Procedure legislative e contesti operativi della psicologia giuridica
Breve sintesi dei campi di applicazione della psicologia giuridica in riferimento all’ambito processuale, con le opportune specifiche relative al civile, laddove si parla di consulenza (medico-legale) fornita dal CTU (con l’eventuale partecipazione del CTP), e al penale, dove si parla di perizia, in particolare di perizia psichiatrica. La principale differenza tra i due ruoli si evince nel fatto che la consulenza tecnica di ufficio non costituisce un mezzo di prova, contrariamente a quanto avviene nel procedimento penale. Le consulenze sono previste dalla legge nel caso in cui si ravvisi la necessità, in primo luogo nel corso delle indagini preliminari, e sono dirette ad acquisire elementi utili alla soluzione della controversia. I casi tipici, in particolar modo, sono rappresentati dai procedimenti di separazione e divorzio con affido, nonché nei casi di adozione. Le perizie psichiatriche, di contro, nel procedimento ordinario sono richieste generalmente nel momento dell’acquisizione degli elementi di prova che, in dibattimento, diverranno le prove del reato. Queste possono avere ad oggetto i classici quesiti del giudice sull’imputabilità o sulla capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del compimento del fatto o della sua capacità di partecipare al processo, ma possono riguardare anche la vittima, nel caso di costituzione di parte civile, per la valutazione del danno. Ed anche i testimoni con la valutazione della capacità a testimoniare. Comunque sia, per quel che concerne l’imputato, generalmente, è possibile richiedere una perizia psichiatrica solo in caso di sospetta infermità mentale, in quanto la legge vieta detta perizia negli altri casi. Difatti il giudice deve procedere nel ragionamento decisorio in due fasi, nella prima deve valutare gli elementi del fatto utili ad individuare la norma violata a causa del comportamento dell’imputato, e in questo caso non è rilevante per esempio il “carattere” o la “personalità” del soggetto; nella seconda fase deve ragionare sul quantum della pena da comminare, una volta accertata la responsabilità. Per procedere deve pertanto tenere conto anche dei fattori personologici e funzionali rilevanti a questo scopo.
Dopo la sentenza di condanna, nella fase esecutiva, la psicologia giuridica rappresenta uno strumento utile e necessario all’interno dell’equipe di osservazione e trattamento, per la gestione dei programmi di trattamento presso gli istituti penitenziari e il monitoraggio degli stessi nel tempo.
Un discorso a parte merita il procedimento penale minorile che è finalizzato esclusivamente alla rieducazione attraverso la responsabilizzazione dell’autore di reato nel pieno rispetto del suo sviluppo e senza incidenze rilevanti nelle sue condizioni sociali e familiari. In altri termini, il procedimento penale minorile riassume i principi base del paradigma di giustizia conciliativo-riparativo volto a promuovere iniziative del minore indirizzate al recupero del danno commesso, sia nei confronti della vittima che della società (es. mediazione). Lo strumento primo in questo contesto è rappresentato dalla sospensione del procedimento con messa alla prova. Tale istituto dal 2014 è stato esteso agli adulti che commettono il loro primo reato (con pena massima di 4 anni), ma a differenza dei minori non sono previsti ex lege ausili tecnico-peritali.
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Informazioni tesi
Autore: | Giuseppe Pisano |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Master ECM in Psicologia Giuridica |
Anno: | 2020 |
Docente/Relatore: | Monia Della Marianna |
Istituito da: | LR-Psicologia |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 24 |
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