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Strategie di copertura da rischio finanziario mediante opzioni quotate: una applicazione riferita al mercato italiano

Concepiti essenzialmente come strumenti di copertura dei rischi, i derivati, grazie anche alla loro versatilità, si sono trasformati nel corso degli ultimi anni in strumenti con finalità di speculazione e di arbitraggio, ed hanno nel contempo conosciuto uno sviluppo di dimensioni tali da stravolgere radicalmente i mercati finanziari internazionali. L’obiettivo di questo mio lavoro, che parte da una descrizione sufficientemente ampia dell’evoluzione delle opzioni, dei mercati in cui vengono trattate e dei dispositivi regolamentari e normativi ad esse afferenti, è quello di fornire al lettore la possibilità di poter valutare, attraverso lo studio di casi reali effettivamente presenti nel mercato italiano, le differenti strategie realizzabili mediante l’utilizzo di opzioni.
Per ognuna di queste strategie, studiate sia nella loro formulazione statica cioè a scadenza, sia nella formulazione dinamica cioè nel periodo, si è cercato di evidenziare i differenti livelli di sensibilità del portafoglio al variare delle diverse misure di rischio e della volatilità.
Oltre alle comuni nozioni reperibili nei trattati di matematica finanziaria in materia di strumenti derivati, il quid pluris di questo mio lavoro è sicuramente rappresentato dall’effettiva applicazione delle ben note nozioni teoriche a casi pratici realmente rintracciabili sul mercato, servendosi di complessi modelli integralmente riportati in fogli di calcolo e grafici. A premessa di tale lavoro va detto che la costruzione pratica di strategie in opzioni presenta ben maggiori difficoltà rispetto ad uno studio puramente teorico-statico delle stesse. Questo, com’è intuibile, perché intervengono fattori dinamici esogeni ai modelli statici, i quali interferiscono nella formazione dei prezzi delle opzioni, e tra i quali il più importante è sicuramente la volatilità implicita dei derivati e la difficoltà che essa spesso genera nei Market Makers nell’esser prezzata correttamente, con conseguente ampliamento degli spread offerti.
Tramite questo studio però si è riusciti ad individuare, e di conseguenza misurarne l’effetto sul prezzo degli strumenti, la volatilità dei titoli, che di fatto è l’unico parametro che non può essere osservato direttamente, per impossibilità di inversione delle formule, quando si va ad usare la comune formula di valutazione di Black & Scholes.
Non soltanto, nel corso della trattazione è stata spiegata la complessa figura del Market Maker e la sua incisività, sconosciuta ai più, nella formazione dei prezzi degli strumenti offerti. Infatti, nella costruzione delle citate strategie, è sovente venuta alla luce un’insolita evoluzione del prezzo delle opzioni utilizzate del tutto indipendente dagli andamenti del sottostante, e non spiegabile per cause da imputare alla strategia stessa.
Si è dunque proceduto ad uno “studio nello studio” cioè, nei prospetti di calcolo elaborati, oltre alla volatilità storica, alla volatilità implicita ed alle misure di rischio relative, sono stati introdotti dei calcoli attraverso cui è stato possibile valutare eventuali scostamenti tra prezzi giornalieri attesi sulla base dei parametri noti (prezzi attesi), e prezzi realmente quotati nel mercato.
Il fine ultimo di questo studio è dunque stato quello di poter arrivare a definire se la profittabilità o meno delle strategie sia da imputare ad una scelta sbagliata da parte dell’investitore, dettata magari da aspettative o valutazioni non corrette, ovvero all’andamento anomalo dei prezzi quotati dai Market Maker. Ciò è stato possibile andando a ricostruire i vari pay-off dell’investitore, tenendo conto di strumenti aventi diversi strike price e scadenze.
Nel processo di formazione dei prezzi, è emersa dunque non solo l’importanza di quei fattori notoriamente conosciuti quali fondamentali, ma anche la presenza di ulteriori variabili, certamente meno note e meno osservabili, le quali giocano un ruolo ugualmente fondamentale all’interno del mercato. E, a conclusione di quanto sopra, mi sento di poter affermare che l’errore più grande che si possa fare quando si decide di investire in derivati è certamente quello di pensare che il sottostante sia la sola componente del premio dell’opzione.

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Concepiti essenzialmente come strumenti di copertura dei rischi, i derivati, grazie anche alla loro versatilità, si sono trasformati nel corso degli ultimi anni in strumenti con finalità di speculazione e di arbitraggio, ed hanno nel contempo conosciuto uno sviluppo di dimensioni tali da stravolgere radicalmente i mercati finanziari internazionali. L’obiettivo di questo mio lavoro, che parte da una descrizione sufficientemente ampia dell’evoluzione delle opzioni, dei mercati in cui vengono trattate e dei dispositivi regolamentari e normativi ad esse afferenti, è quello di fornire al lettore la possibilità di poter valutare, attraverso lo studio di casi reali effettivamente presenti nel mercato italiano, le differenti strategie realizzabili mediante l’utilizzo di opzioni. Per ognuna di queste strategie, studiate sia nella loro formulazione statica cioè a scadenza, sia nella formulazione dinamica cioè nel periodo, si è cercato di evidenziare i differenti livelli di sensibilità del portafoglio al variare delle diverse misure di rischio e della volatilità. Oltre alle comuni nozioni reperibili nei trattati di matematica finanziaria in materia di strumenti derivati, il quid pluris di questo mio lavoro è sicuramente rappresentato dall’effettiva applicazione delle ben note nozioni teoriche a casi pratici realmente rintracciabili sul mercato, servendosi di complessi modelli integralmente riportati in fogli di calcolo e grafici. A premessa di tale lavoro va detto che la costruzione pratica di strategie in opzioni presenta ben maggiori difficoltà rispetto ad uno studio puramente teorico-statico delle stesse. Questo, com’è intuibile, perché intervengono fattori dinamici esogeni ai modelli statici, i quali interferiscono nella formazione dei prezzi delle opzioni, e tra i quali il più importante è sicuramente la volatilità implicita dei derivati e la difficoltà che essa spesso genera nei Market Makers nell’esser prezzata correttamente, con conseguente ampliamento degli spread offerti. Tramite questo studio però si è riusciti ad individuare, e di conseguenza misurarne l’effetto sul prezzo degli strumenti, la volatilità dei titoli, che di fatto è l’unico parametro che non può essere osservato direttamente, per impossibilità di inversione delle formule, quando si va ad usare la comune formula di valutazione di Black & Scholes. Non soltanto, nel corso della trattazione è stata spiegata la complessa figura del Market Maker e la sua incisività, sconosciuta ai più, nella formazione dei prezzi degli strumenti offerti. Infatti, nella costruzione delle citate strategie, è sovente venuta alla luce un’insolita evoluzione del prezzo delle opzioni utilizzate del tutto indipendente dagli andamenti del sottostante, e non spiegabile per cause da imputare alla strategia stessa. Si è dunque proceduto ad uno “studio nello studio” cioè, nei prospetti di calcolo elaborati, oltre alla volatilità storica, alla volatilità implicita ed alle misure di rischio relative, sono stati introdotti dei calcoli attraverso cui è stato possibile valutare eventuali scostamenti tra prezzi

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