Gilles Deleuze e le metamorfosi
Le metamorfosi non sono l’oggetto della filosofia di Deleuze. Ne costituiscono un esito, un risultato che retroattivamente agisce su di lei come un’ispirazione. In un certo senso sono ciò che deve essere trovato, ciò a cui Deleuze vuole dare voce, di cui vuole liberare il canto.
Il punto di partenza è l’antiplatonismo, la critica all’immagine dogmatica del pensiero che, inaugurata da Platone, si è poi trasmessa e ha costituito l’immagine, a cui l’occidente si è sempre attenuto per pensare. Immagine che giudica, limita, categorizza la vita.In un certo modo forme e metamorfosi sono le espressioni e il risultato di due diversi modi di combinare e di mettere in rapporto il pensiero e la vita, in vista di un superamento dell’uomo. A ciò si riconducono il tema nietzsceano del superuomo e quello della morte dell’uomo. Cercare un nuovo rapporto di forze in cui la vita non sia più imprigionato dalla forma uomo e dai suoi orizzonti. Disumanizzare il pensiero per potenziare la vita.
Il primo punto è uscire dall’immagine tradizionale e dogmatica del pensiero, e in particolare, dalla sua origine morale, che gli attribuisce di natura una buona volontà, vale a dire lo fa tendere naturalmente al bene e al vero.(buona volontà buon senso e senso comune) La prima preoccupazione platonica è morale, e il suo gesto filosofico è moralizzatore. La sua reale intenzione, a parere di Deleuze, non è infatti quella di distinguere un mondo vero di essenze, da quello delle apparenze, ma più profondamente, allontanare da ciò che si reclama ad uno Stesso, ad un principio di somiglianza e ordine, i simulacri che hanno solo una parvenza di somiglianza. Con il simulacro è tutta la differenza ad essere subordinato ad un principio di Identità, punto trascendente, fondamento di ogni valore, e di ogni verità negli atti e nei pensieri. Il problema della rappresentazione è quella di perdersi la vera differenza.In questo senso Deleuze dice che il gesto filosofico fondamentale di Platone, sia un gesto che autentica, che assicura la purezza di una discendenza, di una famiglia, di una gerarchia. Ciò corrisponde a fondare in qualche modo l’interiorità del pensiero, a collocare ogni verità del pensiero in una dimensione interiore. (la questione del gesto è legata a quella dei personaggi concettuali, nel caso di Platone è Socrate a parlare). Diversamente il gesto deleuziana, sarà in una certa maniera un gesto sciamanico, metamorfico, teso più che a consolidare le forme, a disperderle, e a fare così emergere un altro piano, a fornire un altro sguardo. Filosofare ha molto a che fare con un vedere, in questo caso la questione del pensiero diventa una questione di prospettiva e di percezione. Il pensare e il vedere. Il vedere non esprime quindi una relatività, un soggettivismo, le varie possibilità. Il vedere implica piuttosto un’altra ripartizione di ciò che visto e di ciò che vede, il vedere dipende da un più ampio piano in cui vanno a distribuirsi soggetto, oggetto, Dio, mondo.
Le metamorfosi, all’interno della filosofia deleuziana, indicherebbero dunque il tentativo di dare un nuovo statuto al pensiero, di liberarlo dall’immagine e dalla morale, far s’ che il suo criterio non sia più il vero, ma il nuovo, ciò che è in fieri, che accade. In questo senso i concetti si creano, si inventano, e le metamorfosi si possono considerare come un divenire arte della filosofia, e dei modi di esistenza a cui essa introduce, che porta alla luce, che fa vedere e parlare. Creare concetti, significa creare nuovi eventi, nuove possibilità di vita. Si salta in un piano in cui non ci sono più degli stati, ma solo dei processi, dei divenire.
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Informazioni tesi
Autore: | Valentino Martelozzo |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Umberto CURI |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 174 |
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