Annibale: Canne e Zama
“Era Amilcare giovane che veniva loro restituito, pensavano i vecchi soldati; scorgevano in lui la stessa energia nell’espressione e la stessa fierezza negli occhi, lo stesso aspetto, gli stessi tratti. Poi Annibale fece rapidamente in modo che ciò che aveva preso da suo padre diventasse la causa importante del suo favore presso i soldati. Mai uno stesso carattere fu più portato ai comportamenti più opposti, l’obbedienza e il comando. Così, sarebbe stato difficile decidere se egli fosse più caro al generale o all’esercito: non c’era ufficiale che Asdrubale preferisse per un’azione coraggiosa ed energica, né capo con cui i soldati avessero più fiducia o ardimento. Nessuno aveva più audacia nell’affrontare i pericoli, né più sangue freddo in mezzo ai pericoli stessi. Nessun disagio poteva affaticare il suo corpo, né vincere il suo coraggio; aveva un’ eguale resistenza al caldo e al freddo; per il mangiare e il bere, si regolava sui propri bisogni, non sul piacere; per vegliare e dormire non faceva differenza tra il giorno e la notte; il tempo che gli lasciavano i suoi compiti lo dedicava al riposo, che non andava a cercare su un giaciglio morbido o in luogo silenzioso: molti lo videro spesso, coperto dal mantello militare, coricato a terra in mezzo alle sentinelle e i posti di guardia dei soldati. Il suo modo di vestire non si distingueva in nulla da quello dei giovani della sua età: erano le sue armi e i suoi cavalli ad attirare lo sguardo. Era di gran lunga il migliore sia dei fanti che dei cavalieri; andava in battaglia per primo e si ritirava per ultimo. Enormi vizi pareggiavano virtù tanto grandi: una crudeltà inumana, una perfidia più che punica, nessun desiderio di verità, nessun senso del sacro, nessun timore degli dei, nessun rispetto del giuramento, nessuno scrupolo religioso ”.
A chi fanno riferimento queste parole?
La descrizione che qui viene data da Livio si riferisce ad uno dei più grandi comandanti dell’antichità, Annibale Barca, colui il quale, nonostante la sconfitta subita dai Cartaginesi nella prima guerra punica, osò sfidare nuovamente Roma.
Colui il quale, figlio del grande Amilcare, giurò sull’altare di Baal - Ammone, prima di partire per la Spagna, che sarebbe stato il più implacabile nemico dei Romani.
Colui il quale, nella sua campagna italica, uccise così tanti Romani da riuscire ad entrare nella leggenda.
L’obiettivo di questo elaborato è approfondire la conoscenza relativa al percorso storico di questo personaggio, un personaggio che, sin dall’inizio del suo viaggio ha fatto parlare molto di sé a partire dalle età più vicine a lui per giungere fino al presente.
In particolare la prima parte si concentra sullo svolgimento della seconda guerra punica mentre la parte successiva dedica una grande attenzione agli aspetti militari della stessa facendo riferimento con dovizia di particolari alle due battaglie forse più importanti di tutta la campagna. L’una, Canne, segna l’apice della fama di Annibale ed è da considerarsi la più grande vittoria del comandante punico in Italia. Essa rappresenta, inoltre, la più cocente sconfitta cui per molto tempo, forse per sempre, furono sottoposti i Romani. L’altra, Zama, segna la definitiva risurrezione di Roma e l’inizio di una nuova fase della sua politica estera. Essa rappresenta, inoltre, il tramonto della fama di Annibale come comandante militare e questo, anche se, per numerosi altri anni, egli presterà il proprio servizio sia presso i Punici sia presso le corti dei sovrani orientali mantenendo sempre fermo il suo giuramento di non essere mai amico dei Romani.
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Informazioni tesi
Autore: | Mattia Mariani |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze storiche |
Relatore: | Simonetta Segenni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 71 |
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