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L'adesione della Romania all'interno dell'Unione Europea

Questo scritto vuole analizzare sinteticamente la storia del processo di adesione all’Unione Europea della Romania, un paese dell’Europa dell’Orientale che ancora non ha lo status di membro.
Nonostante vi siano stati notevoli passi avanti sia in campo economico, con un crescita media negli ultimi anni del 6%, che in campo politico, dove sono stati soddisfatti la maggior parte delle richieste europee, la nazione balcanica è ancora lontana dal competere con i membri originari dell’Unione Europea per ricchezza, stabilità di mercato ed influenza politica.
Tuttavia sono evidenti i progressi raggiunti dal paese negli ultimi quindici anni di transizione democratica. Il passaggio da un regime comunista alla democrazia nonché l’abbandono di un economia centralmente pianificata verso il libero mercato ha consentito di accorciare notevolmente il gap esistente rispetto alla media europea.
Nel primo capitolo si evidenzierà il fatto che l’attuale ritardo romeno nell’adempimento dei criteri di Copenhagen, che si è concretizzato nell’escusione della Romania dal gruppo di stati che sono entrati nel 2004, è imputabile alle decisioni politiche prese dai suoi leaders nel periodo che va dal 1990 al 1993, una fase in cui i governi romeni hanno preferito non attuare le riforme economiche e politiche necessarie al paese per timore degli eccessivi costi sociali.
Il secondo capitolo, analizzerà due concetti chiave del processo di allargamento: il concetto di convergenza e di condizionalità. Attraverso un esempio cercherò di evidenziare come l’attuazione del processo di convergenza si sia realizzato in una determinata area di policy grazie all’uso dello strumento della condizionalità politica.
In concreto, attraverso il richiamo alla storia delle relazioni magiaro–romene degli ultimi anni, si vedrà come il paese romeno, dovendo ottemperare ai requisiti politici necessari per l’ adesione si sia adeguato al sistema normativo comunitario, prestando maggiore attenzione verso la minoranza magiara, convergendo quindi in direzione europea nel campo della tutela dei diritti delle minoranze.

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3 Introduzione L’allargamento ad Est dell’Unione Europea del maggio 2004 realizza, per ora solo in parte, l’ obiettivo di riunificare l’Europa in un quadro di stabilità e sicurezza che la Comunità nata dai Trattati di Roma si era posta nella prima metà degli anni ‘90. L’ingresso dei nuovi membri ha assunto principalmente una valenza politica in quanto è stato condizionato dall’adesione ai criteri di Copenhagen e non tanto dal raggiungimento di un livello sviluppo che in termini economici potesse essere paragonato a quello dei paesi membri. Infatti, se l’adesione dipendesse prevalentemente dagli indici di sviluppo economico i paesi dell’ Europa centro-orientale non sarebbero riusciti ad aggregarsi all’Europa se non nel lungo periodo. Il carattere prevalentemente politico dell’ultima tornata di adesioni verso Est, è dimostrato da alcune motivazioni per le quali questo processo è stato attuato.In primo luogo l’interesse di portare stabilità nell’area dei paesi ex- comunisti, e di conseguenza garantire la pace. “Da un lato vi è l’ impatto anche emotivo, dell’ evento epocale della caduta dei regimi comunisti, del rapido riannodarsi di legami culturali, economici e personali mantenuti precariamente in vita tra le due parti d’Europa in lunghi anni di chiusure ma anche di “distensione”. Dall’ altro, vi è l’opportunità, per l’Europa occidentale , di aiutare questi paesi a superare le difficoltà di una lunga transizione politica ed economica e, nel contempo, di creare più forti legami in grado di stabilizzare l’area occidentale” 1 . In secondo luogo, vari interessi e valori hanno concorso nella determinazione dell’ Unione Europea di procedere all’allargamento. Tra i 1 Tito Favaretto, Allargamento a Est e integrazione Europea , Treviso, ISDEE, 2004.

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