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Il ruolo dell'Onu nel conflitto in Iraq

Gli anni novanta del ventesimo secolo sono stati caratterizzati da un cambiamento nelle relazioni internazionali epocale; con la distensione dei rapporti tra Est e Ovest e col simbolico abbattimento del muro di Berlino nel 1989, ci si lasciò alle spalle un sistema di alleanze condizionato dal “bipolarismo” e una strategia militare incentrata sulla deterrenza nucleare (l’“equilibrio del terrore”), e si guardò ad un possibile, anche se incerto quanto indefinito, Nuovo ordine mondiale come ebbe a definirlo il Presidente degli Stati Uniti George Bush nel 1990, perciò a un nuovo assetto geopolitico dell’arena internazionale e con esso a nuove strategie militari di pacificazione.
L’ultimo decennio del secolo ha visto una proliferazione delle situazioni di crisi per la pace e la sicurezza internazionale dovute all’aggravarsi delle tensioni a livello intra-statuale e ai conflitti localizzati che ne derivano; in tale contesto post-guerra fredda, l’ONU, non più paralizzata dai veti incrociati delle superpotenze all’interno del Consiglio di sicurezza, ha cominciato a svolgere con maggiore frequenza e vigore, dopo un quarantennio di relativa stagnazione, il proprio ruolo nel perseguimento del suo obiettivo primario consistente nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, e, in funzione di ciò, ha potuto intervenire, direttamente o attraverso delega agli Stati Membri, realmente nelle situazioni di crisi.
Nonostante questo attivismo, non sono mancati i fallimenti (Somalia, Ruanda, Bosnia, ecc.) che hanno evidenziato sia la scarsa volontà delle grandi Potenze di affrontare con approccio multilaterale le situazioni di crisi sia l’impreparazione dell’ONU a dare una risposta efficace alle nuove patologie della vita di relazione internazionale.

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INTRODUZIONE Gli anni novanta del ventesimo secolo sono stati caratterizzati da un cambiamento nelle relazioni internazionali epocale; con la distensione dei rapporti tra Est e Ovest e col simbolico abbattimento del muro di Berlino nel 1989, ci si lasciò alle spalle un sistema di alleanze condizionato dal “bipolarismo” e una strategia militare incentrata sulla deterrenza nucleare (l’“equilibrio del terrore”), e si guardò ad un possibile, anche se incerto quanto indefinito, Nuovo ordine mondiale come ebbe a definirlo il Presidente degli Stati Uniti George Bush nel 1990, perciò a un nuovo assetto geopolitico dell’arena internazionale e con esso a nuove strategie militari di pacificazione. L’ultimo decennio del secolo ha visto una proliferazione delle situazioni di crisi per la pace e la sicurezza internazionale dovute all’aggravarsi delle tensioni a livello intra-statuale e ai conflitti localizzati che ne derivano; in tale contesto post-guerra fredda, l’ONU, non più paralizzata dai veti incrociati delle superpotenze all’interno del Consiglio di sicurezza, ha cominciato a svolgere con maggiore frequenza e vigore, dopo un quarantennio di relativa stagnazione, il proprio ruolo nel perseguimento del suo obiettivo primario consistente nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, e, in funzione di ciò, ha potuto intervenire, direttamente o attraverso delega agli Stati Membri, realmente nelle situazioni di crisi. Nonostante questo attivismo, non sono mancati i fallimenti (Somalia, Ruanda, Bosnia, ecc.) che hanno evidenziato sia la scarsa volontà delle grandi Potenze di affrontare con approccio multilaterale le situazioni di crisi sia l’impreparazione dell’ONU a dare una risposta efficace alle nuove patologie della vita di relazione internazionale. 1

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