La proposta di un gruppo di auto-mutuo-aiuto: un iter progettuale per la prevenzione del disagio psico-sociale giovanile
Con il presente elaborato, tento di compiere un “viaggio” nella mia realtà calabrese, un viaggio nell’ universo giovanile per cercare di esplorare e capire il legame possibile tra contesto sociale e identità soggettiva, mossa dall’esigenza di capire le motivazioni che stanno dietro ad un atteggiamento trasgressivo e deviante. La devianza minorile è un fenomeno complesso, lo stesso termine indica un allontanamento o trasgressione di una norma, ma non implica necessariamente l’acquisizione di un comportamento delinquenziale. Ciò che voglio mettere in evidenza è che dietro ad ogni atto deviante c’è l’espressione di un disagio individuale, famigliare o sociale.
Cogliere questa differenza è importante in quanto “aiuta gli adulti ad assumere un atteggiamento più adeguato, a decidere quando punire , perdonare o negoziare.”
Molta attenzione a queste problematiche viene posta da A. Maggiolini ed E. Riva: “le risposte alle trasgressioni adolescenziali possono essere molteplici, pedagogiche o psicologiche, socio-assistenziali o penali. In ogni caso è necessario che gli adulti si pongano il problema di prevenire il passaggio dalla trasgressività adolescenziale alla delinquenza minorile.” La molteplicità di fattori all’origine della devianza giovanile suggerisce che la prevenzione possa agire a diversi livelli:
Socio-economico,Culturale,Individuale o familiare.Nella mia realtà ho voluto realizzare un tipo di intervento di utilità sociale e impegno civile che si inserisce nell’ottica della prevenzione del disagio psico-sociale-giovanile: la nascita di un gruppo di Auto-mutuo-aiuto composto da adolescenti d’età compresa tra i 12 e i 18 anni a cui ho dato il nome “Una carezza nell’anima”.
In molti contesti locali si comincia ad esigere e riconoscere la necessità di comunità sane e ben organizzate per migliorare la qualità della vita di chi ne fa parte. Da qui nasce l’idea del lavoro di comunità come processo tramite cui si aiutano le persone a migliorare i loro contesti di appartenenza attraverso iniziative collettive. Si può notare l’importanza oggi del community work, ma non solo lavorare con la comunità ma soprattutto per la comunità entrando in rapporto di collaborazione con i decisori politici e con le organizzazioni che operano sul territorio nell’ottica del lavoro di rete e dell’empowerment della comunità stessa. È all’interno del lavoro per la comunità che si inserisce la prospettiva dell’Auto-aiuto o meglio la comunità che si aiuta da sé, utilizzando la metodologia del Modello Sistemico Relazionale che si sta proponendo negli ultimi venti anni come riferimento teorico specifico per il Servizio Sociale. Questo approccio riconosce l’individuo come sistema aperto sottolineando l’importanza del contesto di appartenenza nello sviluppo delle condizioni di disagio.
L’originalità dell’idea progettuale risiede nella nascita del gruppo di Auto-Mutuo-Aiuto in un ambito psico-socio-pedagogico fondamentale come prevenzione e promozione del benessere individuale e collettivo, avente in breve i seguenti obiettivi:Aumentare il grado di autonomia e responsabilità nella relazione tra pari;
Sviluppare collaborazione e solidarietà tra i partecipanti arricchendoli di esperienze e di apprendimenti relazionali; Considerare l’utente come prima risorsa iniziale di sé stesso. Attraverso il gruppo di Auto-mutuo-aiuto si vogliono offrire agli adolescenti occasioni di aggregazione, maggiori opportunità di inserimento sociale e prospettive per il futuro. Uno strumento fino ad oggi poco utilizzato è appunto il gruppo di Auto-mutuo-aiuto, scrivono Zini e Miodini: “è il gruppo in cui gli utenti si auto-gestiscono, gruppo in cui la relazione stessa tra le persone è una risorsa in grado di offrire aiuto”.Oggi questa modalità sta recuperando spazio e riconoscimento soprattutto nei contesti della solidarietà e del sostegno reciproco tra soggetti in difficoltà. Il gruppo di Auto-mutuo-aiuto favorisce il mantenimento del benessere sociale, il quale costituisce la dimensione qualitativa della sopravvivenza. Fondamentali sono quindi gli argomenti trattati per la formazione dei giovani e per dare loro supporto emotivo, affettivo, ma anche informativo e culturale. I temi che vengono affrontati nei relativi laboratori previsti riguardano: il disagio emotivo, il rapporto genitorialità-figli, i disturbi alimentari, l’educazione alla sessualità.Innovative sono soprattutto le metodologie pedagogiche utilizzate come: l’ascolto attivo, la peer education, il circle time, l’educatore di strada.
Ma ciò che mi ha spinto alla progettazione di questo iter sono soprattutto le motivazioni, che risiedono nella particolare situazione socio-economica della regione Calabria.
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Informazioni tesi
Autore: | Marta Tropeano |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Programmazione e gestione dei servizi educativi e formativi |
Relatore: | Anna Amendolea |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 102 |
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