Dentro il carcere e oltre. La devianza minorile tra sanzione e recupero.
“Dentro il carcere e oltre”, è una ricerca sulle carceri e sui servizi che ruotano intorno ad essi, assorbendone le conseguenze. “Tra sanzione e recupero”, è il binomio con cui ogni operatore lotta quotidianamente, è una bilancia che raramente trova un equilibrio. Il mio lavoro è esplorazione di un ambiente sempre avvolto da un alone di ambiguità, è ricerca di risposte deputate a chiarire la complessa peculiarità dei servizi ai quali ho posto le domande, è uno sguardo impercettibile, un osservatore invisibile.
Capire cosa sono i Servizi della Giustizia minorile, che strumenti utilizzano, come e quando operano, chi sono gli operatori deputati a rappresentarli ma soprattutto come vivono e come sopravvivono i ragazzi ai quali questi si riferiscono, quanto è forte il peso della mancata affettività, come gestiscono la loro sessualità; queste le domande che mi sono posta prima di iniziare a chiedermi attraverso quale strategia ottenere risposte. Alla necessità di trovare uno strumento, all’altezza di vagliare una così ampia gamma di argomenti, si affianca la soluzione di svolgere interviste agli operatori stessi, in grado di fornirmi informazioni più vicine alla realtà; tali informazioni mi hanno permesso di disegnare un quadro, completo di colori scuri, colori vivaci, ombre e sfumature, un quadro disegnato con la tela e i pennelli degli operatori, i colori della loro esperienza, le sfumature del loro intimo modo di vivere la loro professione, le sbavature delle frustrazioni e dei freni che subiscono, la luce dei ragazzi, inconsapevoli del segno che lasciano al loro passaggio; io, in questo quadro, ho inserito solo la cornice.
Interviste costruite e svolte al fine di carpire i punti fondamentali delle professioni che si fondono insieme per un unico fine, conoscere la storia professionale che ogni operatore vive e rivive con e per i minori, i metodi e gli strumenti a cui ognuno fa riferimento per tutelarsi e gestire il proprio intimo modo di mettersi in gioco in un ambiente a tratti incomprensibile. In questa fase ho riscontrato più volte la difficoltà, affrontata dagli operatori, a non superare il limite di una relazione con il minore che deve essere esclusivamente mantenuta in termini professionali; in molti sembrano rassegnati a un limite che va oltre la barriera imposta dalle autorità penitenziarie, così ci si ritrova a parlare con operatori che confessano, senza timori, di essere umani e, in quanto tali, di investire il proprio cuore anche laddove non dovrebbe essere coinvolto. Si parla di operatori che ogni giorno si lanciano in nuove relazioni con nuovi esseri umani, con colpe e dolori diversi sui quali lavorare. Si sono tracciate le competenze affettive e le dinamiche che subentrano al momento in cui la relazione asimmetrica stabilita tra i due protagonisti viene sostituita da un affetto e un empatia differentemente contenibili. Oltre ad aver tracciato le competenze che ogni operatore si riconosce in prima istanza, senza alcun approfondimento di natura deontologica, ho sottolineato le contraddizioni proprie di ogni professione e tutte le caratteristiche che hanno più ragione d’essere se affiancate ai loro opposti, come le frustrazioni e le soddisfazioni, le spinte e i freni, il dare e il ricevere, gli incontri e gli scontri che si intrecciano quotidianamente in ambienti in cui la reclusione altera ogni dinamica relazionale e affettiva.
Rispetto l’affettività dei ragazzi ho provato a capire quanto e come le relazioni che si instaurano con gli operatori, con i ragazzi stessi, con la famiglia, a volte poco presente, altre totalmente assente, possano incidere nel percorso appena intrapreso; un esempio, se pur raro e circoscritto ma non poco rilevante, è la storia di un operatrice che ha adottato un minore venuto a contatto, e non solo di sfuggita, con il circuito penale. La parte d’intervista relativa alla sessualità dei ragazzi è stata carica di silenzi significativi; diffidenza e imbarazzo hanno soffocato la disponibilità di dare delle risposte; i pochi risultati ottenuti sono relativi alla pratica autoerotica, certamente praticata. La disapprovazione sociale e culturale affiancata al persistere di un alone di pregiudizio induce a non palesare desideri omosessuali, qualora fossero presenti.
Non so dire con certezza se i risultati ottenuti siano positivi o negativi, scontati o sorprendenti, generalizzabili o circoscritti alla singola realtà ma posso affermare, azzardando un’opinione strettamente personale, che io ho costruito un immagine diversa da quella che associavo precedentemente alla realtà penitenziaria; sono entusiasta e soddisfatta di aver riscontrato umanità, flessibilità, solidarietà in un contesto di dolore, restrizione e reclusione; questa ricerca non ha un rigore scientifico ma spero sia servita a credere in una favola anche in assenza di un lieto fine.
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Informazioni tesi
Autore: | Selene Gemelli |
Tipo: | Diploma di Laurea |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze dell'Educazione |
Corso: | Educatore Sociale |
Relatore: | Asher Colombo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 82 |
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