I Patrimoni destinati ad uno specifico affare
Oggetto della trattazione dell'elaborato è l'istituto dei “Patrimoni destinati ad uno specifico affare”, introdotto nel Codice Civile con la riforma del diritto societario e disciplinato dagli art.. 2447-bis e ss..
Si tratta di una ipotesi di segregazione patrimoniale che realizza una limitazione di responsabilità a favore della società costituente, la quale quindi risponderà delle obbligazioni assunte per il perseguimento dell'affare soltanto con il patrimonio ad esso destinato.
Tralasciando alcune figure storiche di separazione patrimoniale e di limitazione delle garanzie dei creditori, istituti analoghi a quelli ex art. 2447-bis erano già comparsi negli ultimi anni all'interno di normative di settore, in particolare in ambito finanziario, assicurativo e creditizio.
Da essi i “Patrimoni destinati” si distinguono del resto per essere un'istituto di diritto comune, i cui unici limiti sono rappresentati dalla sua non applicabilità alle attività riservate in base a leggi speciali, come quelle appena ricordate, e dal fatto che solo le s.p.a. e le s.a.p.a. siano legittimate a costituirne uno.
Obiettivo del Legislatore è stato quello di dotare le “corporation” italiane di uno strumento di esercizio dell'impresa cui si potesse fare ricorso in maniera più agile e meno dispendiosa rispetto alla s.r.l. unipersonale, e che fosse quindi più competitivo sul piano internazionale con l'istituto del Trust, di origine anglo-sassone, cui i “patrimoni destinati” somigliano profondamente.
Sul piano operativo, soprattutto in materia di costituzione del patrimonio e di apporti dei terzi, la disciplina degli artt. 2447-bis e ss. ricalca quella di altri istituti di diritto commerciale.
Il procedimento di costituzione del patrimonio destinato, per esempio, presenta dei punti in comune con quello previsto dagli artt. 2506 e ss. sulla scissione societaria, specialmente per ciò che concerne la competenza a deliberare e gli adempimenti da assolvere. Da parte di alcuni autori si è infatti parlato a proposito di “scissione endo-societaria o sub-societaria”.
Le norme sugli eventuali apporti dei terzi poi sono modellate su quelle dell'associazione in partecipazione, artt. 2549 e ss., cui la accomunano notevoli affinità terminologiche e identiche modalità di partecipazione all'affare e di ripartizione del rischio tra associante e associato.
Il Legislatore è invece rimasto inspiegabilmente muto in materia di insolvenza del patrimonio destinato, il che a maggior ragione sorprende se si considera che la legge delega aveva previsto espressamente che il Governo dettasse disposizioni a riguardo.
Ad ogni modo, i primi tentativi della dottrina di ricostruire la fattispecie ricorrendo alle figure di impresa senza imprenditore sono stati frustrati dalla nuova legge fallimentare che ha escluso che i patrimoni destinati siano autonomamente assoggettabili a procedure concorsuali, soluzione senz'altro spiegabile alla luce della novella legislativa che ha inteso sottrarre al fallimento anche le imprese di medie dimensioni, ma indubbiamente discutibile sul piano dell'efficienza economica.
Stanti il carattere di novità e la, a tutt'oggi, breve vigenza del nuovo istituto, non è stato ancora possibile dare conto di una giurisprudenza di merito e di legittimità sull'argomento.
L'ordine di esposizione della trattazione segue quindi le norme del codice civile, partendo dall'art. 2447-bis fino all'art. 2447-novies, per concludere con il paragrafo relativo alle problematiche dell'insolvenza del patrimonio cui si è già in parte accennato in precedenza.
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Informazioni tesi
Autore: | Alfredo Di Lorenzo |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Giurista d'Impresa|
Anno: | 2005 |
Docente/Relatore: | Andrea Guaccero |
Istituito da: | Università degli Studi Roma Tre |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 32 |
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