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La protezione degli investimenti nel diritto internazionale

La crescita degli IDE negli ultimi decenni, il ruolo che ricoprono nel processo di globalizzazione e la loro centralità nelle attuali politiche di sviluppo rendono il regime internazionale di queste operazioni un campo privilegiato per vagliare come l’ordinamento giuridico internazionale interagisca con il processo di globalizzazione e con le trasformazioni che questo comporta nella struttura delle relazioni economiche e nelle attitudini degli attori internazionali.
In quest’ottica il lavoro ha prestato attenzione all’evoluzione, nell’ultimo quarto del XX secolo, dell’insieme di norme e principi aventi per oggetto il trattamento e la protezione delle operazioni di IDE dal c.d. rischio politico attraverso l’imposizione di obblighi di comportamento allo Stato ospite.
In primo luogo si è ricercata una definizione giuridica di queste operazioni economiche. A questo scopo si è posta attenzione, nell’assenza di norme generali significative, alle definizioni adottate negli strumenti convenzionali. In questi l’investimento viene in luce come operazione, spesso complessa, caratterizzata dall’impiego durevole di risorse, dall’assunzione di un rischio e dal contributo allo sviluppo del paese ospite, mentre non è richiesta espressamente la partecipazione alla gestione che pure distingue, sul piano economico, l’investimento diretto dall’investimento di portafoglio.
Si è successivamente operata una ricognizione delle norme consuetudinarie applicabili alla materia confrontandole con le soluzioni rinvenibili nei numerosi strumenti convenzionali (bilaterali e plurilaterali) adottati nell’ultimo ventennio.
In termini generali, l’evoluzione prodottasi nella materia si è mossa, al fine di promuovere la realizzazione di operazioni di IDE, nella direzione di un rafforzamento delle garanzie offerte agli operatori economici transnazionali attraverso il superamento delle controversie che avevano caratterizzato la materia nel corso degli anni settanta. Tale evoluzione, si è principalmente basata sull’adozione di strumenti bilaterali ad hoc e si caratterizza per l’attribuzione di diritti immediatamente agli operatori economici.
Alle controversie sul contenuto del consuetudinario minimum standard di trattamento ha fatto luogo l’affermarsi di standards convenzionali (nazionale, most favoured nation, giusto ed equo) che risultano spesso combinati tra di loro e che meglio rispondono alle esigenze di tutela degli operatori economici. Ad essi si affiancano più specifici obblighi di trattamento inerenti alle materie centrali nella conduzione dell’investimento ed alle attività correlate all’investimento perchè accessorie al suo svolgimento.
In tema di garanzie nei confronti di espropriazioni da parte dello Stato ospite è significativo che gli strumenti convenzionali facciano di frequente riferimento alle c.d. espropriazioni de facto, misure che non hanno come oggetto o scopo la deliberata privazione dell’investitore dei diritti patrimoniali collegati all’operazione di investimento, ma che, nel loro combinarsi nelle circostanze del caso, producono un effetto sostanzialmente equivalente svuotando di valore l’investimento.
Gli strumenti convenzionali innovano anche rispetto al quantum dell’indennizzo dovuto a fronte di un’espropriazione. L’indennizzo viene indicato come “adeguato” o “pieno” (adequate; full) con riferimento al valore di mercato dell’investimento prima che divenisse pubblica l’intenzione di espropriarlo. Rispetto al quomodo la gran parte degli accordi richiede che il pagamento dell’indennizzo sia senza indebito ritardo, pienamente realizzabile, in valuta convertibile e liberamente trasferibile.
Gli elementi di maggiore innovazione presenti nella pratica convenzionale si rinvengono, però, nelle procedure di risoluzione delle controversie e sono volti ad evitare i rischi di arbitrarietà e di “politicizzazione” della controversia insiti nel tradizionale istituto della protezione diplomatica, collocandosi nella direzione auspicata dalla CIG nel caso della Barcelona Traction ltd.(1970). Si registra così l’affermarsi di clausole che conferiscono all’investitore la possibilità di agire personalmente davanti ad organi giudiziari estranei all’organizzazione giudiziaria statuale per far valere una violazione degli obblighi internazionali convenzionalmente assunti dallo Stato ospite mediante il ricorso a procedure di livello internazionale che lo esimono, almeno in un primo momento, dalla necessità di richiedere l’aleatorio intervento del proprio Stato d’origine offrendogli al contempo una garanzia di imparzialità.
In un'ampia prassi è possibile individuare alcuni elementi comuni che indicano delle linee di tendenza....

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CAPITOLO PRIMO Introduzione. SOMMARIO: 1. Note introduttive. -1.1. Il processo di globalizzazione e gli investimenti diretti all’estero. -1.2. Gli attori internazionali: le imprese multinazionali e gli Stati. -2. La definizione dell’IDE. -2.1. La nozione economica. -2.2. Una definizione giuridica? 1. Note introduttive. Il mondo contemporaneo va verso la globalizzazione. L’asserzione, che ha quasi la forza del luogo comune, tende a porsi quale paradigma 1 interpretativo in sostituzione delle svanite contrapposizioni Ovest-Est e Nord-Sud che avevano caratterizzato il pensiero, non solo occidentale, nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale 2 . Il termine globalizzazione (globalization, mondialisation) fa riferimento ad un processo che trova la propria origine nelle trasformazioni della struttura economica internazionale, già avviatesi nell’immediato dopoguerra ed ulteriormente intensificatesi nel corso dell’ultimo quindicennio, ed investe anche altri, molteplici, campi dell’esperienza umana. Il diritto internazionale, quale fenomeno di regolazione sociale della comunità internazionale, interagisce con questo processo instaurando con esso un duplice rapporto. Da un lato riflette i cambiamenti indotti da questo processo, poiché le modificazioni della struttura delle relazioni economiche internazionali incidono sulla struttura complessiva della comunità internazionale ed influenzano, attraverso la 1 Per “paradigma” si intende un concetto largamente condiviso che costituisce, al tempo stesso, (a) la percezione e l’interpretazione dominanti della situazione complessiva, (b) un criterio per la condotta adeguata, (c) un punto di riferimento per il dibattito sull’azione politica controversa e per i processi di interpretazione ed applicazione delle norme giuridiche; un paradigma è determinato in parte da una situazione oggettiva ed in parte dalle percezioni e dalle attitudini culturali ed ideologiche. In questo senso v. T.H. WAELDE, A Requiem for the “New International Economic Order: The Rise and Fall of Paradigms in International Economic Law, in Liber Amicorum Professor I. Seidl-Hohenveldern, The Hague, 1998, pg. 774 e 800; G. ABI-SAAB, La souveraineté sur les ressources naturelles, in Droit International, Bilan et Perspectives, (ed. M. BEDJAOUI), Paris, 1991, pg. 663. 2 per un’ipotesi completamente diversa e che presta prevalente attenzione alle rappresentazioni - nel significato antropologico - della politica mondiale si veda C. GEERTZ, Mondo globale, mondi locali, 1999, Bologna, pg. 14, secondo il quale l’abbandono di un mondo di potenze compatte e di blocchi rivali ha prodotto una generale impressione di instabilità ed insicurezza senza lasciar affiorare l’immagine di un nuovo ordine: “Le simmetrie del terrore delineatesi nell’era post-bellica si sono dissolte ed a noi non restano che i loro frammenti [….] il mondo è trasformato in un patchwork onnipresente con il quale dobbiamo fare i conti.“

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