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L'evoluzione del linguaggio giornalistico nella cronaca politica de ''Il Mattino'': il caso Bassolino

Premessa indispensabile è l’approvazione della legge n. 81/93, che introduce l’elezione diretta del sindaco e accresce l’autonomia degli organi esecutivi. Effetto inevitabile è la personalizzazione della politica, con i riflettori che si accendono sempre più sui leader dei partiti.
Incalzato dal nuovo che avanza, “Il Mattino” cambia look, si sveste della solennità che ne aveva contraddistinto il primo secolo di vita e cavalca l’onda del sensazionalismo, rompe gli schemi rigidi dell’impaginazione tradizionale e privilegia una titolazione calda e brillante. Sullo sfondo c’è la campagna elettorale dell’autunno 1993: Antonio Bassolino contro Alessandra Mussolini in una sfida che mischia populismo e politica simbolica.
Sulle colonne de “Il Mattino” l’attenzione si sposta sul piano personale, il privato si scopre pubblico, la vita dei candidati finisce in copertina. Ma le elezioni del 1993 sono anche le elezioni delle analisi e dei confronti. Il giorno dopo un infuocato duello davanti alle telecamere di Raitre, Rino Mele, docente di Storia del teatro, analizza con fare psicologico le espressioni facciali e il linguaggio degli aspiranti sindaci. Ancora, il giornale di via Chiatamone dà vita ad un confronto incrociato dopo l’annuncio della candidatura di Caprara. Infine, alla vigilia del ballottaggio, c’è un ultimo faccia a faccia sui temi più caldi del programma elettorale.
Per capire meglio la portata dell’evoluzione, però, è necessario fare un salto nel passato. Le elezioni del 1987, infatti, sono state caratterizzate da pezzi singoli, senza raddoppi o spalle, impersonali e anonimi. Anche la titolazione era diversa, meno brillante, molto più fredda e difficilmente comprensibile. Infine la grafica, povera di sommari e fotografie e quasi sempre incentrata su quattro colonne di piombo.
Accade così che, in virtù della carenza di spazi, l’annuncio della staffetta tra Psi e Dc sia circoscritto in un unico pezzo di quattro colonne. Una scelta del genere, oggi, non sarebbe credibile e difficilmente “Il Mattino” dedicherebbe a questa notizia meno di due pagine. Delle due, una – quella col numero dispari – verrebbe montata con un titolo a sette colonne, magari meno anonimo e senza punto interrogativo finale, le fotografie dei segretari di partito, un grafico sulle date e i riferimenti numerici, un raddoppio sui primi protagonisti di una staffetta e un terzo pezzo coi nomi dei papabili e i loro profili.
L’evoluzione del linguaggio giornalistico si completa con le elezioni del 1997 che sanciscono la riconferma plebiscitaria di Bassolino. La campagna di Napoli si gioca su due tavoli: c’è il fronte istituzionale, fatto di incontri ufficiali e conferenze stampa; e c’è il fronte del gossip, caratterizzato da anticipazioni e botta e risposta.
Ancora una volta, dunque, i riflettori si accendono sui confronti: il primo va in scena proprio nella redazione de “Il Mattino” e vede uno contro l’altro il sindaco uscente e lo sfidante, Emiddio Novi. Anche gli articoli di colore sono sempre più gettonati e la testata leader della Campania ne pubblica uno sulle credenze e le abitudini scaramantiche degli aspiranti sindaci. Infine, si afferma un nuovo modello di impaginazione, simmetrico, con la pagina divisa in due parti uguali. Anche in questo caso, l’attenzione è focalizzata sul lato umano dei contendenti, dalle sigarette di Bassolino al caffellatte di Novi.
Il mio lavoro si chiude con l’analisi degli ultimi anni del governo Bassolino, universalmente riconosciuti i più difficili. In primis, va sottolineata l’insofferenza dello stesso Bassolino per il ruolo rivestito, ormai troppo poco importante rispetto all’enorme consenso nazionale. È proprio in quest’ottica, infatti, che devono essere letti il doppio incarico al ministero del Lavoro e le dimissioni del 4 febbraio 2000 che di fatto chiudono una stagione lunga quasi sette anni e intensa come poche. Anche nelle ultime battute, “Il Mattino” racconta gli eventi con interviste e approfondimenti e riserva ampio spazio alle fotografie nel pezzo di apertura. È l’evoluzione del linguaggio giornalistico.

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6 INTRODUZIONE Gossip, titoli forti e articoli di colore: la rivoluzione del linguaggio giornalistico va in scena nei primi anni Novanta, in un’Italia sconvolta dal ciclone Tangentopoli e umiliata da amministratori incapaci, costantemente in bilico sull’orlo della bancarotta. Tutto comincia nel 1993. Il 25 marzo il Parlamento approva la legge n. 81 e riforma il sistema elettorale. L’elezione diretta del sindaco accresce l’autonomia degli organi esecutivi e la stabilità dell’amministrazione municipale. C’è una distinzione più chiara tra ruoli di governo, affidati al primo cittadino e alla sua giunta, e ruoli di controllo, affidati al consiglio. Ci sono margini di manovra molto più ampi per la fascia tricolore, che, in virtù della sua legittimazione diretta, autonoma dall’assise, nomina e revoca gli assessori a suo piacimento, senza doversi piegare alle logiche di partito. C’è un’enfasi sempre più forte sulla leadership e la sua personalizzazione. La politica si fa spettacolo, l’immagine trionfa sui contenuti, il linguaggio giornalistico conosce una nuova era. Sollecitato dal nuovo che avanza e esasperato dal successo delle televisioni private, anche “Il Mattino” cambia look, si sveste della solennità che ne aveva contrassegnato il primo secolo di vita e cavalca l’onda del sensazionalismo, rompe gli schemi rigidi dell’impaginazione tradizionale e privilegia una titolazione calda e brillante, si abbandona al fascino della scrittura soggettiva e si rifà il trucco

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