La normativa tributaria antielusione (art. 37 - bis D.P.R. 600/1973) con particolare riferimento alla scissione di società
L’analisi teorico-giuridica, l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale portano a convergere verso una definizione univoca ed essenziale del fenome-no elusivo, che consta dei seguenti elementi:
-uso di uno strumento giuridico lecito, e del relativo regime di tassazione, in modo “anormale”, “improprio”;
-mancata realizzazione del risultato tipico, concepito per tale strumento dall’ordinamento, nel caso della suddetta anormalità: tale improprietà (atipicità) è prevista dal legislatore per l’individuazione dell’elusione attraver-so l’indice dell’ assenza di “valide ragioni economiche”;
-ottenimento del vantaggio fiscale, grazie all’uso del medesimo strumento.
Da questi elementi si evince che nell’elusione è insita una dicotomia forma – sostanza, secondo la quale viene utilizzato un certo regime di tassa-zione, quello corrispondente allo strumento giuridico utilizzato, per un risulta-to economico diverso da quello tipico, previsto dall’ordinamento, per quell’istituto giuridico e quel regime di tassazione. L’elusione viene definita, infatti, anche come una condotta volta a ridistribuire la base imponibile in “luoghi diversi” da quelli “naturali” di tassazione per ottenere un vantaggio fiscale.
L’elusore è attratto da quei “luoghi” della tassazione che risultano van-taggiosi e pertanto essi sono l’origine del fenomeno elusivo quando diventano discrasie del sistema. Ciò si verifica quando i suddetti “luoghi”:
-o sono frutto di scelte volontarie di ordine politico-economico da parte del legislatore, ma vengono utilizzati al di là delle previsioni e delle fina-lità dello stesso;
-o sono veri e propri errori e disomogeneità di trattamento di ipotesi economicamente equivalenti.
L'art. 37bis introdotto dal legislatore nazionale al DPR 600/73 ha la funzione di arginare il fenomeno ma nel contempo evidenzia l’assenza di sicuri criteri per distinguere il fenomeno dell’elusione da quello del legittimo risparmio d’imposta.
Tale indubbia difficoltà ha indotto parte della dottrina, e sembra lo stesso Comitato consultivo, a valorizzare al massimo il criterio delle valide ragioni economiche, basando esclusivamente su di esso il giudizio di elusività. Tuttavia, l’apprezzamento di queste ultime si risolve in un giudizio eminentemente soggettivo, non esistendo criteri “superiori” ed “incontestabili” a cui riferirsi per determinare le valide ragioni economiche, la cui valutazione è rimessa all’operatore economico.
Da ciò discende l’attribuzione all’Amministrazione finanziaria di un po-tere discrezionale molto penetrante che richiede una notevole “sensibilità applicativa” e che rischia di creare una situazione di incertezza del diritto in un settore, quale il diritto tributario, dove “massimamente deve tendersi alla certezza del diritto, anche ai fini dell’auspicato miglioramento selettivo dell’azione amministrativa di accertamento”.
Tali considerazioni, largamente condivise dagli operatori del settore, hanno indotto parte della dottrina a sostenere l’inopportunità dell’introduzione nell’ordinamento di una norma generale antielusione, privilegiando il ricorso a norme sostanziali specifiche; altra parte della dottrina, ritenendo necessaria l’introduzione della stessa, ha valorizzato l’istituto dell’interpello preventivo dell’Amministrazione finanziaria.
Una soluzione auspicabile potrebbe essere una clausola generale antielusione combinata allo strumento preventivo dell’interpello obbligatorio. La combinazione di questi due strumenti permetterebbe che siano rispettati e salvaguardati diritti del contribuente circa la certezza del diritto e la conseguente autonomia contrattuale, grazie all’interpello, sia le ragioni dell’Erario, grazie alla clausola generale. Quest’ultima è capace di cogliere la dicotomia forma sostanza, che caratterizza l’elusione, se improntata prioritariamente sulla verifica, nei vari casi, delle motivazioni che siano atte a farle considerare economicamente fondate e che siano funzionalmente coerenti con il risultato tipico dell’operazione realizzata. Inoltre, tale clausola generale coprirebbe “ gli inter-stizi del sistema privi di una specifica protezione antielusiva”.
Sicuramente il legislatore italiano si è mosso nella giusta direzione, ma l’aver imboccato la strada non significa affatto essere arrivati: rispetto alla precedente clausola, la norma antielusiva contenuta nell’art. 37 bis del DPR 600/1973 ha un più marcato carattere generale, ma è pur sempre una clausola settoriale. Relativamente allo strumento d’interpello, esso offre vantaggi di ga-ranzia e certezza in termini di predeterminabilità degli effetti fiscali delle ope-razioni poste in essere dal contribuente, solo se esso viene concretizzato e fatto funzionare secondo specifiche modalità, e cioè se il dispositivo offre una ri-sposta celere e vincolante.
Nel nostro paese, è proprio rispetto a queste due qualità che l’istituto si presenta deficitario e perciò incapace di svolgere la funzione per cui è stato istituito.
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Informazioni tesi
Autore: | Ambrogio Di Napoli |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2002-03 |
Università: | Università degli Studi della Tuscia |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Scienze dell'economia e della gestione aziendale |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 79 |
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