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La nascita del Partito Democratico: dalle subculture politiche alla leadership post-ideologica

Il primo capitolo è dedicato all’evoluzione dei modelli di partito, facendo riferimento alle principali teorie che hanno evidenziato la perdita di influenza delle ideologie e il conseguente declino del comportamento di voto legato all’appartenenza, lo sviluppo delle subculture nella seconda metà del XX secolo e le trasformazioni nei partiti negli anni Novanta. Questa evoluzione segue l’evoluzione sociale a partire dai partiti di notabili, anche definiti partiti di quadri da Maurice Duverger: organizzazioni politiche embrionali attivabili in occasione delle elezioni attorno a notabili influenti. Stein Rokkan ha formulato la più convincente spiegazione del sorgere dei partiti di massa sulle clavages emerse in seguito alla formazione dello Stato nazione e alla Rivoluzione industriale. Il modello del partito di massa ha caratterizzato il dopoguerra italiano con un rilevante potenziale di integrazione sociale contribuendo alla formazione di due subculture territorialmente, culturalmente e socialmente definite come sistemi politici locali con un elevato grado di consenso e un’elevata capacità di aggregazione: la subcultura bianca e quella rossa (Ramella, 2005). Robert Michels ha criticato la tendenza dei partiti di massa alla burocratizzazione, che li portava a perdere la loro missione e capacità di rappresentare le masse. A seguito delle trasformazioni sociali e dello sviluppo dei mezzi di comunicazione, dalla seconda metà del XX secolo, si sviluppa un nuovo modello di partito, definito pigliatutto da Otto Kirchheimeir, elettorale da Luchas Epstein, razionale-efficiente da Woodring Wright e elettorale-professionale da Angelo Panebianco, caratterizzato da una drastica riduzione del bagaglio ideologico e dalla tendenza a strutturarsi come una macchina per raccogliere voti oltre le barriere delle precedenti divisioni di classe (Calise, 2006; Della Porta, 2001; Ignazi, 1997; Pizzorno, 1969). Gli apparati collegiali che hanno sostenuto partiti come la Dc e il Pc, sono progressivamente sostituiti con apparati personali in strutture leggere: il comportamento di voto è sempre meno legato a ragioni di appartenenza e, negli ultimi anni, cresce la figura dell’elettorato liquido (Mannheimer e Natale, 2006). Gli avvenimenti attorno agli anni Novanta hanno portato a una riformulazione dell’offerta politica con la scomparsa di alcuni partiti e la nascita di nuovi: al fine di questa ricerca, si considera la trasformazione del Pc in Pds (Baccetti, 1997; Bellucci et al., 2000) e la fine dell’unità politica dei cattolici nella Dc.
Il secondo capitolo riguarda la nascita del Pd, come forza che ha unito Ds e Margherita, dopo la comune esperienza nell’alleanza dell’Ulivo e i falliti progetti per lo sviluppo di un partito socialdemocratico. Il progetto dell’Ulivo si sviluppa come un cartel party (Della Porta, 2001) ed è un passo verso la nascita del Partito democratico avvenuta il 14 ottobre 2007, attraverso le elezioni primarie che legittimano il leader Walter Veltroni. La prima occasione che mette alla prova il Pd sono le elezioni politiche del 2008, anticipate da una campagna elettorale, che ha suscitato scarso interesse e ha avuto un modesto impatto sul clima di opinione (Vaccari, 2008; Castelli et al., 2007).
Il terzo capitolo tratta la questione della leadership, con l’evoluzione che questa ha incontrato con lo sviluppo nei mezzi di comunicazione e la progressiva tendenza della politica a processi di personalizzazione, dirigismo, mediatizzazione, spettacolarizzazione e professionalizzazione in un contesto di campagne elettorali permanenti. Il caso Veltroni, è studiato come la tendenza a un tipo di leadership post-ideologica. Veltroni ha maturato la propria formazione politica e personale nella Federazione Giovanile Comunisti Italiani ed ha sempre mostrato un profilo ibrido con profondo ecclettismo: da una parte all’interno del partito, ma dall’altra come esperto di comunicazione e spettacolo prestato alla politica. Il suo funambolismo politico, su un filo tutto suo di continuità e rottura con la tradizione del Pc, è stato sorretto da un’intensa attività di marketing personale per la comunicazione di un’immagine post-ideologica, come ha dimostrato anche nel discorso della sua candidatura, al Lingotto di Torino (Capurso, 2008).
Il quarto capitolo è riservato alla mia indagine empirica che mi ha portato ad approfondire gli aspetti studiati nelle parti teoriche: ho scelto di svolgere interviste semi-strutturate a 14 casi appartenenti all’universo dei militanti del Pd nella provincia di Milano, per raccogliere opinioni su alcuni temi selezionati al fine di indagare la questione dell’eterogeneità culturale all’interno del partito.

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4 Introduzione L’evoluzione dei modelli di partito segue l’evoluzione sociale a partire dai partiti di notabili, anche definiti partiti di quadri da Maurice Duverger: organizzazioni politiche embrionali attivabili in occasione delle elezioni attorno a notabili influenti. Stein Rokkan ha formulato la più convincente spiegazione del sorgere dei partiti di massa sulle clavages emerse in seguito alla formazione dello Stato nazione e alla Rivoluzione industriale. Secondo lo studioso norvegese, a partire dagli anni Venti, si è creato un sistema partito pluralista che ha dimostrato stabilità nell’offerta politica, tanto che il modello il modello del partito di massa ha caratterizzato il dopoguerra italiano con un rilevante potenziale di integrazione sociale e una funzione di gatekeeping nel filtrare quei bisogni provenienti dalla società che possono essere espressi in domande. I partiti di massa in Italia hanno contribuito alla formazione di due subculture territorialmente, culturalmente e socialmente definite come sistemi politici locali con un elevato grado di consenso e un’elevata capacità di aggregazione, su cui far crescere la loro differenziazione: la subcultura bianca e quella rossa (Ramella, 2005). Robert Michels ha criticato la tendenza dei partiti di massa alla burocratizzazione, che li portava a perdere la loro missione e capacità di rappresentare le masse. A seguito delle trasformazioni sociali e dello sviluppo dei mezzi di comunicazione, dalla seconda metà del XX secolo, si sviluppa un nuovo modello di partito, definito pigliatutto da Otto Kirchheimeir, elettorale da Luchas Epstein, razionale-efficiente da Woodring Wright e elettorale-professionale da Angelo Panebianco, caratterizzato da una drastica riduzione del bagaglio ideologico e dalla tendenza a strutturarsi come una macchina per raccogliere voti oltre le barriere delle precedenti divisioni di classe (Calise, 2006; Della Porta, 2001; Ignazi, 1997; Pizzorno, 1969).

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