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Il personaggio nella poesia di Giorgio Caproni: la donna

A partire dagli anni sessanta la poesia di Caproni apre il proprio spazio testuale ad una pluralità di voci che rompono il tradizionale impianto monologico della lirica, creando un dinamico effetto di colloquio e di scontro che oppone alla voce personale dell'autore quella di comprimari che si pongono in modo interlocutorio o oppositivo rispetto alla posizione del poeta. In questo dinamismo che agita la poesia, si è cercato di stabilire come il personaggio femminile, dapprima presenza fugace della poesia, progressivamente venga ad assumere un ruolo che la consacra come autentico "personaggio" da romanzo in versi. Una presenza a cui il poeta resta fedele lungo tutto l'arco della sua produzione in versi, e che, oltre a scardinare la situazione monologica della lirica, produce dal punto di vista strettamente formale dei precisi e significativi effetti di stile e di senso.

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IV INTRODUZIONE Seguire l’opera di Giorgio Caproni dagli albori sino alle ultime raccolte significa assistere allo spettacolo di una poesia inquieta, che perennemente torna sui suoi passi e si rinnova, aprendo quelle prospettive tematiche e formali che hanno reso lo scrittore uno dei «poeti più importanti del dopo – Montale» 1 . Come suggerisce Pier Vincenzo Mengaldo, l’attributo che meglio qualifica l’autore è, infatti, quello di “inattuale” 2 . Intrapresi i primi passi come poeta “descrittivo” quando invece imperava l’ermetismo; impegnato a rielaborare le strutture formali della tradizione negli anni in cui il Neorealismo, almeno per la prosa, dettava l’imperativo all’impegno, Caproni negli anni ’60 fu tra i primi a reclamare per la poesia l’esigenza di un’apertura alle modalità del racconto e del “colloquio”, tradotte, poi, nella sostanza formale delle stanze e del poemetto. Con la pubblicazione nel 1975 de Il muro della terra, i versi muovono invece all’afasia e alla parola balbettante, incastonata in una pagina dove a dominare è il bianco del silenzio. In questo cammino punteggiato da riformulazioni tematiche ed espressive, uno degli elementi di persistente continuità, che lega il prima e il dopo della poesia, ci pare possa essere individuato nella donna, la cui presenza accompagna fedelmente lo scorrere dei versi, sostanziandoli di nuovi e più profondi significati. Nel presente lavoro cercheremo di indagare il progressivo definirsi del ruolo femminile, il quale acquisisce un particolare statuto, simile, per molti aspetti, a quello di un autentico “personaggio” da romanzo. L’analisi verrà suddivisa per “stagioni poetiche”, secondo la partizione che Mengaldo adotta nell’introduzione a L’opera in versi. Si costituisce una sorta di parabola discendente, per cui la presenza vivissima della donna che contraddistingue le opere almeno fino al Congedo del viaggiatore cerimonioso si dirada, nelle ultime raccolte, in un’assenza che risulta comunque significante. 1 Cfr. P. V. MENGALDO, Per la poesia di Giorgio Caproni, in G. CAPRONI, L’opera in versi, Milano, Mondadori, 1998: «Oggi non c’è dubbio per qualunque persona sensata che caproni sia tra i massimi e i più originali poeti del dopo-Montale», p. XI. 2 «Il minimo che si possa dire è che Caproni ha voluto e saputo essere assolutamente moderno senza simbolismo, anche coi “trucchi” che vedremo; ma questo non giustifica per nulla gli appellativi che ha dovuto subire di “marginale” o “provinciale” o “periferico”, meno ancora di “arretrato” […] Piuttosto Caproni era, nel senso nietzschano e mahleriano del termine, un “inattuale”, per questo oggi attualissimo», ivi, p. XII.

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