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La Responsabilità Sociale d'Impresa in Italia: il caso Lentati & Partners

In questi ultimi decenni si sta manifestando sempre di più una sorta di cultura del denaro: investire bene e a fin di bene. Il desiderio è di realizzare qualcosa che vada contro la logica corrente di gestione del denaro e del risparmio, per concretizzare comportamenti e programmi operativi veramente utili alla società e allo sviluppo equilibrato e sostenibile. Il clamore che le vicende di scandali finanziari hanno suscitato negli ultimi anni ha avuto infatti come conseguenza l’impulso a considerare l’impresa sotto un profilo già noto, ma probabilmente ancora poco sviluppato: quello dell’etica. Di etica si può parlare a diversi livelli, da quelli più filosofici e metafisici, a quelli che si collocano maggiormente nella sfera della concretezza e dell’impatto che sortiscono sull’impresa. L’interesse che ci muove in questo campo è piuttosto quello concreto, che mira alla valutazione del comportamento dell’impresa, in un’ottica di miglioramento delle pratiche aziendali.
Si entra di conseguenza, e per la necessità di delimitare il campo d’azione di questa trattazione, nell’ambito della Responsabilità Sociale dell’Impresa (RSI) o della Corporate Social Responsibility (CSR), adottando una terminologia internazionale e generalmente riconosciuta.
Alla luce di ciò, il comportamento che viene richiesto all’impresa è quello che viene definito socialmente responsabile, ove per ‘responsabilità sociale’ si considera non solo la responsabilità giuridica dell’impresa, ma una responsabilità che coglie aspetti più rilevanti e vasti e, soprattutto, che coinvolge ampie fasce di soggetti che, pur non essendo titolari di azioni (o di altro titolo che attribuisca un diritto alla partecipazione nella impresa costituita in forma societaria), vantano un interesse di fatto a partecipare alla gestione dell’impresa stessa (stakeholder). Tale categoria risulta essere piuttosto eterogenea, in quanto è comprensiva sia di soggetti che hanno un rapporto contrattuale con l’impresa (consumatori, fornitori, dipendenti), sia di soggetti che non sono legati a quest’ultima da un rapporto specifico, come la comunità nella quale opera l’impresa o lo stesso Stato. A tal proposito è bene ricordare che il modello di Welfare State sembra ormai aver esaurito la sua spinta propulsiva; emerge una nuova configurazione tra Stato e cittadini, tra Stato e società civile, incentrata non più sul paternalismo dello stato moderno bensì sul principio di sussidiarietà, quale fondamento e propulsore del passaggio dal Welfare State a quella che potremmo definire Welfare Community ( o Welfare society ).

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1 Introduzione In questi ultimi decenni si sta manifestando sempre di più una sorta di cultura del denaro: investire bene e a fin di bene. Il desiderio è di realizzare qualcosa che vada contro la logica corrente di gestione del denaro e del risparmio, per concretizzare comportamenti e programmi operativi veramente utili alla società e allo sviluppo equilibrato e sostenibile. Il clamore che le vicende di scandali finanziari hanno suscitato negli ultimi anni ha avuto infatti come conseguenza l’impulso a considerare l’impresa sotto un profilo già noto, ma probabilmente ancora poco sviluppato: quello dell’etica. Di etica si può parlare a diversi livelli, da quelli più filosofici e metafisici, a quelli che si collocano maggiormente nella sfera della concretezza e dell’impatto che sortiscono sull’impresa. L’interesse che ci muove in questo campo è piuttosto quello concreto, che mira alla valutazione del comportamento dell’impresa, in un’ottica di miglioramento delle pratiche aziendali. Si entra di conseguenza, e per la necessità di delimitare il campo d’azione di questa trattazione, nell’ambito della Responsabilità Sociale dell’Impresa (RSI) o della Corporate Social Responsibility (CSR), adottando una terminologia internazionale e generalmente riconosciuta. Alla luce di ciò, il comportamento che viene richiesto all’impresa è quello che viene definito socialmente responsabile, ove per ‘responsabilità sociale’ si considera non solo la responsabilità giuridica dell’impresa, ma una responsabilità che coglie aspetti più rilevanti e vasti e, soprattutto, che coinvolge ampie fasce di soggetti che, pur non essendo titolari di azioni (o di altro titolo che attribuisca un diritto alla partecipazione nella impresa costituita in forma societaria), vantano un interesse di fatto a partecipare alla gestione dell’impresa stessa (stakeholder). Tale categoria risulta essere piuttosto eterogenea, in quanto è comprensiva sia di soggetti che hanno un rapporto contrattuale con l’impresa (consumatori, fornitori, dipendenti), sia di soggetti che non sono legati a quest’ultima da un rapporto specifico, come la comunità nella quale opera l’impresa o lo stesso Stato. A tal proposito è bene ricordare che il modello di Welfare State sembra ormai aver esaurito la sua spinta propulsiva; emerge una nuova configurazione tra Stato e cittadini, tra Stato e società civile, incentrata non più sul paternalismo dello stato moderno bensì sul principio di sussidiarietà, quale fondamento e propulsore del

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economia aziendale
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