Le rimanenze di magazzino - Prassi nazionale e prassi internazionale - Dal doc OIC 23 al nuovo IAS n. 2
Dalla sinottica degli orientamenti, che si pongono talvolta come argini alla discrezionalità dei valutatori, validi a livello globale per ogni redattore, manager, competitor o investitore, emergono forti elementi di contatto tra disciplina classica e Principi Internazionali, già validi interamente per le grandi imprese italiane per mezzo della decisione dell’UE, che assurgono al ruolo di criteri guida nelle rilevazioni delle rimanenze di magazzino, vale a dire:
1. è rimanenza ogni giacenza di magazzino se, nella normale attività dell’impresa, costituisce prodotto, ma anche servizio, da cedersi sul mercato o concorre alla produzione/realizzazione di questi;
2. la prudenza impone, inderogabilmente, la valutazione, per l’iscrizione in bilancio, al costo, d’acquisto o di produzione, scevra da utili solo sperati, non ancora conseguiti;
3. il costo sospeso sottolinea che la giacenza è data da beni acquistati o prodotti sì nell’esercizio, ma non di competenza perché saranno venduti od utilizzati in produzione nell’esercizio successivo, e solo allora troveranno correlazione: a fine esercizio, in sede di redazione del bilancio vanno perciò rinviate a futuro mediante iscrizione nello Stato Patrimoniale;
4. la determinazione del costo avviene utilizzando, nella discrezionalità della scelta concessa agli amministratori, solo criteri e metodi accettati globalmente, se il bene è fungibile e cioè FIFO e Media Ponderata, ovvero imputando costi specifici se il bene è economicamente insostituibile con altri;
5. nella composizione dei costi storici valgono: il limite dalla ragionevolezza; il limite temporale dell’esercizio stesso; il criterio generale secondo cui occorre contemplare tutte le spese (sia dirette che generali) che hanno contribuito a porre le rimanenze nel sito e nella condizione in cui si trovano al tempo della valutazione; ovvero l’obbligo di escludere componenti negativi che riguardano esclusivamente inefficienze e perdite dell’esercizio trascorso e pertanto non rinviabili al futuro;
6. in particolare nel costo d’acquisto vanno obbligatoriamente inclusi tutti gli oneri accessori, mentre il costo di produzione è dato da tutti i costi direttamente imputabili al manufatto, ovvero vi si aggiungono quelli indiretti ma comunque ad esso riferibili, determinati mediante i sistemi di analisi e contabilità dei costi (commessa o processo industriale, centro di costo o ABC);
7. per i costi indiretti valgono, nel computo del costo di produzione, i divieti e le deroghe che seguono: vanno esclusi i costi di distribuzione, a meno che ciò non sia giustificato dalla particolare politica di gestione delle scorte prescelta; vanno esclusi gli oneri finanziari, salvo che gli interessi non attengano a debiti indiscutibilmente connessi alla produzione di un unico distinto tipo di prodotto a lenta formazione; si escludono i costi di ricerca, fatta eccezione per le spese di sviluppo specifico;
8. periodicamente il costo va confrontato coi valori di mercato (valore netto di realizzo desumibile dall’andamento di mercato, scontato in virtù delle previsioni sulla concorrenza), e qualora si evinca che l’ammontare a cui la giacenza è iscritta in bilancio esprime un’utilità fittizia, non più recuperabile (attraverso il mercato), la rimanenza va svalutata (direttamente o mediante l’utilizzo di fondi di deprezzamento), tanto più quando il costo a cui si può riprodurre o riacquistare il bene in giacenza (costo di sostituzione) è inferiore al livello dei costi determinati internamente mediante la valorizzazione di carichi e scarichi;
9. la svalutazione va ricomposta mediante ripristino del valore originario se il mercato torna ad esprime la precedente utilità;
10. il concetto di mercato, più che il costo storico, è in taluni casi più idoneo alla valorizzazione delle giacenze: si pensi alla GDO e al "retail method", che consta dell’utilizzo dei prezzi di vendita scontati al profitto unitario; ai prodotti agricoli (e in generale tutti quelli che derivano da attività biologiche) quando non è possibile determinare con precisione i costi di produzione; i sottoprodotti di minor valore o non separatamente identificabili rispetto al prodotto principale, che se valutati al valore netto di realizzo offrono una componente significativa del costo del bene principale; ovvero quando il magazzino accoglie beni destinati a soddisfare ordini di vendita acquisiti e confermati;
11. la rimanenza, infine, si evidenzia come una reale capacità patrimoniale, a disposizione dell’entità e contrattabile con terze economie, nella misura in cui se ne denuncia anche il fair value.
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Informazioni tesi
Autore: | Gianluigi Prositto |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia aziendale |
Relatore: | adele caldarelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 101 |
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