La necropoli di Verghina e la pittura a fresco
La maggior parte degli studi prodotti fino ad oggi dimostra che le spoglie conservate nella Tomba II appartengono a due membri della famiglia reale macedone, morti dopo le vittorie di Alessandro in Asia. I due reali sepolti potrebbero essere proprio Filippo III ed Euridice. Filippo II potrebbe essere sepolto nella Tomba I, insieme alla sua famiglia. Qualche altro esponente della famiglia reale dovrebbe essere sepolto nella Tomba III, forse proprio Alessandro IV. Ciò permette di rintracciare un preciso progetto politico che vuole mettere in risalto i legami familiari tra i defunti.
La datazione della Tomba I al 340-330 a.C. e della Tomba II alla fine del quarto secolo potrebbero essere una conferma di questo quadro storico, così come i dati relativi alla necropoli, testimonianti l'abbandono del sito ed il riutilizzo in età ellenistica. Anche il doppio tumulo e le pratiche rituali definite arcaiche ed utilizzate in alcune delle tombe individuate (tombe II e III) sono il frutto di una rielaborazione di fine IV secolo a.C., in larga parte dovuta alla notevole diffusione delle opere di Omero tra i membri della casa reale macedone. Tale fenomeno è testimoniato da Plutarco che racconta della passione di Alessandro per l’Iliade e di quanto ci tenesse a portarla sempre con sè all’interno di una preziosa cassetta . Il motivo di questo ripristino, ispirato dai testi omerici, deve essere ricercato nella politica e nell’ideologia della casa reale macedone che, con il costante richiamarsi alla dinastia Temenide e quindi alle origini greche del popolo macedone, cercava in tutti i modi di legittimare la propria egemonia sulle altre realtà politiche. Tale progetto politico potrebbe essere stato realizzato da Cassandro, che organizzò una cerimonia funebre per Filippo III, Euridice e Cinnanne.
La "Caccia" da Verghina trova una collocazione ragionevole soltanto all'interno di questo quadro ideologico. Difatti solo con la conquista dell'Asia da parte di Alessandro si può giustificare la realizzazione di un'opera che contenga elementi culturali greci e persiani, sintetizzati insieme. Quindi è da scartare l'idea che la "Caccia" sia l’opera iniziatrice del genere delle immagini storiche. Piuttosto deve essere collocata nel solco delle rappresentazioni prodotte per iniziativa di sovrani succeduti ad Alessandro. Le straordinarie analogie tra l'opera da Verghina, i mosaici da Pella e il sarcofago di Alessandro, tutte opere realizzate dopo la fine del IV secolo a.C., sono un'ulteriore dimostrazione di questa tesi. Non vanno trascurate, inoltre, le similitudini tra la “Caccia” di Verghina e la pittura perduta riprodotta nel mosaico della battaglia di Isso. Entrambe le opere appartengono al medesimo orizzonte culturale maturato nel medesimo ambiente di corte. La prima è attribuita a Nikias, che realizzò almeno un ritratto di Alessandro e che era ancora attivo durante il regno di Tolomeo d'Egitto . La seconda è assegnata da Plinio il Vecchio a Philoxenos di Eretria, che avrebbe ricevuto la commissione da Cassandro . Di Philoxenos sappiamo anche che fu discepolo di Nikomachos, a cui alcuni studiosi attribuiscono “Il ratto di Persefone” da Verghina. A proposito delle similitudini tra queste due opere, ricordiamo, infine, che Paolo Moreno ha individuato una stretta relazione tra lo schema figurativo di Dario e l’auriga nel mosaico che rappresenta la battaglia di Isso, e il ratto di Persefone nell’affresco macedone .
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Informazioni tesi
Autore: | Giandomenico Ponticelli |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Storia |
Corso: | Scienze storiche |
Relatore: | Raffaella Pierobon Benoit |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 72 |
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