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Alighiero Boetti: storia di una letteratura critica

Storia della fortuna critica di Alghiero Boetti.
La decisione di seguire la linea del tempo cronologico è stata presa proprio per giocare con l'artista. Volevo provare a sfidare le sue regole, scoprire se davvero è stato un giocatore sublime, superiore a tutti. L'opera di Boetti è restia ad una catalogazione filologica, ci scappa, ci sfugge proprio nel momento in cui stiamo per convincerci di averla in pugno. Ripercorrere cronologicamente la storia della letteratura critica di un artista la cui opera già all'inizio viene ritenuta sfuggevole, è un bluff. L'intero lavoro mi è servito per giungere alla conclusione che più ci si affanna a mettere le cose in ordine, più queste sembra che si divertano a porsi disordine. È come tentare di inscatolare qualcosa di impalpabile, un po' come l'ombra di Peter Pan, sempre sfuggente, sempre ironica e sorniona.

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UNA PREMESSA Perchè una storia della letteratura critica su Alighiero Boetti? Fino a qualche mese fa, ad essere sincera,   non avevo mai sentito parlare di Alighiero  Boetti. Nei quattro anni passati a studiare nell'università precedente mi erano mancate le  basi della Storia dell'Arte che in questo ultimo anno a Roma mi sono state date. Durante  una delle lezioni con la professoressa Subrizi,   tra le numerosissime immagini che ci  venivano proiettate sullo schermo, la mia attenzione venne attratta da una in particolare.  Si trattava di una vecchia foto in bianco e nero che raffigurava due persone molto simili  che si tenevano per mano lungo un viale alberato. Il titolo era Gemelli. Mi sono chiesta  chi saranno mai questi due gemelli che si tengono per mano? Alighiero&Boetti, fu la  risposta.  Mi sembrava   un fatto  singolare,  una coppia  di  artisti   fratelli  e  per  di  più  gemelli. Poi iniziai ad informarmi, senza alcun motivo apparente, leggendo qua e là su  internet.   Sembrerà   sciocco,   ma   da   subito   ebbi   la   certezza   che   sarebbe   stato   lui   il  protagonista  della  mia   tesi.  Poi  mi  capitò  di   andare   a  marzo  a  Venezia  per  vedere  "Italics.  Arte  italiana tra tradizione e rivoluzione,  1968­ 2008",  curata da Francesco  Bonami. La prima opera in mostra non si trattava di "All"(2008), di Maurizio Cattelan, i  nove corpi coperti da un lenzuolo in marmo di Carrara, che ti accoglievano all'ingresso  di  Palazzo Grassi.  Era,   invece,  proprio  un'opera  di  Boetti.  Non riuscendo a   trovarla  dovetti chiedere. Mi risposero che si vedeva dalla finestra a fianco al guardaroba, che  dava  direttamente   sul   canale.  A  quel  punto   lo  vidi,   il   suo  Autoritratto   (1993),  una  scultura   in   bronzo,   a   grandezza   naturale,   surriscaldata   all'altezza   della   testa   da   un  dispositivo di resistenze elettriche, le quali, a contatto con il getto d'acqua che fuoriesce  da un tubo retto in mano, provocano nuvole di vapore. Nella didascalia c'era scritto che  l'opera era   stata   ideata  negli  anni   '70,  ma  realizzata  solo nel  1993.  Avrebbe dovuto  essere l'emblema della creatività della sua testa fumante, ma per uno strano scherzo del  destino ha rappresentato anche un'amara riflessione sulla vita dell'artista, morto per un  tumore al cervello nel 1994. Da quel momento ho deciso di scoprire di più della sua  vicenda artistica, della sua vita, del suo pensiero, ed ho scoperto un mondo. Anzi ho  scoperto una visione del mondo, molto più ampia e sfaccettata, una visione globale che  ti insegna a prenderlo per ciò che è, e a cercare di migliorarlo con le piccole cose, i gesti  minimi, le "felici coincidenze", come era solito chiamarle lui, quelle misteriose affinità  4

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