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Le malattie di una società pericolosa - Percezione del rischio e Aids in un quartiere a luci rosse di Shanghai

Basandosi su un’etnografia condotta nell’area di Shanghai tra ottobre 2008 e maggio 2009, questa tesi si prefigge lo scopo di indagare il ruolo centrale dei processi socio-culturali nell’influenzare la percezione del rischio di contagio da AIDS e altre malattie a trasmissione sessuale in una moderna metropoli della Cina contemporanea. Al centro dell’analisi sono posti i discorsi formulati, a livelli diversi, attorno alla malattia: le iniziative ufficiali adottate dal governo centrale di fronte al costante aumento di trasmissioni, le parole dei medici e dei pazienti dell’ “Ospedale per le Malattie Contagiose della città di Shanghai” e, soprattutto, il punto di vista delle persone che vivono e lavorano nel quartiere a luci rosse del distretto urbano di Luwan, costituiscono lo spunto per indagare in azione i concetti e i temi fondamentali della riflessione antropologica sulla costruzione sociale del rischio.
I contenuti della tesi si articolano in quattro capitoli strutturati come segue:

1- Presentazione del problema e del tema chiave della vulnerabilità sociale, applicato allo specifico contesto della trasmissione dell’AIDS. Storia della diffusione del contagio in Cina. Analisi delle prime iniziative ufficiali per contrastarne la propagazione e del loro ruolo nella costruzione di un’immagine condivisa della malattia.
2- Problematizzazione del concetto di “gruppo a rischio” riferito alle prostitute cinesi di area metropolitana. Esame della struttura generale del fenomeno prostituzione in Cina. Presentazione della struttura e delle attività del quartiere a luci rosse di Luwan, nel centro di Shanghai. Riflessioni sull’immagine della prostituta e sul ruolo riconosciutole nelle dinamiche di trasmissione dell’AIDS; introduzione del concetto antropologico di blaming.
3- Analisi di alcune parole chiave nella costruzione del rischio di contagio in Cina (kaifang, “apertura”, luan, “disordine”); indagine dell’interazione fra i piani di spiegazione morale e bio-medica circa la trasmissione dell’AIDS. Riflessione sulle sue ripercussioni in ambito di prevenzione.
4- Ruolo della stigmatizzazione di AIDS e malattie a trasmissione sessuale; esame delle scelte di cura possibili, presentazione e struttura dell’ “Ospedale per le Malattie Contagiose della città di Shanghai”. Analisi della figura del malato (discorsi e testimonianze). Approfondimento del concetto di disonore associato all'infezione da HIV.

In appendice sono riportati i testi integrali, in originale e in traduzione, delle interviste registrate durante l’etnografia.

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154 CONCLUSIONE Prima di partire per il campo, non avevo mai dato particolare credito ai discorsi che dipingevano l’antropologia come un mestiere, basato sul fare, prima ancora che sul pensare. L’immagine dell’antropologo-carpentiere, impegnato a costruire sulla propria esperienza le basi delle teorizzazioni che andava proponendo, mi aveva sì affascinato, facendo in modo che mi avvicinassi a questa disciplina, ma rimaneva comunque qualcosa di epico, distante e in qualche modo eccessivamente romantico per i miei gusti. Quando è arrivato il momento di stendere il mio progetto di ricerca, da persona pragmatica, quale sono, mi sono impegnata a disegnare profili ben concreti per il lavoro che avrei successivamente svolto: dopo aver studiato molto, ho elaborato un piano da seguire, degli argomenti da toccare, un’ipotesi da dimostrare e delle domande predisposte per raggiungere il mio scopo. Nel farlo, non avevo lasciato molto spazio al poetico artigiano di cui avevo letto nei libri, impegnato a scolpire la propria etnografia nella relazione dialogica e di scambio fra sé e il proprio campo. Preferivo pensare che, armata di una buona teoria, la pratica non avrebbe potuto fare altro se non assecondare le ottime idee che ritenevo di avere. Una volta arrivata in Cina, mi sono bastati pochi giorni per cogliere l’ingenuità di questo mio atteggiamento: oltre all’infinita serie di problemi burocratici e logistici che mi trovavo di continuo a dover risolvere, niente, sul campo, si presentava dotato della linearità che mi ero prefigurata e nulla, nel materiale che andavo accumulando, mi sembrava in grado di poter confluire entro un quadro teorico dotato di una qualche

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