Viaggio attraverso l'arte. Riflessi psicologici tra sublimazione ed espressione: un approccio dinamico
Questo lavoro desidera essere uno strumento che permetta di orientarsi in un settore di studio molto affascinante come quello della psicoanalisi dell’arte. Vorrebbe essere un’opera di sintesi e interpretazione di una bibliografia vasta quanto l’argomento di cui mi sono occupata. L’analisi del materiale è stata impostata allo scopo di presentare un excursus delle idee nella combinazione che appariva più efficace, cercando di offrire una panoramica che rappresentasse lo studio del tema scelto, non dimenticando l’idea originaria, basata sul desiderio di conoscere l’affascinante mondo dell’arte visto in chiave psicologica. Questo studio tenta di proporre il contributo dei moltissimi autori che si sono occupati della materia, rinunciando a delimitare il dominio delle diverse scuole e indirizzi di appartenenza e considerando ognuno come apportatore di esperienza e di conoscenza, secondo la propria ottica. Penso di offrire alcune indicazioni sulle possibilità, i risultati, i limiti, le prospettive e i problemi posti da questo affascinante campo d’indagine, a quanti vorranno attingere per i loro studi. Una volta intrapresa la strada della ricerca bibliografica sul tema, mi sono imbattuta in una vastissima produzione letteraria dal carattere interdisciplinare, curata dai più disparati professionisti: critici, filosofi, letterati, teorici e naturalmente psicologi. Fino agli anni Cinquanta le ricerche psicoanalitiche sull’arte erano abbastanza circoscritte e confinate soprattutto alle riviste specializzate. Dagli anni Sessanta, soprattutto dopo il 1967 – ‘68, la psicoanalisi si è molto estesa culturalmente, dando luogo ad un prolificare di letteratura dedicata al tema dei rapporti tra arte e psicoanalisi su riviste, giornali e periodici ad opera di critici, teorici, storici dell’arte e della letteratura. Un certo sconcerto è arrivato ben presto, costatando che la quasi totale bibliografia risale mediamente a trenta anni fa e in qualche caso alla metà del nostro secolo. Mi sono allora chiesta perché sono così poco numerosi gli studi condotti negli anni recenti e perché la psicologia dell’arte è diventato un campo d’interesse accantonato, e se eventualmente così pochi autori, attualmente, la ritengono una interessante materia di studio come è stato per me. L’occuparmi di materiale un po’ datato, in un periodo storico in fortissima evoluzione e movimento tecnologico, mi ha portato a pensare a varie ipotesi. Forse i numerosi studi sull’arte fatti all’epoca dagli psicoanalisti cosiddetti “selvaggi” hanno determinato la decisione di abbandonare il campo, prima di farsi compromettere troppo. O forse qualcuno si è reso conto che lo studio psicoanalitico non è il più adeguato a sviscerare il mondo artistico, se non rimanendo a livello descrittivo, e con la massima cautela raccomandata dallo stesso Freud. Ritengo che sia impossibile separare un uomo dalla sua arte, poiché i due elementi sono così legati da essere inscindibili. Ogni opera d’arte contiene una parte dell’artista, o come disse Oscar Wilde “ogni opera d’arte è un ritratto dell’artista”. Molti autori si sono dedicati alle ricerche psicoanalitiche sugli artisti tentando di ricostruire i processi interiori dei personaggi rappresentati o estraendo dei motivi simbolici dal significato nascosto. Con questo lavoro è stato trovato un approccio comune a molti di loro nel trattare l’argomento. La maggioranza di essi ha raccolto nel proprio saggio un repertorio piuttosto classico e ricorrente, in riferimento a poche ripetitive argomentazioni. Molti hanno trattato i temi qui proposti ricalcandosi a vicenda o ripercorrendo quasi parallelamente le stesse vie. Il materiale che ho avuto modo di consultare ricordava spesso un altro testo e ciò ha condotto ad una riflessione sulla realtà limitata che il panorama letterario, alla resa dei conti, offre in materia. La limitata quantità di studi rilevanti sull’argomento porta a pensare che la psicologia non è riuscita a cogliere adeguatamente la sfida.
In Italia soprattutto, questo genere di ricerche è poco sfruttato e scarsamente divulgato e apprezzato. Fino agli anni ’80 la psicologia dell’arte era quasi completamente ignota nel nostro paese e fu introdotta ad opera di Arnheim. Rudolf Arnheim nell’introduzione a un suo libro (1966) afferma che psicologia ed arte non appaiono facilmente relazionabili perché il contatto tra i due campi è troppo lieve. Uno psicologo difficilmente sarà anche un artista e troppi artisti continuano ancora a guardare con sospetto gli psicologi, pensando che essi si occupino solo di scoprire i complessi personali. Solo un contatto più intimo tra le due discipline, afferma l’autore, potrà offrire utili informazioni che potranno contribuire alla comprensione della mente umana.
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Informazioni tesi
Autore: | Sabrina Albanese |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1997-98 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Silvana Caluori |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 164 |
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