La stauroteca bizantina di Cortona
Quella della Vera Croce fu senz’altro una delle reliquie più importanti, ambita da molti ma posseduta da pochi. Era tra i frammenti più significativi perché, oltre ad essere uno dei massimi simboli di devozione religiosa, era utilizzato come emblema di vittoria dagli imperatori e spesso li accompagnava nelle battaglie, pur se un l’adattamento militare costituì un’attribuzione più rara rispetto a quella
mitica, generalmente conferita alle reliquie o alle icone . La stauroteca bizantina di Cortona (Tav. 1) – oggetto del presente lavoro – costituisce un’eccezione di questo tipo. Un’iscrizione sul retro, realizzata in lettere maiuscole greche disposte in forma di croce, ricorda proprio come un non meglio imprecisato imperatore di nome Niceforo l’abbia utilizzata contro i barbari, quale simbolo di salvezza. È una frase che valorizza il contenuto del reliquiario e non il contenitore, paradossalmente il contrario di quello che avviene oggi, allorché si è propensi ad attribuire un maggior valore storico-artistico alla custodia in avorio, lavoro di elevata qualità tecnica e artistica.
Dobbiamo a frate Elia – personaggio discusso ma affascinate, protagonista dei primi anni del francescanesimo – la possibilità di ammirare quest’opera d’arte. Elia, infatti, la riportò dall’Oriente, anche se non ci è dato sapere il percorso che compì la stauroteca per arrivare nelle sue mani, e la depose nella chiesa di San Francesco a Cortona, un edificio che lui stesso aveva fatto costruire.
La parte anteriore dell’avorio cortonese, scolpita con figure religiose, appartiene stilisticamente e per l’elevata qualità di lavorazione, al X secolo, agli anni della rinascenza macedone , il periodo d’oro dell’impero bizantino, caratterizzato da risorgimento culturale e sviluppo politico. La parte posteriore, occupata dall’iscrizione a forma di croce, di cui si è detto e da un’altra che corre lungo i margini, è stata, invece, oggetto di dibattito per quanto riguarda la datazione. Il problema, tuttavia, ancorché complesso, non è mai stato affrontato in un’opera monografica: di qui la scelta della presente indagine.
In questa sede ci si propone proprio di verificare le varie ipotesi sulla datazione delle iscrizioni, cercando di arrivare ad una conclusione, che si spera definitiva, circa il periodo di produzione e di incisione delle epigrafi.
Dopo un primo capitolo dedicato alla produzione di avori a Costantinopoli nel periodo della rinascenza macedone e un breve sguardo rivolto all’arte religiosa in generale, nel secondo sono raccontati l’arrivo della tavoletta eburnea in Italia e la storia di frate Elia. Nel terzo capitolo si passa alla descrizione della parte anteriore della stauroteca e, infine, nel quarto è affrontato il problema della datazione, preceduto dall’analisi paleografica della scrittura. Considerando che le incisioni caratterizzano il maggior numero degli avori mediobizantini (specialmente quelli di fattura elevata) e partendo dal presupposto che le epigrafi potessero appartenere al X secolo, come la parte anteriore e come la maggior parte degli studiosi aveva ipotizzato, nell’ultimo capitolo mi sono servita di vari confronti paleografici per arrivare ad una datazione più certa e, in modo particolare, ho confrontato le lettere maiuscole della stauroteca con le scritture distintive dei manoscritti greci, arrivando così a verificare l’ipotesi iniziale.
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Informazioni tesi
Autore: | Simona Giorgetti |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Siena |
Facoltà: | Conservazione dei Beni Culturali |
Corso: | archeologia |
Relatore: | Daniele Bianconi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 47 |
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