I disturbi di personalità e la loro rilevanza nel processo penale
In questo elaborato vengono affrontate importanti tematiche relative alla disciplina prevista dal codice penale italiano in tema di capacità di intendere e di volere.
Dopo aver trattato anche da un punto di vista storico le principali teorie psicologiche che si sono occupate del costrutto ipotetico "Personalità", nella prima parte la tesi è centrata sulla rassegna degli specifici criteri diagnostici in presenza dei quali si può parlare di un Disturbo di Personalità, e di come questi ultimi incidono sulla vita quotidiana di chi ne è affetto, sia sul piano comportamentale sia su quello dell'adattività e funzionalità, seguendo l'impostazione suggerita dal DSM-IV, nella sua edizione aggiornata (Text Revision).
L'obiettivo principale del lavoro però non è quello di fornire uno sterile elenco di sintomi e comportamenti in presenza dei quali è possibile diagnosticare ad un soggetto un Disturbo di personalità; il tentativo messo in atto è invece quello di far emergere i plausibili punti si contatto tra quelle discipline, medico-psichiatrica, psicologica e giuridica che hanno studiato e studiano, sotto diversi profili, questo argomento, cercando sempre di utilizzare, per quanto consentito, un linguaggio accessibile a chiunque sia interessato.
Trattandosi inoltre di una tesi per un master in Criminologia, è sembrato utile, soffermarci, con le dovute cautele, nella descrizione della storia criminale di alcuni personaggi (come Ted Bundy e Jeffrey Dahmer), al fine di valutare, attraverso l'esame di casi concreti, l'effettiva influenza della patologia in alcuni determinati eventi criminosi.
La seconda parte del lavoro è più propriamente di carattere tecnico-giuridico. In particolare è dedicata alla valutazione della rilevanza dei disturbi in questione nell'ambito del processo penale, con l'obiettivo di comprendere quando nel nostro ordinamento giuridico un soggetto può risultare esente da pena perché incapace di intendere e di volere al momento della commissione di un fatto di reato, e quando invece la pena dovrà essere applicata perché il soggetto è imputabile (nella fattispecie non è ritenuto infermo di mente) secondo la legge italiana. Per fare ciò, tuttavia, non è stato possibile affrontare immediatamente e direttamente il discorso sulle difficoltà incontrate dalla dottrina giuridica nell'elaborare la definizione di infermità e quali accezioni essa abbia avuto nei diversi periodi storici, ma si è reso innanzitutto necessario prendere in esame alcuni istituti fondamentali del nostro ordinamento giuridico, tra cui in particolare quello dell'Imputabilità, nonché alcune decisioni della Corte Suprema di Cassazione (in particolare la sent. n. 9163 del 25 gennaio 2005), per comprendere attraverso quali modalità, oggi, i Disturbi di Personalità del soggetto abbiano assunto un ruolo nuovo rispetto all'esito di un procedimento penale, al punto che gli stessi, in presenza di determinate condizioni, sono in grado di incidere sulla capacità di intendere e di volere di un individuo al momento della commissione di un fatto di reato.
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Informazioni tesi
Autore: | Daniele Stavolo |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | master in criminologia|
Anno: | 2007 |
Docente/Relatore: | Sorgia Raffaella |
Istituito da: | Centro studi ricerca pedagogica EDUKA |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 94 |
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