Contagio e interpretazione. Il riconoscimento delle passioni nelle espressioni del viso
Il mio lavoro è partito dalle più recenti proposte teoriche avanzate da Eric Landowski in “Passions sans nom”. Il contagio rappresenterebbe una forma attraverso il quale il senso emerge e si costruisce all’interno delle relazioni interpersonali.
L’ipotesi dalla quale sono partito e che ho cercato di dimostrare è che il contagio è un modo dell’interpretazione delle espressioni del viso, un modo del riconoscimento delle passioni. Verificare l’esistenza del contagio come riproduzione di un concatenamento di stati e azioni che partendo da un soggetto affettano l’altro vuol dire verificare l’esistenza di reali movimenti di riproduzione. Secondo questa ipotesi quando un soggetto esprime la passione che lo anima, ostentandola con una espressione facciale, l’altro soggetto interagente e interprete ne viene agito ed è costretto a produrre un concatenamento di reazioni somatiche che sono riproduzione dell’espressione osservata. Questa riproduzione delle azioni facciali dell’altro mi portano a riprodurre il suo stato affettivo e psicologico cioè la passione che lo anima. Il contagio è allora una operazione di enunciazione, una enunciazione enunciata, un ripetere il discorso dell’altro riportandolo su se stessi al fine di comprenderlo. Cercare di riprodurre ciò che l’altro soggetto sente richiede un movimento che mi porta in via immaginativa a mettermi nei suoi panni, che mi obblighi a spostarmi dall’io all’egli, dal qui della posizione che occupo al là della posizione di chi mi sta di fronte. Il contagio sarebbe dunque una operazione produttivo-enunciativa che mi conduce all’interpretazione: riproduco l’espressione del viso dell’altro cercando di “mettermi nei suoi panni” al fine di arrivare al suo contenuto passionale attuando così una operazione di riconoscimento. L’operazione immaginativa che l’interprete attua è quella, nel riprodurre l’espressione facciale, di risalire all’indietro verso la forma passionale che l’ha causata.
In una prima fase ho raccolto dati e studi che verificassero l’effettiva esistenza dei movimenti imitativi facciali. La letteratura scientifica è sull’argomento piuttosto ricca. In particolare mi sono concentrato sui lavori di Ulf Dimberg che ha dimostrato attraverso sofisticate microanalisi dei muscoli facciali come appunto la visione di un viso espressivo provochi l’attivazione dei muscoli corrispondenti.
In generale i lavori di psicologia sperimentale che in questi campi verificano la cosiddetta mimicry hypothesis partono in realtà dalla verifica di una ipotesi avanzata alla fine dell’800, non nel campo della psicologia né della neurologia bensì della estetica. Infatti quella dell’imitazione e della riproduzione a partire da uno stimolo visivo era ciò che Vischer chiamava Einfhulung con riferimento alla fruizione di un’opera d’arte. Il concetto di Einfhulung è stato poi applicato ai rapporti interpersonali da Lipps, venendo poi utilizzato da Freud nella psicanalisi. Questo riferimento all’imitazione nella parola Einfhulung si perde gradualmente nel corso delle traduzioni dal tedesco all’inglese e poi all’italiano, con il riferimento alla parola simpatia, che nell’originale tedesco non c’era. Il ritorno al significato di imitazione interna del termine empatia viene sorprendentemente dalle neuroscienze. Vittorio Gallese si è chiesto cosa ci permette di empatizzare, cioè cosa ci permette di condividere la passione dell’altro. Vittorio Gallese è uno dei componenti di quel gruppo di neuroscienziati dell’università di Parma autori della scoperta dei neuroni specchio, base materiale dei meccanismi imitativi. Questi neuroni sono chiamati specchio per questa loro proprietà di attivarsi nello stesso modo sia quando una data azione è compiuta dal soggetto sia quando è semplicemente osservata in un altro. Questi dati ci spingono quindi a pensare che il contagio passionale sia in realtà un meccanismo semiotico a cui l’uomo è biologicamente predisposto e costituisce il nucleo del suo vivere sociale. E in effetti la psicologia dello sviluppo ha empiricamente dimostrato che l’imitazione e il contagio è una capacità innata nell’uomo sin dai primi minuti dalla nascita. Tutti questi studi in diversi campi hanno confermato l’ipotesi da cui sono partito: il contagio passionale è una forma di interpretazione delle espressioni del viso. Il contagio passionale attraverso l’imitazione dell’espressione facciale è una pratica produttivo-enunciativa attraverso la quale il soggetto produce il suo interpretante. L’espressione imitativa è la componente espressiva e sensibile di una funzione segnica che cerca e ricostruisce il suo contenuto-causa passionale.
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Informazioni tesi
Autore: | Daniele Salerno |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze della Comunicazione |
Relatore: | Lorusso A.M. Violi P. |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 145 |
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