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Il modello islamico: appunti su diritti, shar'ia e costituzioni

La carta geografica del mondo è oggetto di mutamenti epocali che vanno dalla graduale convergenza fra i sistemi occidentali, al ridimensionamento del modello socialista, alla presa di coscienza del mondo giuridico non occidentale. Di fronte a tale accelerazione storica la comparazione giuridica è chiamata ad una totale revisione delle proprie categorie ordinanti. Il presente contributo mira a raccogliere la sfida sul presupposto che, in una prospettiva non eurocentrica, i diversi modelli di organizzazione sociale fondati sulla prevalenza del diritto (rule of law), su quella della politica (rule of politics) o su quella della tradizione (rule of tradition) abbiano tutti medesima dignità. Di qui il superamento della sistemologia tradizionale. Il mio contributo nella fattispecie si focalizza sul «cosiddetto» diritto islamico, così aggettivato in un prestigioso manuale di diritto comparato e dunque se un diritto nel senso che la tradizione occidentale attribuisce a questo termine esiste in una serie di paesi in cui le regole e il sistema giuridico sono fondate sul Corano e la sharì’a. Sovente i musulmani amano dire agli osservatori esterni che l’Islam non è una semplice religione, categoria troppo occidentale e legata alla tradizione giudaico-cristiana, ma un modo di vita, inglobante tutti gli aspetti del pio musulmano. In questo modo, in realtà essi cercano di ricordare al lettore occidentale, abituato all’individualismo religioso e ai sistemi separatisti tra stato e chiese, che egli si deve sforzare di penetrare per quanto possibile la complessità e la ricchezza senza ridurla sbrigativamente ai propri parametri od alle proprie abitudini, sfuggendo così alla trappola, ricostruita da Edward Said, dei vari «orientalismi». Dietro la superficie di credenze e pratiche ancorate in un comune testo sacro, il Corano, e alla sua rivelazione, si cela la realtà di un mondo variegato e complesso, che è sempre pericoloso ridurre ad una unità semplificante. Di qui dunque la scoperta che il diritto dei paesi islamici ha in sé elementi di grande originalità che consentono di presentarlo come modello autonomo capace di confrontarsi e dialogare con i grandi sistemi giuridici contemporanei. Anzi a volte condividendone lo stesso cammino e gli stessi problemi.

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5 PREMESSA La carta geografica del mondo è oggetto di mutamenti epocali che vanno dalla graduale convergenza fra i sistemi occidentali, al ridimensionamento del modello socialista, alla presa di coscienza del mondo giuridico non occidentale. Di fronte a tale accelerazione storica la comparazione giuridica è chiamata ad una totale revisione delle proprie categorie ordinanti. Il presente contributo mira a raccogliere la sfida sul presupposto che, in una prospettiva non eurocentrica, i diversi modelli di organizzazione sociale fondati sulla prevalenza del diritto (rule of law), su quella della politica (rule of politics) o su quella della tradizione (rule of tradition) abbiano tutti medesima dignità. Di qui il superamento della sistemologia tradizionale. Il mio contributo nella fattispecie si focalizza sul «cosiddetto» diritto islamico, così aggettivato in un prestigioso manuale di diritto comparato1 e dunque se un diritto nel senso che la tradizione occidentale attribuisce a questo termine esiste in una serie di paesi in cui le regole e il sistema giuridico sono fondate sul Corano e la sharì’a. Sovente i musulmani amano dire agli osservatori esterni che l‟Islam non è una semplice religione, categoria troppo occidentale e legata alla tradizione giudaico-cristiana, ma 1 Cfr. Gambaro, A. e Sacco, R., Sistemi giuridici comparati, Utet, Torino, 2002, p. 471 ssg.

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Parole chiave

costituzionalismo
costituzione
diritti naturali
diritto musulmano
iran
islam
shar'ia

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