La criminalità economica: aspetti di diritto penale interno ed europeo
Il “reato economico” ha sempre costituitouna categoria dall’arduo inquadramento sistematico e contenente condotte profondamente eterogenee. Soltanto al mutare delle condizioni socio-economiche ed all’affermarsi delle attuali dinamiche produttive globali, l’ambito de qua ha guadagnato una certa autonomia concettuale dal più remoto genus del reato “patrimoniale”, pur mantenendo una problematicità che costituisce tutt’oggi uno stimolante banco di prova per gli interpreti.
Né il Codice Rocco, né le soluzioni adottate in altri ordinamenti, hanno saputo approfittare dei numerosi contributi provenienti dagli studi criminologici, sociologici e micro-economici (ampiamente ripercorsi nell’opera), evidenziando quindi una scarsa presa di coscienza del problema ed un approccio talvolta poco aderente alla realtà.
Tra gli anni ’70 e gli anni ‘80 il proliferare di leggi complementari ha aggravato quel “caos” normativo in cui la “criminalità economica” è venuta progressivamente a trovarsi; una timida inversione di tendenza è forse ravvisabile soltanto nei provvedimenti di più recente emanazione, anche in virtù delle indicazioni di stampo comunitario.
Tralasciando sterili velleità catalogative, è ben più opportuno tracciare un quadro degli aspetti comuni alle fattispecie afferenti all’ampio settore in esame.
I reati economici sono perlopiù reati “d’azione”; essi puniscono le condotte poste in essere indipendentemente dal realizzarsi di una certa “lesione” del bene giuridico. Sono per questo sovente reati “di mera condotta” in cui il comportamento incriminato è spesso punibile in forza della “messa in pericolo” dei beni oggetto di tutela; da qui l’ulteriore accostamento alla categoria dei reati “di pericolo presunto”.
Gli illeciti in parola possono essere realizzati anche mediante omissione, e si tratta, quasi sempre, di “reati propri” configurabili solo da parte di soggetti dotati di specifiche funzioni o competenze, con le conseguenti dispute dottrinali sul ruolo che la qualifica dell’autore debba ricoprire nelle attuali teorie del fatto tipico.
A lungo ci si è interrogati sulla natura “superindividuale” dei beni giuridici oggetto di tutela, che ne ha reso difficile l’immediata “afferrabilità” da parte della collettività con evidenti ripercussioni sull’efficacia delle norme incriminatrici, depauperate dell’insopprimibile stigma della disapprovazione sociale che ne costituisce il sostegno più importante, e che continua a mancare nonostante il proliferare di crimini economici di notevole impatto per la comunità.
I reati economici sono principalmente reati dolosi, e la sempre maggiore diffusione di fattispecie in cui è richiesto un “dolo specifico”, unitamente all’estensione della discussa categoria del “dolo eventuale”, riduce sensibilmente l’ambito applicativo della colpa. Non sembrano in proposito riscuotere consensi, perlomeno in giurisprudenza, le teorie sull’ “errore” volte a “scusare” i comportamenti illeciti in forza della possibile ignoranza, o erronea rappresentazione, degli elementi del fatto e soprattutto dei risvolti normativi penali o extrapenali; tuttavia non sono poche le perplessità che questo atteggiamento rigoroso lascia affiorare.
In tema di concorso di persone nel “crimine economico”, occorre rilevare che in questo ambito si individua sovente una struttura complessa, in cui assume notevole importanza il ruolo della delega di funzioni.
Sembra opportuno, superando i discutibili orientamenti affermatisi nel tempo (e di cui l’opera rende conto) recuperare la necessità di un contributo doloso del delegante perché questi possa essere chiamato a rispondere in concorso con il delegato, così come appare auspicabile assicurare al soggetto originariamente qualificato che, agendo diligentemente e conformemente alla norma, non potrà essere passibile di alcun rimprovero.
Ancora un cenno è rivolto all’introduzione, ex lege, della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, che pur non riuscendo a sovvertire del tutto il radicato principio “societas delinquere non potest” ha avuto il merito di incominciare un doveroso cammino di “aggiornamento” del diritto penale, verso la punibilità degli enti nella misura in cui si rendano “protagonisti” di comportamenti illegali.
Non manca un’accurata analisi dei profili sanzionatori connessi alle fattispecie di diritto penale dell’economia, così come dettagliata è l’indagine sull’influsso che gli interventi “sovranazionali” hanno avuto sulla materia, sia in termini di “definizione” del concetto di “reato economico” secondo il Consiglio d’Europa, sia rispetto alle direttive, raccomandazioni e testi legislativi dell’UE. Infine, si pone l’accento su come gli altri ordinamenti continentali hanno adottato soluzioni spesso simili al diritto italiano nella lotta al fenomeno in esame, incontrando difficoltà dalla cui analisi è opportuno trarre indicazioni, anche in Italia, in una prospettiva de jure condendo.
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Informazioni tesi
Autore: | Stefano Carluccio |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi del Sannio |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Scienze giuridiche |
Relatore: | Stefano Torraca |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 90 |
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