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L'esperienza di maternità. Inchiesta su gestanti e puerpere presso un ospedale lombardo

Il tema della maternità è di grande rilevanza per le valenze psicologiche e sociali che implica. Secondo i dati Istat del 1996, in Italia c’è un rapporto di 9,1 nati vivi su 1000 abitanti, il che pone il nostro paese al penultimo posto mondiale per tasso di natalità. Un altro elemento, che rende importante lo studio in questo ambito, è la recente trasformazione degli enti ospedalieri in “aziende”. I responsabili non solo devono gestire attentamente le risorse tecnico-finanziarie, ma anche confrontarsi con le esigenze e le richieste di un’utenza del tutto particolare.

Tema della prima parte di questa trattazione è la maternità in alcuni tra gli aspetti più generali. La nascita dei figli è da sempre un fenomeno sociale e culturale, e questo è vero anche oggi che viene diffusamente vissuta in ospedale. Tra i problemi della cosiddetta “medicalizzazione” del parto, uno dei più dibattuti è l’autonomia generativa, un campo elettivo di incontro tra cultura medica e psicologica. I vissuti emotivi di gestanti e puerpere, non riducibili alle sole dinamiche inconsce, risultano legati a quelle consce e cognitive per generare il temutissimo “dolore” del parto. Nella società attuale l’evento-parto è vissuto in modo meno istintivo e più consapevole che in passato, anche a causa del ruolo della donna, più complesso e responsabilizzato. Le aspettative però vanno vissute in modo realistico, per evitare il rischio di una possibile “colpevolizzazione”. L’ospedale deve ottemperare alle esigenze di sicurezza e umanizzazione: la prassi, il controllo di qualità e la comunicazione devono garantire all’esperienza di parto il minor traumatismo possibile; il rooming-in deve offrire la possibilità di instaurare fin da subito un corretto rapporto tra madre e figlio. Il questionario è lo strumento più usato per controllare la qualità del vissuto in ogni momento della gravidanza.

Nella seconda parte dell’elaborato viene presentata l’indagine che ho condotto presso la divisione ostetrico-ginecologica di un ospedale lombardo, avvalendomi di due questionari appositamente predisposti.
Il presupposto di questo lavoro è che non basta perseguire la “demedicalizzazione” del parto per restituire naturalità all’evento, specie quando ciò comporta una eccessiva responsabilizzazione della partoriente. E’ invece necessario agire affinché si recuperi la sicurezza soggettiva in una dimensione autonoma, ma tenendo in conto le certezze offerte dalla “cultura medicalizzata del parto”.
Lo scopo finale che ho inteso perseguire è il seguente:
• individuare le aree di intervento, per migliorare l’esperienza di maternità attraverso l’analisi del vissuto di chi tale esperienza la vive
Lo strumento d’inchiesta, utilizzato come metodo di feedback informazionale e destinato agli operatori sanitari, è il questionario autosomministrato, previsto in forma anonima e strutturata.
Con un primo questionario ho indagato l’esperienza di gestazione, evidenziando le caratteristiche socio-anagrafiche di coloro che partecipano al corso di preparazione al parto, organizzato presso la struttura ospedaliera in esame. Inoltre ho considerato due modelli di identità sociale delle gestanti, e due tipi di ansia preparto che le caratterizza.
Quindi, con un altro questionario, ho indagato modalità e vissuti dell’esperienza di parto e di puerperio, evidenziando alcuni elementi in grado di determinarne la qualità percepita: dal tipo di parto, all’aiuto ricevuto, ai fattori attribuzionali, al servizio di rooming-in.
La prova delle ipotesi è stata ottenuta sia attraverso l’analisi dei dati di ogni singolo questionario, sia mediante il confronto tra pre- e post-parto, relativo ad un sub-campione di soggetti, che li hanno compilati entrambi.
I risultati, complessivamente positivi, inducono a predisporre strategie di miglioramento del corso preparto e del servizio di rooming-in.

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3 3 Introduzione Il tema della maternità è di grande rilevanza per le valenze psicologiche e sociali che implica. Secondo i dati Istat del 1996, in Italia c’è un rapporto di 9,1 nati vivi su 1000 abitanti, il che pone il nostro paese al penultimo posto mondiale per tasso di natalità. Un altro elemento, che rende importante lo studio in questo ambito, è la recente trasformazione degli enti ospedalieri in “aziende”. I responsabili non solo devono gestire attentamente le risorse tecnico-finanziarie, ma anche confrontarsi con le esigenze e le richieste di un’utenza del tutto particolare. Tema della prima parte di questa trattazione è la maternità in alcuni tra gli aspetti più generali. La nascita dei figli è da sempre un fenomeno sociale e culturale, e questo è vero anche oggi che viene diffusamente vissuta in ospedale. Tra i problemi della cosiddetta “medicalizzazione” del parto, uno dei più dibattuti è l’autonomia generativa, un campo elettivo di incontro tra cultura medica e psicologica. I vissuti emotivi di gestanti e puerpere, non riducibili alle sole dinamiche inconsce, risultano legati a quelle consce e cognitive per generare il temutissimo “dolore” del parto. Nella società attuale l’evento-parto è vissuto in modo meno istintivo e più consapevole che in passato, anche a causa del ruolo della donna, più complesso e responsabilizzato. Le aspettative però vanno vissute in modo realistico, per evitare il rischio di una possibile “colpevolizzazione”. L’ospedale deve ottemperare alle esigenze di sicurezza e umanizzazione: la prassi, il controllo di qualità e la comunicazione devono garantire all’esperienza di parto il minor traumatismo possibile; il rooming-in deve offrire la possibilità di instaurare fin da subito un corretto rapporto tra madre e figlio. Il questionario è lo strumento più usato per controllare la qualità del vissuto in ogni momento della gravidanza. Nella seconda parte dell’elaborato viene presentata l’indagine che ho condotto presso la divisione ostetrico-ginecologica di un ospedale lombardo, avvalendomi di due questionari appositamente predisposti. Il presupposto di questo lavoro è che non basta perseguire la “demedicalizzazione” del parto per restituire naturalità all’evento, specie quando ciò comporta una eccessiva responsabilizzazione della partoriente. E’ invece necessario agire affinché si recuperi la sicurezza soggettiva in una dimensione autonoma, ma

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