto di vista piø tecnico relativo alla strategia, ci si accorge come sia difficile coglierne i significati. Allora è da un punto di vista filosofico e politologico che si opera, rispondendo alle domande: “perchØ si fa la guerra?” e poi: “che cosa significa la guerra?”, ma ancora le risposte non sembrano essere definitive. E se da “polØmos” deriva “scienza delle guerre”(ovvero la polemologia) e da “werra” (germanico) “la mischia” Rabelais individuava in “bellum” quel risaltare della qualità della bellezza che avviene in guerra, la stessa esaltazione della bellezza di cui parla Nietzche e che per de Maistre diventa sinonimo di divinità. Dal lato opposto, in “La Repubblica” Platone afferma che la guerra è vanità ovvero “massima fonte di mali privati e pubblici” intendendola come un surplus 1 Da Note di polemologia <http://www.enzino.net/page 3.html>, 2001. 5

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