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Effetti dell’inquinamento atmosferico da ozono sulla qualità dei prodotti: il caso della Mentha spicata

L’ozono (O3) è un gas tossico, di colore bluastro, costituito da molecole instabili formate da tre atomi di ossigeno; queste si scindono facilmente liberando ossigeno molecolare (O2) ed un atomo di ossigeno estremamente reattivo (O3 → O2+O). Per queste sue caratteristiche, l’O3 è quindi, un energico ossidante in grado di demolire materiali sia organici che inorganici.
L’O3 è presente per più del 90% nella stratosfera (la fascia dell’atmosfera che va dai 10 ai 50 km di altezza), dove viene prodotto dall’O2 per azione dei raggi ultravioletti solari (“meccanismo di Chapman”), costituendo una fascia protettiva nei confronti delle radiazioni UV generate dal Sole.
Scopo di questo lavoro è stato di valutare gli effetti del trattamento con O3 su piante di Mentha spicata subsp. glabrata, in confronto con altre coltivate nelle stesse condizioni climatiche, ma esposte ad aria filtrata. La valutazione delle possibili alterazioni indotte dal trattamento prolungato per 21 giorni su alcuni parametri di natura fisiologica e biochimica è stata condotta tramite: analisi dei parametri degli scambi gassosi e della fluorescenza della clorofilla a, determinazione del contenuto relativo in clorofilla, variazione della conducibilità elettrica, contenuto idrico relativo, controllo dell’emissione della frazione volatile, resa in olio essenziale e analisi quali-quantitativa dei suoi costituenti. Si è cercato quindi di analizzare il range di risposta, a seguito dello stress da O3, che caratterizza le piante di Mentha spicata valutando i possibili danni subliminali (non visibili) a carico sia del processo fotosintetico che del metabolismo secondario.
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2 1. Premessa Fin dagli albori, l'essere umano ha cercato nella natura il rimedio ad ogni suo male, inizialmente in modo empirico, evolvendo poi metodi sempre più razionali e scientifici. Sono molte le civiltà che ricorsero a medicamenti di origine sia vegetale che animale: Egizi, Greci, Romani e, in particolare, gli Arabi, tramite l'alchimia, maturarono una profonda conoscenza delle proprietà farmacologiche delle piante. Le prime notizie (provenienti dall’India) sull'utilizzo di erbe a scopo curativo risalgono a 10.000 anni fa; tuttavia, i più antichi scritti sull’argomento appartengono alla civiltà cinese: l'Erbario di Shên Nung (circa 2700 a.C.), annovera ben 360 droghe. Documenti di rilievo sono i papiri egiziani di Ebers e di Smith (intorno al 1600 a.C.), che descrivono 160 piante medicamentose, tra cui l'oppio e il ricino; gli Egizi conoscevano più di 700 forme di rimedi naturali, sia vegetali che animali. Sono da segnalare anche: i libri sacri della civiltà indiana (1000-800 a.C.), che elencano oltre 800 droghe medicinali; alcune tavolette cuneiformi della civiltà Assiro-Babilonese, tra cui quella di Assurbanipal che menziona, tra le altre, la belladonna, la canapa indiana, l'oppio e la cassia; la Bibbia, che ha tramandato l'uso, da parte degli Ebrei, di piante come l'issopo e il cedro per curare le malattie; il primo trattato sistematico di botanica farmaceutica, “De historia plantarum”, è del periodo greco e fu scritto da Teofrasto, mentre quelli di farmacognosia e di farmacoterapia, compaiono solo in epoca romana. In essi, i farmaci non vengono più riportati sotto forma di semplici elenchi o in appendice alle malattie, come negli scritti di Ippocrate, ma secondo criteri descrittivi, con riferimenti all'uso, agli effetti utili o dannosi, al dosaggio e alle modalità di somministrazione. Tra le più significative opere di questa epoca vanno ricordate: “De medicina” di Celso (18 d.C.); “De materia medica”, opera in cinque volumi di Pedanio Dioscoride Anazarbeo (secolo I d.C.); “Naturalis historia”, di Plinio il Vecchio (23-79) in 37 libri; “Methodus medendi”, di Claudio Galeno (129-201).

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Parole chiave

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mentha spicata subs. glabrata
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